RIFORMA PENSIONI, I DATI SULLA SPESA IN RIALZO

Alla vigilia della presentazione da parte del Governo della Nota di aggiornamento al Def, la Ragioneria generale dello Stato ha diffuso il Rapporto sulle tendenze di medio-lungo periodo che, come riporta Il Sole 24 Ore, evidenzia come il brusco calo del Pil di quest’anno “lascerà impronte durature sulle curve della spesa pensionistica e socio-sanitaria”. In particolare, “il picco del 2020 segna una spersa per pensioni pari al 17% del Pil, nuovo record di sempre, mentre nel decennio a venire lo scostamento rispetto alle previsioni dell’anno scorso dovuto agli effetti della crisi per la pandemia, ma anche della sperimentazione triennale di Quota 100, è il rialzo dello 0,8%. La spesa correrà sopra al 16% fino alla vigilia del 2050 per poi scenderà attorno al 13% al termine del periodo di previsione (2070) per via dell’esaurirsi delle pensioni dei baby boomers”. Dati molto interessanti e utili nel momento in cui Governo e sindacati hanno riaperto il confronto sulla riforma pensioni per immaginare nuove misure per il post-Quota 100.



LA FLESSIBILITÀ DIFFUSA A 62 ANNI

Ai microfoni di TG2000, il telegiornale di TV2000, Domenico Proietti ha ricordato le richieste della Uil al tavolo di confronto tra Governo e sindacati sulla riforma pensioni, in particolare riguardanti il post-Quota 100, che potrebbe determinare uno scalone di cinque anni nell’età di accesso alla pensione. “Noi proponiamo una flessibilità più diffusa, intorno ai 62 anni, anche utilizzando la categoria dei lavori gravosi. E insieme a questo tema, che è un tema centrale, c’è il futuro pensionistico dei giovani, che a causa della precarietà di questi anni avranno dei trattamenti ridotti. Allora bisogna intervenire valorizzando gli anni di contributi che hanno versato affinché abbiano un futuro pensionistico sereno”, ha detto il Segretario confederale della Uil, sottolinenando anche che bisogna varare una misura per le donne, che “sono le più penalizzate nell’attuale sistema previdenziale. Dobbiamo prevedere ai fini previdenziali una valorizzazione del lavoro di cura e della maternità”. Proietti ha spiegato quindi che tocca ora all’esecutivo pronunciarsi dopo le proposte avanzate dai sindacati negli scorsi incontri.



RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI MARTINI (M5S)

Le elezioni amministrative non sono andate particolarmente bene per il Movimento 5 Stelle, che a Trento non ha ottenuto nemmeno un seggio in consiglio comunale. Carmen Martini, esponente locale pentastellata, non nasconde la propria delusione per il risultato, ma fa anche autocritica, spiegando che forse nel Movimento non c’è stata capacità di far percepire agli elettori l’importanza di alcuni provvedimenti varati, anche per quel che riguarda la riforma pensioni. “Dal canto nostro non siamo riusciti a valorizzare le tante cose fatte dal M5S da quando è al governo del nostro Paese, eppure sono tante e buone. Oltre alla restituzione di parte dello stipendio dei propri Parlamentari a favore delle piccole e medie imprese, dei terremotati, del sistema sanitario nazionale causa emergenza Covid-19, per una cifra che supera i 114 milioni di euro ci sono: Il Reddito e la pensione di cittadinanza, che durante in lockdown hanno dato da vivere a tantissimi cittadini, anche trentini; Quota 100, usufruita da non so quanti trentini; La Legge anticorruzione “spazzacorrotti”; La riforma della prescrizione; Il Taglio delle pensioni d’oro; L’Abolizione dei vitalizi dei parlamentari”, spiega Martini.



LA NECESSITÀ DI TAGLIARE LE PENSIONI

In un articolo pubblicato su financecue.it ci si chiede se dopo la vittoria al referendum sul taglio dei parlamentari l’Italia cambierà davvero, specialmente a livello di spesa pubblica. In tal senso viene ricordata la necessità di una riforma pensioni che porti a un taglio degli assegni. “Abbiamo affrontato, più volte, il tema e la conclusione è sempre la stessa: è davvero così necessario sostenere una così alta spesa per le pensioni? Chi ne paga le conseguenze? La risposta è semplice: ne paga il tutto la stessa classe di giovani che, attualmente, si trova a vivere un altro primato tutto italiano ossia il nuovo record di debito pubblico. Dal rapporto Istat pubblicato a gennaio, risulta che al 2018 la spesa pensionistica sia pari al 16,6% del Pil per un totale di 293 miliardi. Il dato preoccupante, però, è quello relativo a quanto le pensioni stiano crescendo rispetto alla retribuzione da lavoro dipendente: dal 2000 al 2018, l’importo delle pensioni è cresciuto del 70% (quello delle retribuzioni, del 35%)”, si legge nell’articolo.

RIFORMA PENSIONI, L’AUMENTO DEGLI ASSEGNI DI INVALIDITÀ

Come si legge sul sito della Cia Toscana, l’Inps ha diffuso una circolare con indicazioni e chiarimenti in merito all’aumento delle pensioni di invalidità previsto nel decreto agosto, in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale. Dunque, “a decorrere dal 20 luglio 2020, agli invalidi civili totali, ciechi assoluti e sordi titolari di pensione di inabilità è riconosciuta d’ufficio una maggiorazione economica tale da garantire un reddito complessivo pari, per il 2020, a 651,51 euro per tredici mensilità”. Un incremento per tredici mensilità fino a 516,46 euro è previsto anche per i titolari di pensioni di inabilità “di cui all’articolo 2 della legge n. 222/1984, di età superiore a diciotto anni”, purché non si superino i limiti reddituali stabiliti all’art. 5 comma 8 della legge n. 448/2001. In questo caso è però necessario presentare domanda apposita.

LE MAGGIORAZIONI CONTRIBUTIVE PER I MILITARI

In un articolo su investireoggi.it, ci si concentra invece sulle maggiorazioni contributive previste per i militari che prestano servizio all’estero. Per i membri dell’Esercito e dell’Aeronautica che prestano servizio a bordo di navi militari è previsto un bonus contributivo di 6 mesi ogni 12 di servizio. Nel caso di servizio in missioni di pace in territori disagiati o ad alto rischio, il bonus diventa di 8 mesi ogni 12 di servizio. Viene poi ricordato che “il personale militare e appartenente alle forze armate e del comparto sicurezza matura il diritto alla pensione prima rispetto ai 60 anni previsti per l’età anagrafica ordinamentale. Lo sconto può arrivare fino a 5 anni per coloro che si sono arruolati dopo il 1988. Ma può essere superiore per coloro che hanno preso servizio prima di tale data”.