Riforma pensioni e manovra. La legge di bilancio per il 2021 è in dirittura di arrivo ormai in zona Cesarini. Se – dopo la travagliata approvazione della Camera – dovesse andare storto qualche voto nella lettura del Senato (a questo punto senza possibilità di modifiche) diventerebbe necessario ricorrere all’esercizio provvisorio. L’ipotesi è improbabile – anche se i numeri a palazzo Madama si portano appresso sempre qualche dubbio – poiché la gestione del disegno di legge in Commissione Bilancio della Camera (poi in Aula) ha riconosciuto ben più di un contentino (anche sul piano formale) alle opposizioni. La manovra – di circa 40 miliardi – è molto complessa e si diffonde soprattutto in centinaia di piccoli interventi, attraverso la costituzione di nuovi fondi e rifinanziamento di quelli esistenti, con risorse destinate a un pullulare di interessi. 



Come sempre le misure sono puntualmente descritte nei Dossier dei Servizi Studi. Un interesse particolare va riservato a talune norme che ricorrono all’utilizzo del pensionamento per risolvere, almeno in parte, problemi destinati a porsi sul terreno dell’occupazione quando, alla fine di marzo, verrà a scadenza (definitiva?) il blocco dei licenziamenti di carattere economico. A parte la proroga di Opzione donna e dell’Ape sociale, sono previste significative modifiche (introdotte dalla Camera) per quanto riguarda il contratto di espansione e la c.d. isopensione. Si è poi aggiunta anche la nona salvaguardia per gli esodati. 



Riforma pensioni, contratto di espansione interprofessionale 

Il comma 349 modifica l’articolo 62 del disegno di legge di bilancio, prorogando al 2021 le disposizioni relative alla applicazione sperimentale del contratto di espansione estendendolo, in particolare, per il solo anno 2021, alle aziende di qualsiasi settore che occupino almeno 500 dipendenti e, entro specifici limiti, fino a 250 unità. La disposizione interviene, altresì, sul versamento a carico del datore di lavoro per la Naspi e sul versamento a carico del datore di lavoro per i contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto alla pensione anticipata, riducendone gli importi. In dettaglio, la disposizione prevede la proroga al 2021 delle disposizioni relative al contratto di espansione di cui all’art 41, d.lgs. n. 148/2015, che viene in tal senso modificato, estendendolo alle aziende di qualsiasi settore che occupino almeno 500 dipendenti (tale previsione era già presente nel testo originario del disegno di legge) e, limitatamente agli effetti di cui al comma 5- bis (introdotto dalla disposizione in esame), fino a 250 unità, calcolate complessivamente nelle ipotesi di aggregazione di imprese stabile con un’unica finalità produttiva o di servizi (lett. a) e b)). 



Al riguardo, si ricorda che l’articolo 41 del d.lgs/ 148/2015, ai commi da 1 a 3, prevede, in via sperimentale per gli anni 2019 e 2020, per le imprese con un organico superiore a 1.000 unità, la possibilità di avviare una procedura di consultazione sindacale finalizzata a stipulare in sede governativa un contratto di espansione con il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In deroga agli articoli 4 e 22 del medesimo d.lgs, relativi alla durata complessiva degli interventi di integrazione salariale nel quinquennio mobile, l’intervento straordinario di integrazione salariale può essere richiesto per un periodo non superiore a 18 mesi, anche non continuativi. Per i lavoratori che si trovino a non più di 60 mesi dalla prima decorrenza utile della pensione di vecchiaia, che abbiano maturato il requisito minimo contributivo, o anticipata, si prevede che, nell’ambito di accordi di non opposizione e previo esplicito consenso in forma scritta dei lavoratori interessati, il datore di lavoro riconosca per tutto il periodo e fino al raggiungimento della prima decorrenza utile del trattamento pensionistico, a fronte della risoluzione del rapporto di lavoro, un’indennità mensile, commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, così come determinato dall’Inps. 

