IL CHIARIMENTO SULLE RITENUTE IRPEF

Nel messaggio 1359 diffuso ieri, l’Inps ricorda le novità del certificato di pensione 2021, evidenziando tra l’altro che “al fine di garantire l’applicazione dell’imposta in maniera omogenea nel corso dell’anno, a decorrere dal 2021 il calcolo delle ritenute Irpef è stato impostato tenendo conto dell’importo complessivo annuo della pensione, per cui le relative ritenute verranno trattenute mensilmente, al netto delle detrazioni eventualmente spettanti, nei mesi da gennaio a dicembre. Il suddetto calcolo non incide sull’importo annuo dell’Irpef complessivamente trattenuta, che resta invariato, ma assicura che la tassazione gravante sulla tredicesima mensilità sia omogenea a quella degli altri ratei dell’anno”. In sostanza viene quindi ribadita la ragione per la quale diversi pensionati si stanno trovando, in questi primi mesi dell’anno, con importi degli assegni cui non erano abituati. L’Inps ricorda anche che il certificato di pensione “non viene predisposto per le prestazioni di accompagnamento a pensione”, tra cui l’Ape social e l’isopensione.



PENSIONI IN ANTICIPO: I METODI CON PIÙ DI 5 ANNI

Mentre i sindacati attendono la convocazione del Governo sul prossimo tavolo di discussione in merito alla riforma pensioni post-Quota 100, il portale laleggepertutti.it assieme all’Adnkronos stila le attuali diverse modalità per uscire prima dal lavoro con oltre 5 anni di anticipo. È possibile andare in pensione con Opzione Donna con 58 anni di età (59 per le lavoratrici autonome) e 35 anni di contributi, solo se maturati entro il 31 dicembre 2020 (si applica però una finestra di 12 mesi, 18 per le autonome); la pensione può arrivare anche per addetti ai lavori usuranti o notturni, che si ottiene con un minimo di 35 anni di contributi e 61 anni e 7 mesi di età; infine, il sistema previdenziale italiano accetta anche l’isopensione, lo strumento che permette di ricevere i primi assegni pensionistici con un anticipo massimo di 7 anni da concordare con le aziende. (agg. di Niccolò Magnani)



IL TESORETTO DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE

In un articolo sull’edizione aretina della Nazione viene ricordata l’importanza del welfare, una rete che consente di erogare servizi come la scuola, la sanità e le pensioni. Tuttavia a volte tali servizi non si rivelano sufficienti a soddisfare tutti i bisogni. Sul fronte previdenziale, come viene spiegato in un articolo sul sito di Io Donna, c’è poca consapevolezza, per esempio, della necessità di ricorrere ai fondi pensione per potersi assicurare un assegno più alto di quello che verrà erogato dal pilastro pubblico, stante il sistema contributivo che diventerà con gli anni sempre più preponderante. Il settimanale femminile ha anche interpellato Nadia Vavassori di Amundi Sgr, secondo cui “versare tutto quello che possiamo quando possiamo nella previdenza complementare è l’unico modo che ci consentirà di avere un ‘tesoretto’ al momento della cessazione dell’attività lavorativa”. Anche per questo tra le richieste in materia di riforma pensioni dei sindacati al Governo c’è anche quella di incentivare la previdenza complementare.



LE PAROLE DI BLANGIARDO

Intervistato da Sputnik Italia, Gian Carlo Blangiardo ricorda che il calo demografico italiano, dovuto anche al basso numero delle nascite, deriva dai “pochi supporti per aiutare le famiglie a far sì che facciano investimento nel capitale umano che interessa la collettività”. Anche perché “fino ad oggi la logica è sempre stata: ‘sono i fatti vostri’, cioè ciascuno, se vuole i figli, li deve mantenere da solo”. Secondo il Presidente dell’Istat, per porre rimedio a questa situazione “ci vuole senz’altro un’azione d’intervento da tanti punti di vista: economico, normativo e direi anche culturale. Dobbiamo far passare l’idea che i figli degli altri sono una mano a noi stessi, sono quelli che pagheranno le pensioni a noi che eventualmente non abbiamo figli. Quindi, dobbiamo accogliere il comportamento e le scelte di chi si sacrifica per fare figli ed aiutarli (anche con i piccoli interventi) a costruire il futuro di tutti noi come Sistema Paese. È un grande passaggio culturale su cui dobbiamo darci da fare”. Parole che ricordano quindi il tema della sostenibilità del sistema previdenziale di cui spesso si parla a proposito di riforma pensioni.

RIFORMA PENSIONI, LA STIMA DI MUNDO E BRAMBILLA

In un articolo pubblicato sul Corriere della Sera, Antonietta Mundo e Alberto Brambilla ricordano che il 2020 è stato un anno record per i decessi, complice la pandemia da Covid-19. “L’eccesso di mortalità ha inciso prevalentemente sulla popolazione più anziana” e “tutto ciò ha avuto notevoli effetti sul sistema pensionistico Inps con conseguente cancellazione di numerose pensioni proprio a causa della morte degli anziani”. Gli autori hanno quindi provato a stimare gli effetti finanziari di questo fenomeno, considerando il numero di morti over 65, il reddito pensionistico medio annuo lordo calcolato dall’Inps e la possibilità che vi siano state pensioni di reversibilità ai superstiti. Complessivamente, la riduzione della spesa pensionistica per il 2020 è stata quantificata quindi in 1,11 miliardi di euro.

IL RISPARMIO NEL DECENNIO

Proiettando questa riduzione sul decennio 2020-29, si arriva a un risparmio di spesa complessivo di 11,9 miliardi di euro. “A queste minori spese (risparmi nelle uscite per prestazioni) si dovranno aggiungere quelle relative al 2021, una volta resi noti i dati per genere e classe di età dell’eccesso di mortalità complessiva rispetto alla media 2015-2019”. Gli autori ritengono anche che “con molta probabilità, l’effetto combinato dei quota 100 e le altre anticipazioni con circa 155 mila liquidazione in più e della pandemia, manterranno molto contenuto, rispetto alle previsioni, l’incremento del numero dei pensionati”. Stime decisamente interessanti da tenere presenti nel dibattito sulla riforma pensioni.