I DATI SULL’UTILIZZO DI QUOTA 100
In un articolo pubblicato sul Sole 24 Ore vengono riportati alcuni dati interessanti relativi all’utilizzo di Quota 100. La misura di riforma pensioni che scade a fine anno, evidenzia il quotidiano di Confindustria, “non piace troppo neppure agli stessi lavoratori che stanno uscendo in anticipo”. Infatti, quelli con 62 anni di età e 38 di contributi non sono “più del 43% dei lavoratori in uscita. E a propendere per un pensionamento con requisiti più elevati” sono stati “soprattutto i dipendenti pubblici (il 66% delle richieste dalla Pa), mentre i lavoratori privati hanno fatto questa scelta nel 51% dei casi. Il Sole riporta anche i dati dell’ultimo monitoraggio Inps: al 13 maggio risultano accolte “297.269 domande, con altre 54.930 in lavorazione (“giacenti”), su un totale di 403.344 presentate. Circa la metà dei pensionamenti anticipati autorizzati, il 49,5%, riguarda dipendenti privati, il 29,9% lavoratori pubblici e il 20,6% quelli autonomi. Confermata la maggiore propensione degli uomini rispetto alle lavoratrici a optare per questo canale d’uscita: il 71,1% contro il 28,9%”, ma nella Pa sono le donne a essere maggioranza.
LA PETIZIONE SU QUOTA 41
Mentre si moltiplicano le proposte dentro e fuori il Parlamento sulla riforma pensioni di Quota 41 (Centrodestra in primis, ndr), online crescono le firme raccolte su Change.org per la petizione a riguardo: “pensione per tutti dopo 41 anni di contributi. Discutere subito il ddl 857 alla Camera”, questo il titolo della petizione che ha raccolto finora 66mila firme (obiettivo fissato 75mila). Il ddl citato è quello a firma Cesare Damiano (Pd), da oltre 4 anni fermo alla Camera e mai calendarizzato né discusso: «La Legge Fornero prima e il Job act dopo, hanno incatenato i lavoratori ultracinquantacinquenni sul posto di lavoro e bloccato il ricambio generazionale», recita la petizione diretta al Ministro del Lavoro, al Premier, alla Camera e al Quirinale. Il ddl 857 prevedeva l’uscita dal lavoro a partire dai 62 anni di età anagrafica e 35 anni di versamenti contributivi: penalizzazione massima dell’8% decrescente di 2 punti per ogni anno di anticipo dell’età pensionabile che è fissato fino ad un massimo di quattro anni. Infine, per i precoci, uscita con Quota 41 dopo il raggiungimento «di almeno 41 anni di contributi effettivamente versati senza considerare l’età anagrafica e senza penalizzazioni». (agg. di Niccolò Magnani)
PROIETTI: FLESSIBILITÁ È NECESSARIA
Secondo Domenico Proietti, “una flessibilità più diffusa di accesso alla pensione è assolutamente necessaria all’esaurimento di Quota 100”. Il Segretario confederale della Uil evidenzia infatti che “Quota 100 ha dimostrato che se si usa la flessibilità e la volontarietà si dà ai lavoratori uno strumento utile per scegliere il loro futuro”. Inoltre, dal suo punto di vista “la flessibilità pensionistica è necessaria anche come strumento per il processo di ristrutturazione del nostro sistema produttivo dopo la pandemia da coronavirus. C’è stato in questi anni un turnover limitato nella Pubblica Amministrazione a causa dei mancati concorsi. Oggi si aprono opportunità importanti per molti giovani anche grazie alla flessibilità pensionistica”. Anche per queste ragioni la Uil invita nuovamente il Governo ad aprire un confronto con i sindacati sulla riforma delle pensioni in modo da poter “trovare soluzioni utili ai lavoratori e al Paese”. Vedremo quale sarà la risposta dell’esecutivo che è piuttosto incalzato, su diversi fronti, dalle parti sociali in questi giorni.
LA NORMA ANTI-ESODATI PER IL CONTRATTO DI ESPANSIONE
In un articolo pubblicato sul Sole 24 Ore viene ricordato che il Decreto sostegni bis ha portato a 100 dipendenti la soglia minima di addetti per le imprese che possono utilizzare il contratto di espansione, che permette di effettuare dei prepensionamenti con anticipo fino a 5 anni. Giampiero Falasca evidenzia che nel contratto siglato tra azienda e sindacati, approvato dal ministero del Lavoro, deve essere indicato il numero di lavoratori che lasciano l’attività e la stima dei costi previsti, insieme a quelli relativi alla riqualificazione del personale e alle nuove assunzioni. L’indennità mensile per i prepensionati verrà versata dall’Inps “dietro provvista finanziaria del datore di lavoro”. Nella norma del Decreto è previsto anche che “future leggi o atti aventi forza di legge non potranno modificare i requisiti per il diritto a pensione in vigore al momento dell’adesione al contratto di espansione”. Una norma, come viene spiegato dal quotidiano di Confindustria, che eviterà il ripetersi del caso esodati avutosi con la riforma delle pensioni targata Fornero.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI PROIETTI E BARBAGALLO
In un’intervista a The Italian Times relativa ai temi di riforma pensioni, Domenico Proietti e Carmelo Barbagallo ricordano che “le donne sono state le maggiori vittime dell’inasprimento dei requisiti pensionistici degli ultimi anni, con un innalzamento brusco dell’età pensionabile anche di 7 anni, oltretutto senza una diminuzione del carico del lavoro domestico e di cura, né una riduzione del divario retributivo e occupazionale”. Per questo motivo, i due sindacalisti chiedono “attenzione alla condizione specifica delle lavoratrici, a partire dal riconoscimento di 12 mesi di anticipo per ogni figlio (o, a scelta delle lavoratrici, di una maggiorazione del coefficiente di trasformazione) e dalla valorizzazione ai fini pensionistici del lavoro di cura nei confronti di familiari con disabilità o non autosufficienti”.
LE MOSSE PER LA PREVIDENZA COMPLEMENTARE
Per il Segretario confederale della Uil e quello generale della Uilp, “vanno poi garantite strutturalmente condizioni più favorevoli per l’accesso alla pensione di categorie di lavoratori più fragili: disoccupati, invalidi, caregiver, lavoratori gravosi e usuranti”. Dal loro punto di vista, vanno anche “maggiormente valorizzati il montante contributivo o il coefficiente di trasformazione nel sistema contributivo, per tutelare meglio il valore delle pensioni calcolate interamente in questo sistema”. Oltre a un semestre di silenzio assenso e una grande campagna istituzionale di comunicazione, per rilanciare la previdenza complementare ritengono anche necessario ripristinare “l’aliquota agevolata dell’11%”.