BOOM DEI MEDICI DI FAMIGLIA IN PENSIONE

L’Enpam ha diffuso dei dati, riportati da Italia Oggi, relativi al numero di medici di famiglia che sono andati in pensione. Dal 2014 al 2020 il loro numero è salito da 898 a 3.500 unità, con un’impennata del 290%. L’incremento degli specialisti ambulatoriali che sono andati in pensione è stato invece del 182%, passando da 411 a 1.160 unità. Tali aumenti non sono solo dovuti alle misure di riforma pensioni come Quota 100 che hanno dato la possibilità di raggiungere prima il traguardo pensionistico, ma anche “alla numerosa coorte di medici nati negli anni ’50”, in particolare, come spiega il Presidente dell’Enpam Alberto Oliveti, nel “fondo dei colleghi convenzionati, mentre per i liberi professionisti, la cui gestione è nata nel 1990, l’acme giungerà negli anni successivi”. L’Enpam, aggiunge il suo Presidente, è comunque preparato ad affrontare l’aumento di pensionati avendo riserve sufficienti per “far fronte ad anni in cui la spesa per pensioni sarà ai massimi storici”. Nel 2021, secondo il bilancio previsionali, ci sarà un avanzo di circa 470 milioni di euro.



I DATI SULLA PREVIDENZA PRIVATA

Oggi verrà presentato il Decimo Rapporto Adepp sulla previdenza privata, di cui Il Sole 24 Ore fornisce alcune anticipazioni. In particolare, viene spiegato che “la previdenza dei professionisti negli ultimi 15 anni ha raddoppiato le entrate contributive e aumentato il numero di prestazioni del 70%, percentuale che sale al 95% se si guardano gli importi delle prestazioni erogate”. Distinguendo tra le diverse aree professionali, “la maggior contribuzione arriva da quella sanitaria (3,51 miliardi); segue l’area giuridico-economica con 2,95 miliardi, al terzo posto le professioni tecniche (2 miliardi) e da ultimo l’area economico-sociale (1,1 miliardi)”. Il quotidiano di Confindustria spiega anche che “le prestazioni erogate, che erano 339mila nel 2005, per un totale di 3,5 miliardi, sono state nel 2019 573mila per un totale di 7 miliardi”. Fa riflettere come al raddoppio del totale erogato non corrisponda un analogo incremento del numero di prestazioni. Evidentemente la cifra percepita pro capite è mediamente aumentata nel corso degli anni.



DATI CISL SU PENSIONI SCUOLA

Il sindacato Cisl Scuola ha pubblicato in questi giorni tutti i dati aggiornati sulle pensioni del mondo docenti e Ata per l’anno 2021 dopo la chiusura delle domande di presentazione per la cessazione del servizio da settembre del prossimo anno: e così si scopre che la riforma di Quota 100 – ricordiamolo ancora una volta, in scadenza a dicembre 2021 – è stata scelta più dell’anno precedente come formula privilegiata per l’uscita dal lavoro. Sono 35.068 le domande di collocamento in pensione pervenute alla scadenza per la presentazione, fissata al 7 dicembre, 1200 in più rispetto al 2019: hanno chiesto di lasciare il servizio 27.592 docenti (lo scorso anno erano 26.327) e 6.887 unità di personale ATA (7.088 l’anno precedente). La percentuale delle domande su Quota 100 sale ancora: «e lo scorso anno erano state il 49,23% del totale, quest’anno superano abbondantemente la metà (55,7%)», conclude la nota di Cisl Scuola, qui la tabella con tutti i dati. (agg. di Niccolò Magnani)



QUOTA 100, NON SEMPRE C’È LA FINESTRA TRIMESTRALE

Rispondendo a una domanda posta da un lettore del sito di Repubblica all’esperto pensioni, la Fondazione studi consulenti del lavoro ricorda che chi ha maturato i requisiti per accedere a Quota 100 non dovrà fare i conti con “la finestra di differimento mobile” che nel settore privato è pari a tre mesi, ma “potrà presentare domanda in qualsiasi mese e accedere dal mese successivo senza più attendere alcuna finestra”. Come noto la misura di riforma pensioni introdotta dal Governo Conte-1 andrà in scadenza alla fine dell’anno prossimo, e una delle due forze politiche allora di maggioranza, ovvero la Lega, vorrebbe comunque portare avanti quello che ero il progetto originario: passare da Quota 100 alla Quota 41 per tutti. Intanto, come ricorda Il Sole 24 Ore, “a novembre il coefficiente per rivalutare le quote di trattamento di fine rapporto (Tfr) accantonate al 31 dicembre 2019 è 1,375”. Tuttavia “non è soggetta a rivalutazione la quota di Tfr versata dai lavoratori ai fondi di previdenza complementare”.

I REQUISITI PER LA PENSIONE DI VECCHIAIA

Guardando ad alcuni quesiti posti al consulente di orizzontescuola.it, sembra che non per tutti sia chiaro che per raggiungere la pensione di vecchiaia occorre avere 67 anni di età e 20 anni di contributi versati. Le diverse misure di riforma pensioni introdotte negli anni hanno sì previsto forme di anticipazione dell’ingresso in quiescenza, tanto che è diminuito il numero di quanti hanno utilizzato il pensionamento di vecchiaia. Questo può aver forse indotto alcuni lavoratori a pensare che anche i requisiti generali “standard” per il pensionamento fossero mutati. Così non è e sarà meglio avere sempre presenti quali essi siano, soprattutto dopo il 2021, quando non ci sarà più Quota 100. A proposito di scuola, tecnicadellascuola.it ricorda i dati relativi al numero di domande di cessazione dal servizio che sono state presentate entro la scadenza del 7 dicembre scorso. Numeri che aprono degli interrogativi sull’adeguatezza del numero di insegnanti per il prossimo anno scolastico.

RIFORMA PENSIONI, L’IMPORTO MEDIO DEGLI ASSEGNI

In un articolo pubblicato su quotidianocontribuenti.com viene evidenziato che prendendo i dati sulla spesa pensionistica, riferiti al 2018, e dividendo tale importo per il numero dei pensionati risulta che il nostro Paese ha speso mediamente più di 1.500 euro al mese per pensionato. Tuttavia, “il 12,2 per cento dei pensionati, secondo le tavole dell’Istat, non arrivava a ricevere 500 euro al mese di pensione e il 24,1 per cento non arrivava a mille euro. Dunque più di un terzo dei pensionati non arrivano a ricevere mille euro mensili”. È anche vero però che nel periodo tra il 2009 e il 2017 l’incidenza della povertà assoluta nella fascia di età over 65 è passata “dal 5,5 per cento al 4,6 per cento, riducendosi quasi di un punto percentuale”. Sempre secondo l’Istat, poi, la presenza di un pensionato in un nucleo familiare vulnerabile consente di dimezzare quasi il rischio di povertà.

LE PROPOSTE SU DIFFERENZIAZIONE ETÀ E TASSAZIONE

L’articolo si conclude con alcune proposte di riforma pensioni “di non difficile attuazione”. In particolare: la differenziazione dell’età di uscita dal lavoro in relazione alla tipologia dei lavori svolti; giungere ad una netta separazione tra la previdenza sociale e il sistema assistenziale; rivedere il sistema della tassazione del reddito delle persone fisiche, Irpef, rideterminandone meglio, in modo progressivo, gli scaglioni; introdurre l’assicurazione pensionistica complementare a favore dei lavoratori attraverso il versamento di una percentuale delle plusvalenze aziendali, da versare in un Fondo speciale”.