LA PROPOSTA DEL REDDITO DI QUARANTENA
Per far fronte all’emergenza dettata dal coronavirus il Governo si prepara a mettere in campo provvedimenti economici. Che potrebbero non bastare a evitare che non ci siano danni. L’Espresso riporta la proposta dell’economista Gianmario Cinelli, ricercatore all’Università Bocconi, e Antonio Costagliola, vicepresidente della banca d’investimenti Equita, di un reddito di quarantena, “una cifra pari ai propri consumi famigliari, che in base ai valori Istat si attesta attorno a 751 euro mensili, considerando anche le bollette”. Il problema è che una cifra del genere per lo Stato significherebbe una spesa di 19,2 miliardi al mese. E per sostenerla bisognerebbe interrompere “le normali voci di spesa del governo. Detto altrimenti sarebbero tagliati anche i costi dei dipendenti pubblici (cioè 28,9 miliardi nel trimestre), le pensioni (altri 49,1 miliardi di risparmi) e il reddito di cittadinanza (1,8 miliardi), per un totale di 79,8 miliardi di euro”. Una proposta decisamente più forte di qualsiasi ipotesi di riforma pensioni all’insegna dell’austerità.
LE SCADENZE PER L’APE SOCIAL
Il Sole 24 Ore ricorda che tra le misure di riforma pensioni varate con l’ultima Legge di bilancio c’è stata anche la proroga dell’Ape social e che l’Inps “risponderà in tre momenti alle domande” presentate, tenuto conto delle tre scadenze di quest’anno. Nello specifico ci sarà una prima tranche di risposte entro il 30 giugno “per le domande di verifica delle condizioni presentate entro il 31 marzo”. Una seconda scadenza per le risposte è quella del 15 ottobre per le domande presentate entro il 15 luglio. Infine, entro il 31 dicembre arriveranno le risposte alle domande presentate “oltre il 15 luglio ma entro il 30 novembre”. Se l’esito sarà positivo, l’assegno relativo alla prestazione verrà erogato con decorrenza dal mese successivo alla domanda. In ogni caso la decorrenza non potrà essere anteriore al 1° febbraio. Il quotidiano di Confindustria aggiunge che l’Inps emanerà a breve una circolare per illustrare tutti i particolari in merito. Da evidenziare che “come per gli anni passati anche nel 2020” le domande verranno accolte fino a esaurimento delle risorse stanziate.
LE PROPOSTE A TUTELA DI IMPRESE E FAMIGLIE
Le associazioni Prodeitalia e Centro Tutele Famiglie e Imprese, impegnate nella lotta al sovraindebitamento e nelle crisi d’impresa, hanno lanciato sette proposte per scongiurare situazioni di sovraindebitamento delle famiglie in un periodo non certo facile per l’economia italiana. Tra queste richieste, riportate da expartibus.it, ve ne sono anche alcune che hanno a che fare con i pensionati, che in taluni casi sono già rimasti penalizzati da passati provvedimenti di riforma pensioni. Le associazioni chiedono in fatti di rinviare i pagamenti alla casse previdenziali per sei mesi e di prevedere un fondo di sostegno per i sovraindebitati e per i pensionati con pensioni minime. “Famiglie, pensionati e alcune categorie di lavoratori hanno bisogno di essere protette da quello che altrimenti potrebbe essere un tracollo economico inevitabile. Non tutti hanno una rete di protezione che può garantire un lungo periodo di stop. Le nostre proposte sono frutto di segnalazioni e contatti con tanti cittadini e cittadine”, evidenziano le associazioni.
IL REPORT DI MOODY’S
In tema di riforma pensioni va segnalato quanto scritto da Marco lo Conte in un articolo riportato sul sito del Sole 24: “Non resterà sostenibile a lungo il sistema previdenziale italiano. La frase rassicurante che ministri e vertici dell’Inps da decenni ripetono, sbiadisce sempre più”. Il giornalista basa queste sue parole sui dati contenuti in un report di Moody’s, secondo cui “da qui al 2030 l’invecchiamento della popolazione potrebbe spingere a un aumento della spesa pensionistica e a un aumento dell’indebitamento pari al 5% del Pil, ossia circa 80 miliardi in più; che diventano circa 240, ossia il 15% del Pil, da qui al 2040”. Cifre che diventano difficili da sostenere per l’Italia, considerando che “già ora lo Stato trasferisce dalla fiscalità generale 110 miliardi di euro l’anno per garantire prestazioni previdenziali e assistenziali”. Difficile anche sperare in un aiuto del risparmio privato italiano, che, sempre secondo Moody’s, “tenderà a ridursi entro il 2040”. Dati che di certo non aiuteranno il confronto tra Governo e sindacati sulla previdenza.
RIFORMA PENSIONI, IL GAP DI GENERE
Sono ben note le differenze esistenti negli importi tra le pensioni degli uomini e delle donne. Tanto che si è chiesto da più parti di intervenire con misure specifiche nell’ambito delle diverse misure di riforma pensioni approvate o ancora allo studio. Daniela Del Boca e Paola Profeta in un articolo su lavoce.info ricordano che una delle principali ragioni del gap pensionistico “risiede nei comportamenti nel mercato del lavoro. In Italia, in particolare, un numero inferiore di donne lavora. E quando lavorano lo fanno per un minor numero di anni nell’arco della vita e più spesso in part-time. Le differenze di genere sul mercato del lavoro si riflettono nelle pensioni: carriere più brevi e salari femminili più bassi di quelli maschili diventano pensioni più basse per le donne”. Il problema poi “è diventato particolarmente acuto con il metodo di calcolo contributivo dell’attuale sistema pensionistico italiano”.
L’IMPORTANZA DELL’INFORMAZIONE
Le autrici si sono quindi chieste se “l’informazione può rappresentare una politica importante – e poco costosa – per migliorare il gender gap pensionistico”. Uno studio da loro condotto in tal senso sembra confermare nei primi risultati l’importanza dell’informazione, che “ha ridotto la percezione delle intervistate di avere una pensione adeguata a mantenere lo stile di vita desiderato e ha aumentato l’interesse a ottenere maggiori notizie sulle pensioni future”. Un’indicazione che sembra confermare anche l’importanza del lavoro di informazione portato avanti da gruppi come il Comitato Opzione donna social su Facebook.