LE RICHIESTE DI RIFONDAZIONE COMUNISTA
Stamane a Teramo c’è stato un volantinaggio organizzato dal locale circolo del Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea, che ha allestito un presidio con uno striscione, con le parole d’ordine “pensioni, lavoro, salari: facciamo come in Francia!”. “Lo sciopero francese contro la riforma delle pensioni ha un’importanza decisiva per tutta Europa, dopo decenni di ritirata e perdita di diritti. Indica l’unica strada per imporre anche in Italia l’eliminazione definitiva della legge Fornero, cioè la ripresa delle lotte di tutto il mondo del lavoro”, fa sapere il circolo in una nota riportata da ekuonews.it., nella quale si spiega che “Rifondazione Comunista è mobilitata per chiedere un salario minimo orario di non meno di 9 euro, l’abolizione del Jobs act, la reintroduzione dell’Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, il diritto per tutte/i di andare in pensione entro i 62 anni, la riduzione dell’orario di lavoro a 32 ore settimanali. Basta con privatizzazioni e precariato. La lotta dei lavoratori francesi è la nostra lotta. Cambiare è possibile, con la lotta si può!”.
DADONE CONTRO LEGGE FORNERO
Oltre ad aprire all’ipotesi di una Quota 101, Fabiana Dadone, parlando ieri all’inaugurazione dell’anno giudiziario amministrativo a Torino, ha difeso la riforma pensioni con Quota 100, spiegando, come riporta l’edizione locale della Stampa, che “è importantissima. Le precedenti leggi, in particolare quella Fornero, sono state troppo pesanti a livello di sostenibilità per il Paese e hanno bloccato l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, in particolare nella Pubblica amministrazione”. Non solo quindi la ministra della Pubblica amministrazione ha ritenuto importante evidenziare la “sostenibilità sociale” di Quota 100, ma anche il suo effetto per favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Un effetto sul quale, a dire il vero, si è discusso e si discute molto. Vi è infatti chi ritiene che non ci sia stato alcun effetto sul turnover generazionale nel mercato del lavoro da Quota 100, anche in alcuni settori della Pa come quello della scuola, nel quale non mancano precari che hanno anche una certa età.
LE DISUGUAGLIANZE CHE PESANO SULLE DONNE
Si parla spesso di una riforma pensioni che guardi al gap presente tra uomini e donne nel sistema previdenziale. In un convegno organizzato dalla Cgil di Parma, di cui ha dato conto l’edizione locale di Repubblica, è stato spiegato che circa il 78% dei lavori di cura “viene fatto dalle donne e questo influisce pesantemente sulle disponibilità nel mercato del lavoro. Il 31,5% delle donne tra i 25 a 49 anni che sono senza lavoro non cercano impiego, contro il 1,5% degli uomini”. “Tutto questo pacchetto di disuguaglianze finisce per ripercuotersi anche nel momento della pensione. Questo non è un tema nuovo ma secondo noi va finalmente affrontato con una migliore regolamentazione delle leggi per eliminare le discrepanze alla fonte. E nel frattempo trovare dei nuovi equilibri della redistribuzione per quelle persone che in questi anni dovranno andare in pensione. Dobbiamo garantire nella vecchiaia una vita dignitosa, alla luce anche del fatto che siamo una popolazione sempre più longeva”, ha detto Lisa Gattini, Segretaria generale della Cgil di Parma.
COME SEPARARE ASSISTENZA E PREVIDENZA
In tema di riforma pensioni, secondo Giuseppe Pennisi andrebbe fatta chiarezza “separando, nel bilancio complessivo Inps, il bilancio assistenziale da quello previdenziale. Sarà così chiaro che il livello della spesa assistenziale è diventato elevatissimo a ragione di politiche economiche che hanno frenato la crescita ed aumentato disoccupazione e disagio. Non sarebbe un maquillage ma il certificato del fallimento di politiche economiche seguite da otto anni”. L’economista, in un articolo su formiche.net, spiega anche che occorrerebbe “una banca dati sull’assistenza con un codice a nucleo familiare per avere contezza di tutte le prestazioni erogate dallo Stato, dagli Enti pubblici e dagli Enti locali, cui associare le prestazioni offerte dal privato. Ciò consentirebbe di conoscere correttamente quanto ogni soggetto e ogni nucleo familiare percepisca dai vari Enti erogatori e di ottenere (verosimilmente, come già’ avvenuto per il reddito di cittadinanza) risparmi valutabili sui 100 milioni di euro, ora a carico della fiscalità generale”.
RIFORMA PENSIONI, LE RICHIESTE DELLA FIPAC
Per realizzare una riforma pensioni “che sia davvero equa e funzionale, il governo deve abbandonare la logica ristretta dei vertici con i soli sindacati dei lavoratori dipendenti ed allargare il confronto anche agli autonomi. Non si possono escludere così circa 5 milioni di pensionati”. È quanto dichiara Sergio Ferrari, Presidente nazionale di Fipac Confesercenti, che evidenzia anche come “i pensionati del mondo autonomo sono stanchi di essere trattati come cittadini di Serie B: hanno diritto di avere voce in capitolo sulle decisioni che riguardano il loro futuro. Anche perché sul tavolo non ci sono solo Quota 100 e la Legge Fornero: il sistema previdenziale italiano ha bisogno di una ristrutturazione più incisiva”.
LE PAROLE DI SERGIO FERRARI
Dal suo punto di vista “servono interventi per arrivare a pensioni minime adeguate e per ridurre l’incidenza delle tasse sui trattamenti pensionistici, riequilibrando il peso del fisco tra tutti i pensionati, al di là della provenienza del reddito. Gli autonomi, infatti, sono sottoposti a requisiti più stringenti rispetto a chi viene da un lavoro dipendente, ad esempio per quanto riguarda gli assegni familiari, e prendono in genere pensioni più basse, in alcuni casi di importo inferiore allo stesso reddito di cittadinanza”. Per Ferrari “il confronto sul sistema previdenziale aperto dall’esecutivo è l’occasione per cambiare rotta”, ma occorre non escludere gli autonomi. “Solo la partecipazione dei rappresentanti di tutti i pensionati consentirà di aprire una trattativa che porti ad una riforma previdenziale veramente equa e pienamente condivisa da tutti”, aggiunge.