“Un inizio importante, abbiamo dato il via a una trattativa seria che va nella direzione di rispondere alla nostra piattaforma. Non vogliamo qualche aggiustamento di qualche parte della riforma pensioni della Fornero, vogliamo una vera e propria revisione della legge che dia stabilità al sistema nei prossimi anni e che sia in grado di dare risposte a partire dai giovani e dalle donne, che sono le più penalizzate in questi anni”. Così il Segretario generale della Cgil Maurizio Landini, al termine dell’incontro sulla previdenza tra i sindacati confederali e il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo.



Dobbiamo preoccuparci, noi instancabili sostenitori della riforma Fornero? Forse facendo il verso al libro di una celebre giornalista e scrittrice potremmo pubblicare “Una lettera ad una riforma mai nata”. Perché, a pensarci bene, la riforma del 2011, in realtà, in questi anni è servita solo a fare propaganda nei talk show televisivi. A spaventare i bambini che non vogliono coricarsi. “Dormi altrimenti chiamo Elsa Fornero, così non andrai più in pensione”. In occasione delle elezioni in Emilia-Romagna, chi scrive non ha resistito alla tentazione di accettare una candidatura. Matteo Salvini mi ha (dis)onorato di entrare a far parte della sua campagna elettorale. C’erano i servizi sociali di Bibbiano che rapivano i bambini e il sottoscritto (in cordata con Fornero che aveva sottoscritto un appello a mio sostegno) che vorrebbe mandare le persone in quiescenza a novant’anni. In sostanza, quella normativa, dal momento della sua entrata in vigore, è stata manipolata, derogata, si è vista aprire percorsi paralleli, è stata sottoposta a sperimentazioni (visto che ricorre il Giorno della Memoria) da parte di veri e propri dottor Mengele della previdenza.



Senza perdere troppo tempo ad almanaccare le norme del “soccorso rosso” disposte dal 2012 a oggi (otto salvaguardie per i c.d. esodati, l’abrogazione della modesta penalizzazione economica in caso di pensionamento anticipato prima dei 62 anni di età, la revisione in senso più favorevole della normativa sui lavori usuranti, l’introduzione in termini strutturali di uno sconto sul requisito contributivo, a prescindere dall’età, per i c.d. precoci, e, sia pure in via sperimentale, il “pacchetto” Ape+Rita, l’invenzione di 15 categorie di lavori “gravosi”, un criterio privo di qualunque riscontro scientifico) concentriamo la nostra attenzione sui problemi delegati ai tavoli tecnici, che prepareranno il negoziato politico già calendarizzato nel mese di marzo.



Entrando, poi, nel merito dei temi trattati al tavolo, Landini ha ricordato che “servono regole comuni, ad esempio di uscita flessibile dai 62 anni, ma anche misure che riconoscano le differenze tra uomini e donne e i lavori gravosi”. “Nelle prossime ore – ha aggiunto – sarà fissato l’incontro su altri due temi che abbiamo posto, quello degli esodati e quello del part-time verticale”. Nel ritorno all’antico i sindacati non si faranno mancare nulla: si riparlerà persino degli esodati nonostante le misure di salvaguardia e i provvedimenti intervenuti negli ultimi anni – come l’Ape volontaria o quota 100 – non potessero essere utilizzati per risolvere qualche caso rimasto escluso. La piattaforma sindacale darà quindi l’estrema unzione a una riforma che, pur essendo viva, non è mai riuscita a essere vitale. E si tornerà al bel tempo che fu. Avventurandosi senza alcun riguardo per i conti pubblici, per sentieri lungo i quali neppure il Governo giallo-verde, all’apice del suo populismo, aveva osato percorrere.

Spes ultima dea. Fin dai prossimi incontri parteciperanno anche i rappresentanti del Mef. Siamo nelle loro mani. Il fatto è che questo Governo è pronto ad attaccarsi a tutti i possibili appigli pur di restare in piedi. E i sindacati sono pronti ad approfittarne. Basta leggere le dichiarazioni di Landini: mai una parola storta contro il Conte 2.