PENSIONI, IL PIANO DEL PD

Secondo Emanuele Felice, responsabile Economia del Partito Democratico, il Governo Draghi non potrà che ritornare sulla riforma pensioni della Legge Fornero come punto di partenza per il “post-Quota 100”. Mentre il collega di partito, Graziano Delrio, proponeva la Quota 92 (non per tutti, ndr) Felice ad Affari Italiani risponde a tono all’alleato di Governo Matteo Salvini, «Ci si torna comunque alla Legge Fornero, visto che il governo con dentro Salvini e la Lega non l’avevano abolita». I Dem replicano alla Lega sul timore di un rientro alle pensioni “in stile Fornero”, ribadendo come «Quota 100 era solo una misura temporanea che non verrà rinnovata, come abbiamo sempre detto. C’è il tema dello scalone, che pensiamo di affrontare estendendo la Naspi e gli incentivi. Ma, comunque, gradualmente si tornerà all’impianto della Legge Fornero, da attuare con buon senso per non creare discriminazioni». (agg. di Niccolò Magnani)



QUOTA 92 E LO SCENARIO FUTURO

La proposta formulata da Graziano Delrio venerdì scorso sulla possibilità di una riforma pensioni “Quota 92” al posto della tanto vituperata Quota 100 inizi a farsi strada nei commenti, studi e scenari del mondo previdenziale. Il Governo Draghi nei prossimi mesi una direzione per riformare ad ampio raggio il mondo pensioni dovrà prenderla e non sarà facile avendo nella stessa maggioranza Pd, M5s, Forza Italia e Lega che da anni ormai si scontrano tra loro sul fronte previdenziale. Quello che è certo è che – secondo i dati dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio – la Quota 100 se rilanciata può significare una perdita sull’assegno pensionistico del 5,6% (nel caso di uscita dal lavoro un anno prima) o al massimo del 34,7% (con 6 anni di anticipo): per Quota 92 gli studi vanno ancora rilanciati ma è chiaro già in partenza che molto dovrà essere fatto per evitare che al singolo pensionato con “soli” 30 anni di contributi non pesi eccessivamente l’ammanco sull’importo finale. Secondo i più scettici sull’utilizzo di una Quota 92 (ricordiamo, 30 anni di contributi e 62 d’età per donne e lavoratori “usurati”) il rischio forte è un sistema di uscita precoce con taglio pesante sull’assegno: si è ancora all’inizio e le ipotesi di riforma pensioni sul tavolo restano tante, praticamente tutte. (agg. di Niccolò Magnani)



RIFORMA PENSIONI, LO SCIOPERO CONTRO OPZIONE DONNA

L’Usb Stellantis Melfi, come riporta basilicata24.it, ha deciso di proclamare uno sciopero di 24 ore che inizierà alle 6:00 dell’8 marzo. La scelta della data non è casuale, perché la ragione della mobilitazione è protestare contro Opzione donna, definita una truffa, e chiedere una misura di riforma pensioni che risponda alle esigenze delle italiane proprio in occasione della Festa della donna. L’Usb Stellantis Melfi spiega che Opzione donna, “sponsorizzata da Cgil Cisl e Uil e da molte associazioni femministe, è una vera e propria offesa all’intelligenza delle donne”. Questo per via della penalizzazione insita nel ricalcolo contributivo dell’assegno pensionistico che si andrà a incassare, “una somma all’incirca di 9.000 euro all’anno, totalmente spropositata rispetto agli anni di abbuono”.



LA RICHIESTA DELL’USB STELLANTIS MELFI

Secondo il sindacato di base, Opzione donna è “soltanto un esempio, un’ulteriore dimostrazione del fatto che sempre più spesso chi decide al posto delle donne, chi parla o si proclama al loro fianco, in realtà è al servizio del sistema capitalistico, da sempre sfruttatore del lavoro femminile e delle donne in generale”. Per questo l’Usb Stellantis Melfi chiede che venga varata una misura di riforma pensioni “che permetta alle lavoratrici di andare in pensione molto prima dei 35 anni lavorativi, garantendo loro una pensione pari all’interna somma dell’ultimo salario percepito”. Un’istanza che non sembra facile da poter accogliere per il Governo, che può tuttavia certamente prendere qualche provvedimento per rendere più agevole l’accesso alla pensione per le donne.