IL CONTRIBUTO DELLE PENSIONI ALLE DISUGUAGLIANZE

In un articolo pubblicato sul Tirreno, Stefano Tamburini parla di alcune situazioni critiche per il lavoro in Toscana, tra cui quella relativa alle Acciaierie di Piombino, i cui dipendenti sono “presi in giro per lustri da chi non ha il coraggio di dire che forse la siderurgia è un capitolo chiuso e confida di drenare consensi grazie al rubinetto dei sussidi e delle pensioni dei nonni”. Su affaritaliani.it, Andrea Pasini ricorda invece la crescente disuguaglianza in Italia segnalata dagli ultimi dati Istat: “Se il ceto medio rappresentava il 40% della popolazione italiana prima della pandemia, ora il numero si è ridotto, scendendo drasticamente al 27%. Per un numero sempre maggio di famiglie italiane la ‘persona di riferimento’ è un anziano, magari pensionato e la classe operaia è sempre meno presente. E il motivo di questa diseguaglianza sempre più significativa è da ricercare nei redditi e nelle pensioni”. Infatti, i redditi da lavoro sono il motivo del 64% delle disuguaglianze, mentre “le pensioni contribuiscono al 20% della disuguaglianza”.



IL MESSAGGIO INPGI SULLE PENSIONI GIORNALISTI

La Cassa Previdenziale dei Giornalisti Professionisti ha emesso una nuova nota per informare le date e le scadenze per l’esonero contributivo. In attesa di una riforma pensioni complessiva che possa significare novità anche sul fronte stampa, l’Inpgi comunica «Per poter beneficiare dell’esonero parziale dei contributi dovuti nel 2021, i giornalisti in possesso dei requisiti previsti dalla legge dovranno presentare all’Inpgi – a decorrere dalle 10 del prossimo 23 agosto e fino alle 24 del 31 ottobre 2021 – una apposita domanda predisposta su un modulo in formato telematico on line, compilabile esclusivamente accedendo all’ area riservata agli iscritti del sito (www.inpgi.it) utilizzando le proprie credenziali». La misura rientra tra gli interventi disposti dal Governo per contenere gli effetti negativi, sul piano economico, determinati dalla situazione di emergenza da Covid 19: vale per tutti gli iscritti che nell’anno 2019 hanno conseguito un reddito annuo «non superiore a 50.000 euro e che, nel corso dell’anno 2020, abbiano subito una riduzione del fatturato e dei compensi di almeno il 33% rispetto all’importo del 2019». Non ci sarà alcun ordine di presentazione delle domande, basta che venga rispettato il termine di invio del 31 ottobre 2021. «Una volta che gli uffici avranno esaminato le istanze, l’eventuale rigetto sarà comunicato agli interessati entro il 15 novembre 2021», conclude l’Inpgi. (agg. di Niccolò Magnani)



ANIEF CHIEDE QUOTA 96 PER GLI INSEGNANTI

Le parole di Pasquale Tridico relative alla riforma pensioni pronunciate in un’intervista al Messaggero non sono passate inosservate. Il Presidente dell’Inps ha riproposto la sua idea di erogazione in “due tempi” della pensione, consentendo l’anticipo a 63 anni, con liquidazione solo della quota contributiva, per poi avere quella retributiva una volta raggiunti i 67 anni o in alternativa un forte potenziamento dell’Ape social. Secondo Marcello Pacifico, invece, la strada da seguire sarebbe un’altra, specialmente per i lavoratori della scuola. “Bisogna ripristinare quota 96 per gli insegnanti, così come l’indennità di bornout senza penalizzazioni, come accade in Germania. Sul reddito di cittadinanza, è necessario garantire prima una salario minimo per i lavoratori e le lavoratrici ancorato all’inflazione. Gli stipendi degli statali infatti sono ancora dieci punti sotto il costo della vita registrato negli ultimi tredici anni”, sono infatti le parole del Presidente nazionale dell’Anief riportate da orizzontescuola.it.



L’ODG DI FDI BOCCIATO

Salvatore Deidda denuncia il fatto che il sottosegretario alla Giustizia Sisto, a nome del Governo, e i partiti della maggioranza hanno bocciato un ordine del giorno di Fratelli d’Italia con il quale si chiedevano “pene più dure per i piromani, comprendendo anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici”. Visto quanto accaduto nei giorni scorsi in Sardegna, ma non solo, il partito di Giorgia Meloni chiedeva “di togliere ogni beneficio economico o diritto a pensioni e stipendi statali a chi causa disastri come distruggere la nostra fauna e flora”. Invece, spiega il deputato di FdI, non c’è stata la volontà di prendere questo impegno. “Tante belle parole di solidarietà alle zone colpite dagli incendi, ma, per adesso, non solo nessun aiuto ai comuni e alle popolazioni colpite ma anche il voto contrario all’impegno di prevedere pene più dure per i piromani. Come Fratelli d’Italia non ci arrendiamo e continueremo a chiedere certezza della pena e severità verso chi non mostra rispetto per la Terra”, aggiunge Deidda.

RIFORMA PENSIONI, LA SCELTA PER LA LEGGE DI BILANCIO

In un articolo pubblicato sul Foglio, Valerio Valentini evidenzia che il Governo è davanti a un bivio: scegliere tra riforma fiscale e riforma delle pensioni, “perché tutto, è chiaro, non si può. E però, siccome nella gazzarra politica non è mai la somma che fa il totale, ecco che Daniele Franco si ritrova a dover pensare alla prossima legge di Bilancio con l’ansia di chi già prevede la fatica, se è vero che l’ipotesi che a Via Settembre si rigetta risolutamente, quella del fritto misto, sarebbe forse la sola che permetterebbe di evitare troppe rogne: un poco per ciascuno, e nessuno che s’arrabbia. Invece i tecnici del Mef dicono che una scelta andrà presa. E bisognerà insomma capire su quale voce puntare i soldi”. Insomma, non solo una decisione contabile, ma anche politica.

LE INCOGNITE SUL CAPITOLO WELFARE

A proposito di Legge di bilancio, Marco Rogari, sul Sole 24 Ore, spiega che ci sono alcune incognite sul capitolo welfare: “Aggiungendo nel menù le risorse per la Naspi (1-1,5 miliardi) e quelle che alcuni partiti della maggioranza vorrebbero che fossero destinate al rafforzamento e all’estensione del Reddito di cittadinanza, l’asticella dei costi si avvicinerebbe ai 15 miliardi. E potrebbe lievitare ancora nel caso in cui, al termine del confronto sulle pensioni, passassero appunto ipotesi come Quota 41 o la possibilità di uscita, anche in versione integralmente ‘contributiva’, a 63-64 anni d’età su cui sono in pressing Lega, Cinque stelle e sindacati. Opzioni non affatto gradite al Mef, che appare disponibile a non fare muro a interventi mirati per le categorie di lavoratori impegnati in attività gravose o usuranti, magari estendendo la platea da agganciare a una proroga dell’Ape sociale”.

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