LE PAROLE DI BOMBARDIERI

Come riporta Ansa, Pierpaolo Bombardieri, partecipando al Congresso regionale della Uil del Friuli-Venezia Giulia, ha detto: “Continuiamo a rivendicare il fatto che sulle pensioni si faccia un errore gravissimo, mettendo insieme i soldi della previdenza e dell’assistenza. Spostano quasi tre punti di Pil e su questo errore l’Ocse continua a bacchettarci”. Secondo il Segretario generale della Uil, “bisogna partire dalla distinzione di queste cifre e costruire la possibilità di un’uscita graduale a partire dai 62 anni considerando che bisogna dare risposte a donne, giovani e chi ha 41 anni di contributi”. Intanto, come riportato da we-wealth.com, dal report elaborato da Natixis sul global retirement index risulta che l’Italia è 31° su 44 Paesi analizzati per quanto riguarda il benessere dei pensionati,” in calo di una postazione rispetto al 2020 e di due posizioni dal 2019: lo score finale, comunque non è variato di molto con un 62% complessivo rimasto stabile rispetto a due anni fa”.



RIFORMA PENSIONI, IL PROBLEMA DEI COSTI

Una riforma pensioni come Quota 100 costa parecchio ed è per questo che dall’Europa, fin dalla sua introduzione, si è “martellato” per farla chiudere il prima possibile: ora che si cercano altre strade per evitare il ritorno della Legge Fornero, non cambia l’allarme e nella prossima Manovra di Bilancio il MEF dovrà cercare una misura che possa soddisfare le diverse esigenze.



«Il pensionamento anticipato con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età, come chiede il sindacato, costerebbe 4,3 miliardi nel 2022 e circa 9 miliardi dal 2028 in poi», ha scritto negli scorsi giorni sul “Corriere Economia” Enrico Marro. Da qui lo studio, preferito negli ambienti di Governo, di aumentare a 64 anni il limite per uscire dal lavoro (con 36 di contributi): anche qui, 1,2 miliardi il primo anno, 4,7 entro il 2027. Infine, la proposta del Presidente Inps Pasquale Tridico: pensione tutta contributiva (con assegno dunque più basso) ma dai 63 ai 67 anni una integrazione col retributivo: il costo è decisamente più basso, con 443 milioni di euro nel 2002 e un massimo di 2,4 miliardi nel 2029. Non piace ai partiti, specie al Centrodestra, che teme in questo modo una ritorno “camuffato” dei principi centrali della Fornero. (agg. di Niccolò Magnani)



SALVINI: TENIAMO QUOTA 100 E CANCELLIAMO IL RDC

Ospite della trasmissione “Cartabianca”, in onda su Raitre, Matteo Salvini è tornato a parlare di riforma delle pensioni. “Teniamo quota 100 e se dobbiamo risparmiare andiamo a tagliare sul reddito di cittadinanza”, ha detto il leader della Lega, evidenziando che nel primo caso si spenderebbero 400 milioni di euro, mentre nel secondo 8 miliardi. Come riporta Adnkronos, per Salvini il Reddito di cittadinanza va mantenuto per chi non ha proprio la possibilità di lavorare, ma sulle pensioni “non si possono rubare in una notte quattro, cinque, sei anni di vita agli italiani. Non posso pensare che per fare un dispetto a Salvini dopo il Covid dicano agli italiani finché non compi 67 anni non vai in pensione. Comunque la Lega non voterà mai una cosa del genere”. Intanto, come riporta Italia Oggi, una sentenza della sezione lavoro della Cassazione evidenzia che la norma che garantisce la pensione di reversibilità anche alle coppie omosessuali non è retroattiva e dunque se il decesso è avvenuto prima della Legge Cirinnà il superstite non ha diritto alla prestazione.

QUOTA 100, LE DONNE “MAGGIORANZA” SOLO NELLA PA

In un articolo pubblicato sul sito del Sole 24 Ore viene ricordato che stando agli ultimi dati diffusi dall’Inps aggiornati al 31 agosto “solo il 30,7% delle 341mila uscite con Quota 100 riguarda le lavoratrici. Anche in questo caso, però, questa tendenza viene smentita nella Pubblica amministrazione, dove le dipendenti che beneficiano dei pensionamenti anticipati sono 58.870 mentre i lavoratori pubblici che hanno optato per questo canale pensionistico sono 48.367”. In un altro articolo online del quotidiano di Confindustria viene invece evidenziato che “sul sito dell’Inps è online il simulatore per calcolare l’onere del riscatto della laurea. L’istituto di previdenza ha predisposto un servizio per simularne il costo, senza necessità di autenticazione. Inserendo alcuni dati, come la durata legale del corso di studi, il periodo di immatricolazione, la data di nascita e la gestione previdenziale in cui si intende richiedere il riscatto, il programma determina l’onere ordinario e quello agevolato, introdotto dal decreto legge 4/2019”. Tuttavia, “il servizio, al momento, è attivo per i soli soggetti contributivi puri, il cui titolo di studio si colloca dopo il 1995”.

RIFORMA PENSIONI, L’ANALISI DI DALLA ZUANNA

In un articolo pubblicato sul Corriere della Sera, Gianpiero Dalla Zuanna evidenzia che ogni misura di riforma delle pensioni “deve tener conto della demografia, per non mettere oneri insostenibili sulle spalle dei lavoratori presenti e futuri, e per rendere il sistema sempre più equo”. Il demografo spiega in particolare che c’è stato un “forte incremento della sopravvivenza degli anziani nel corso dell’ultimo quarantennio” e che se anche a causa del Covid c’è stata una riduzione di tale sopravvivenza, questo calo dovrebbe essere rapidamente recuperato. Per mantenere in equilibrio contributi e pensioni, l’età al pensionamento dovrebbe riprendere a crescere, seguendo la futura crescita della sopravvivenza. Agendo in questo senso, si tutelerebbero soprattutto i giovani, evitando aumenti dei contributi pensionistici o la riduzione delle pensioni future”.

LE INDICAZIONI SUL POST-QUOTA 100

L’ex Senatore aggiunge anche un dettaglio di non poco conto: “Oggi un laureato di sessantacinque anni vive mediamente due anni in più rispetto a chi ha solo la licenza elementare”. Dunque, “i meno istruiti pagano parte delle pensioni dei più istruiti”. Per questo “sarebbe opportuno evitare di ridurre per tutti l’età alla pensione, come si è tentato di fare con Quota 100 o con Opzione Donna” e “sarebbe giusto riprendere seriamente in mano il dossier dei lavori usuranti, estendendo l’anticipo pensionistico sociale (APE Social) alle categorie che soffrono di una effettiva riduzione della speranza di vita. I dati per farlo ci sono, ma per concedere il beneficio ad alcuni gruppi sociali e professionali, escludendone altri, ci vuole una forte e coraggiosa volontà sindacale e politica”.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI