RIFORMA PENSIONI, INCONTRO GOVERNO-SINDACATI (NONOSTANTE IL QUIRINALE)

La scorsa settimana, un po’ a sorpresa, è ripreso il confronto Governo/sindacati sulla riforma delle pensioni. Un po’ a sorpresa perché anche se Draghi aveva promesso l’inizio degli incontri subito dopo le feste natalizie molti osservatori ritenevano che con le discussioni sulla nomina del nuovo presidente della Repubblica che albergano sulle pagine di tutti i giornali e in TV il problema previdenziale sarebbe stato spostato qualche settimana in avanti.



Così non è stato e al cospetto dei Ministri Orlando e Franco e dei tre segretari di Cgil, Cisl e Uil, Landini, Sbarra e Bombardieri, è iniziata la discussione. Il tavolo, giustamente, si è spostato da palazzo Chigi alla sede del ministero del Lavoro per il primo reale incontro tecnico cui hanno partecipato anche i segretari confederali delle tre sigle sindacali che si occupano di riforma pensioni.



Tutto bene, dunque? Non proprio, dal momento che anche questo è stato l’ennesimo incontro interlocutorio che si verifica ormai da un anno dove le OO.SS. presentano il loro bellissimo progetto di riforma delle pensioni che contempla la flessibilità in uscita a partire dai 62 anni o in alternativa l’uscita del mondo del lavoro con 41 anni di contribuzione, l’estensione dell’Ape sociale, il riconoscimento del lavoro di cura e delle donne, una pensione di garanzia per i giovani nonché dare un forte impulso alla previdenza complementare e il Governo si limita ad ascoltare le loro proposte, che peraltro conosce benissimo e calendarizza altri incontri spostando la problematica in avanti.



RIFORMA PENSIONI: I DUBBI SULL’ACCELERATA DEGLI INCONTRI TRA GOVERNO E SINDACATI…

Quello che sconcerta sono le dichiarazioni fatte dai sindacalisti al termine di queste riunioni che di fatto non hanno portato, finora ad alcun risultato. Continuamente i tre Segretari generali affermano di ritenersi soddisfatti, che la discussione è stata proficua, che successivamente si entrerà nel merito, quasi compiacendosi di essere stati convocati, contenti di essere protagonisti attivi di un argomento che interessa milioni di cittadini.

In pratica il Governo ha assorbito tranquillamente lo sciopero generale indetto da Cgil e Uil il 16 dicembre che non ha spostato di una virgola quanto contenuto nella Legge di bilancio imponendo per il solo 2022 la Quota 102 (64 anni di età sommati a 38 di contribuzione). Sono stati fissati altri due incontri uno il 20 gennaio e un altro il 7 febbraio. Quello di domani sarà un altro incontro tecnico in cui sostanzialmente non si potrà decidere nulla, quello del 7 febbraio, invece, sarà un incontro politico che, se sarà confermato, si rivelerà importante.

Questa accelerazione improvvisa di incontri sul tema della riforma pensioni fa riflettere. Poiché tutto quello che sarà deciso in ambito di riforma delle pensioni decorrerà dal 1° gennaio 2023 si sarebbe potuto tranquillamente aspettare la prossima nomina in febbraio del nuovo presidente della Repubblica e poi in poche settimane di incontri serrati trovare una quadra in modo da inserire le modifiche e i costi della riforma già nel Def nel mese di aprile. Sembra quasi un discorso della serie “cerchiamo di buttare giù qualcosa di scritto sulle pensioni che non sappiamo come andrà a finire”.

RIFORMA PENSIONI: QUANTO CONTERà LA SCELTA DEL NUOVO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA?

La situazione in Italia si sta molto ingarbugliando non solo per quanto riguarda la questione sanitaria. La scelta del futuro capo dello Stato avrà inequivocabilmente delle ricadute significative sull’attuale Governo. Se sarà eletto un Presidente che non sia accettato da tutti i partiti dopo dieci minuti dovremo assistere a una crisi di governo che, non appena i parlamentari raggiungeranno la dorata pensione, porterà gli italiani a votare in autunno. Se invece sarà Draghi a salire al Colle e sarà chiamato come Capo del Governo una figura indicata dall’attuale Premier, costui o costei non sarà in grado di tenere insieme una maggioranza troppo eterogenea unita solamente dal carisma e dal prestigio di Draghi, per cui molto probabilmente si andrà in ogni caso a votare in autunno.

Se queste malaugurate ipotesi si realizzeranno si determinerà per forza di cose un blocco della nuova riforma delle pensioni che rischierà di andare su un binario morto e di cui si tornerà a parlare dopo i risultati delle elezioni politiche.

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