SENTENZA CONSULTA SU PENSIONI INVALIDITÀ

È arrivata la sentenza della Corte Costituzionale in merito alla questione di legittimità sollevata dalla Corte d’Appello di Torino sulle pensioni di invalidità “troppo basse”: e così che i 285,66 euro al mese che la legge prevede per le persone totalmente inabili al lavoro a causa di gravi disabilità per la Consulta «non sono sufficienti a soddisfare i bisogni primari della vita e quindi viene violato il diritto al mantenimento, che la Costituzione all’articolo 38 garantisce agli inabili». Si attenderà ora il deposito delle motivazioni di questa sentenza che però diventa storica perché di fatto imporrà una nuova riforma sulle pensioni di invalidità essendo state considerate «incostituzionali» fino ad oggi. La Corte Costituzionale ha infatti ritenuto che un assegno mensile di soli 285,66 euro sia «manifestamente inadeguato a garantire a persone totalmente inabili al lavoro i mezzi necessari per vivere e perciò violi il diritto riconosciuto dall’articolo 38 della Costituzione, secondo cui ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto di mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale». L’incremento al milione (ovvero ai 516,46 euro) riconosciuto da tempo per diversi trattamenti pensionistici, d’ora in poi – dice la Consulta – dovrà essere corrisposto anche agli invalidi civili: infine, la Corte ha stabilito che questa pronuncia «non avrà effetto retroattivo e dovrà applicarsi soltanto per il futuro, a partire dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza sulla ‘Gazzetta Ufficiale».



LA CORTE DEI CONTI BOCCIA QUOTA 100

Come riporta l’Ansa,  il Procuratore generale della Corte dei Conti Fausta Di Grazia nel giudizio sul rendiconto generale dello stato, ha parlato anche di riforma pensioni, evidenziando che per Quota 100 “i risultati sono stati al di sotto degli obiettivi illustrati nella Relazione tecnica che accompagnava il provvedimento, avente anche finalità di ricambio generazionale della forza lavoro”. Dal suo punto di vista, inoltre, “appare non più rinviabile un intervento in materia fiscale che riduca, per quanto possibile, le aliquote sui redditi dei dipendenti ed anche dei pensionati che, pur essendo fuori dal circuito produttivo, frequentemente sostengono le generazioni più giovani, oltreché le imposizioni gravanti sulle imprese alle quali sono affidate le concrete speranze di un rilancio del Paese”. Parole che in qualche modo rafforzano quelle che sono state le richieste dei sindacati anche nel corso degli incontri di inizio anno con il Governo. Vedremo se ci sarà un intervento a riduzione delle tasse dei pensionati nei prossimi mesi.



IL “BUIO” DOPO LE BUSTE ARANCIONI DI BOERI

Davide Colombo, in un articolo pubblicato sul sito del Sole 24 Ore, evidenzia che forse nemmeno la crisi che stiamo attraversando riuscirà “a ricordarci il bene prezioso di una pubblica informazione sullo stato delle pensioni attuali e future”. L’autore ricorda infatti che dopo l’iniziativa presa da Tito Boeri con le buste arancioni non è stata presa alcuna altra iniziativa per fare conoscere agli italiani cosa aspettarsi nel proprio futuro previdenziale. “Sapere che cosa succede quando sul cruscotto si accende una spia rossa sarebbe bellissimo, aiuterebbe a fare qualche scelta di risparmio un po’ più avveduta. Ma niente, gli unici simulatori delle pensioni future che abbiamo a disposizione sono privati, molto diversi, mai certificati, una risposta parziale di mercato a un fallimento dello Stato”, scrive Colombo. C’è da ricordare, tuttavia, che le buste arancioni servivano anche a invitare i cittadini a registrare al sito dell’Inps per poter avere a disposizione un simulatore destinato proprio allo scopo di poter capire quale sarebbe stato l’importo della futura pensione.



IL RUOLO DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE

Quando si parla di riforma pensioni emerge con frequenza il tema dell’abbassamento dei futuri trattamenti previdenziali. Anche per questo, come evidenzia Francesco Libutti, in un’intervista al sito del Giornale, occorre non trascurare la previdenza integrativa. “Ritengo che le incertezze che la vita familiare ed economica ci pone davanti ci obbligano a ragionare su una formula alternativa rispetto a quella che lo Stato ci dà. Non fosse altro perché l’Inps quotidianamente racconta di una situazione drammatica. È difficile pensare che tra 20-30 anni l’Inps possa sta meglio rispetto ad oggi. Tutto ciò deve portare ad avere la necessità di possedere una ruota di scorta solida. Sono convinto che debba essere lo Stato, con una campagna di sensibilizzazione, a spiegare che uno strumento, come quello della previdenza complementare, è utile per vivere un futuro più sereno. Da qui ai prossimi 20-30 anni si giocherà la partita della sostenibilità delle famiglie. Quindi è bene non farsi trovare impreparati”, sono le parole del Presidente di Fonage, il fondo pensione degli agenti di assicurazione.

RIFORMA PENSIONI, LE RICHIESTE DEL CNG

Agli Stati generali dell’economia ha partecipato anche il Consiglio nazionale dei giovani, la cui Presidente Maria Cristina Pisani ha espresso, come riporta lavalledeitempli.it, al Premier Conte le preoccupazioni per le conseguenze che la crisi determinata dal coronavirus avrà per le giovani generazioni. “Per questo abbiamo chiesto un intervento legislativo organico sulle politiche per le giovani generazioni anche perché a causa dell’ennesima crisi una nuova ondata di under 35 è pronta a emigrare”, ha sottolineato Pisano. Tra le richieste del Consiglio nazionale dei giovani anche temi che si incrociano con quelli di riforma pensioni: “Abbiamo chiesto di liberare nuove energie contrastando le rendite esistenti per impedire che molti di loro cumulino pensioni da fame, conseguenza di carriere discontinue, part time involontari e salari bassissimi”.

LE PAROLE DI MARIA CRISTINA PISANI

Pisano ha anche spiegato di aver “evidenziato alcune linee di intervento: valorizzare i tanti giovani italiani emigrati all’estero che non sono stati adeguatamente sostenuti in questi anni e che avrebbero tutte le capacità di contribuire al rilancio dell’Italia; definire un nuovo patto sociale per le giovani generazioni rafforzando strumenti di lotta alla precarietà, favorendo un nuovo confronto sulla pensione di garanzia per i giovani; sostenere la digitalizzazione e l’innovazione dei processi educativi e lavorativi; investire nella formazione e nell’orientamento; istituire un obbligo di valutazione dell’impatto generazionale per ogni legge e provvedimento pubblico”.