Qualora la prima decorrenza utile della pensione sia quella prevista per la pensione anticipata, il datore di lavoro versa anche i contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto. Per l’intero periodo di spettanza teorica della Naspi al lavoratore, il versamento a carico del datore di lavoro per l’indennità mensile è ridotto di un importo equivalente alla somma della prestazione della stessa Naspi, mentre la formulazione attualmente vigente prevede un’indennità mensile, ove spettante comprensiva dell’indennità Naspi. Inoltre, il versamento a carico del datore di lavoro per i contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto alla pensione anticipata è ridotto di un importo equivalente alla somma della contribuzione figurativa, fermi restando in ogni caso i relativi criteri di computo. 

Per le imprese o gruppi di imprese con un organico superiore a 1.000 unità lavorative che attuino piani di riorganizzazione e/o di ristrutturazione di particolare rilevanza strategica, e che si impegnino a effettuare almeno un’assunzione per ogni tre lavoratori che abbiano prestato il consenso, la riduzione dei versamenti a carico del datore di lavoro, di cui sopra, opera per ulteriori dodici mesi, per un importo calcolato sulla base dell’ultima mensilità di spettanza teorica della prestazione Naspi al lavoratore. 

Allo scopo di dare attuazione al contratto di espansione, il datore di lavoro interessato presenta apposita domanda all’Inps, accompagnata da una fideiussione bancaria a garanzia della solvibilità in relazione agli obblighi. Il datore di lavoro è obbligato a versare mensilmente all’Inps la provvista per la prestazione e per la contribuzione figurativa. In ogni caso, in assenza del versamento mensile di cui sopra, l’Inps è tenuto a non erogare le prestazioni. I benefici – in modifica di quanto stabilito nel testo originario – sono riconosciuti entro il limite complessivo di spesa di 117,2 milioni di euro per l’anno 2021, 132,6 milioni di euro per l’anno 2022, 40,7 milioni di euro per l’anno 2023 e 3,7 milioni per l’anno 2024. Se nel corso della procedura di consultazione di cui sopra emerge il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al predetto limite di spesa, il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali non può procedere alla sottoscrizione dell’accordo governativo e conseguentemente non può prendere in considerazione ulteriori domande di accesso ai benefici previsti. L’Inps provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, fornendo i risultati dell’attività di monitoraggio al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e al ministero dell’Economia e delle Finanze.

Per riassumere: durante il periodo dello scivolo pensionistico, il datore di lavoro è chiamato a versare al dipendente un’indennità mensile che deve essere commisurata al trattamento pensionistico maturato al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Inoltre, il titolare dell’azienda deve versare anche i contributi previdenziali nell’eventualità che la prima decorrenza utile della pensione sia quella prevista dal pensionamento anticipato. Lo Stato viene incontro al datore di lavoro soltanto per un massimo di 24 mesi, vale a dire contribuendo al 100 per cento alla copertura della Naspi: una volta scaduti i due anni, il versamento del trattamento economico da destinare al lavoratore è totalmente a carico dell’impresa.

Riforma pensioni e Isopensione

Il comma 345 – anch’esso introdotto nel corso dell’esame alla Camera – estende sino al 2023 la possibilità, attualmente prevista in via sperimentale fino al 2020, per i lavoratori interessati da eccedenze di personale di accedere al pensionamento anticipato (c.d. isopensione) qualora raggiungano i requisiti minimi per il pensionamento nei 7 anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro elevando tale limite dai 4 anni previgenti.

Riforma pensioni, nona salvaguardia per gli esodati

L’emendamento – inserito dalla Camera – consente l’applicazione delle norme sui requisiti per il trattamento pensionistico e sulle relative decorrenze iniziali vigenti prima del 6 dicembre 2011, in favore di un contingente di 2.400 soggetti, rientranti in alcune fattispecie, nel rispetto di un limite massimo di spesa di 34,9 milioni di euro per il 2021, di 33,5 milioni per il 2022, di 26,8 milioni per il 2023, di 16,1 milioni per il 2024, di 3,2 milioni per il 2025 e di 0,6 milioni per il 2026. Com’è noto, la RGS aveva sollevato critiche sulla copertura finanziaria contenuta nella prima formulazione dell’emendamento, tanto che il ddl era tornato in Commissione per gli opportuni adeguamenti.