ARRIVANO LE LIQUIDAZIONI INPS PER LE EX-IPOST

Sembra che si sia arrivati a una soluzione definitiva per quel che riguarda il problema delle lavoratrici ex-ipost in attesa della lavorazione della domanda di accesso a Opzione donna da parte dell’Inps. Nata, sui social, come vicenda contigua a “Prima Quota 100”, quella per cui le domande per accedere alla novità della riforma pensioni godevano di una sorta di “corsia preferenziale” nella lavorazione da parte dell’Inps, è stata seguita con attenzione dal Comitato Opzione donna social e Orietta Armiliato ha comunicato, con un post sulla pagina Facebook del Cods, che ci sono state nuove conferme sul fatto che “Inps ha iniziato la liquidazione delle pensioni che erano rimaste sospese in attesa dell’implementazione del software gestionale”. Per molte lavoratrici interessate questo si traduce in un arrivo degli arretrati maturati nell’arco di un paio di settimane, oltre che dei successivi assegni pensionistici mensili. “E ora, avanti con le altre istanze che potranno agevolare il pensionamento di tante altre donne”, è il messaggio di Armiliato, pronta a dimostrare come l’unione possa fare davvero la forza, come successo in questo caso.



RIFORMA PENSIONI, GLI EFFETTI SULLA SPESA PUBBLICA

Le previsioni economiche della Commissione europea non sono state certo positive per l’Italia. Soprattutto sul fronte dei conti pubblici Bruxelles non ha nascosto la preoccupazione per l’alto livello del debito, alimentato anche da una spesa che “è destinata ad aumentare significativamente a seguito dell’introduzione del reddito della cittadinanza e di diverse disposizioni in merito alle pensioni, compreso il nuovo regime di prepensionamento”. Dunque da parte dell’Ue è arrivata una nuova critica alla riforma pensioni con Quota 100, specialmente sul fronte degli effetti sulla spesa che implica, al netto di risparmi dovuti anche a tagli e blocco parziale delle indicizzazioni. Antonio Tajani, Presidente uscente del Parlamento europeo, si è detto preoccupato per la situazione, soprattutto per l’aumento del debito evidenziato da Bruxelles. “Avanti di questo passo, e tra breve rischiamo una patrimoniale, con aumento delle tasse sulla prima casa, un taglio alle pensioni, l’aumento dell’Iva. Queste misure non farebbero che peggiorare ulteriormente la situazione degli italiani”, ha detto.



MOBILITAZIONE DEI SINDACATI

Crescono le adesioni alla manifestazione sindacale del prossimo 1° giugno a Roma, con la quale le sigle che rappresentano i pensionati vogliono far sentire la propria voce e il proprio malcontento per la riforma del settore voluta dal Governo e giudicata dai più ancora “lacunosa” tra una Quota 100 che non ha soddisfatto tutti, alcune perplessità su Opzione Donna e il probabile rinvio del provvedimento definito Quota 41, rivolto ai lavoratori precoci e che richiederebbe coperture economiche troppo elevate per poter essere introdotto già nella prossima Manovra economica. La mobilitazione capitolina è stata lanciata da Spi, Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil e avrà luogo in Piazza San Giovanni: tra le ragioni che i partecipanti porteranno in piazza ci saranno la richiesta di misure più concrete all’esecutivo e la contestazione del taglio della rivalutazione delle pensioni che, n alcuni casi, porterà alcuni a dover pure restituire un conguaglio nei mesi a venire. (agg. di R. G. Flore)



A RISCHIO “QUOTA 41”

Quota 100, uno dei provvedimenti-simbolo voluti dalla Lega, non piace alla Cgil e anche Opzione Donna pare non soddisfare le sigle sindacali: c’è fermento nelle ultime ore in merito alle ultime novità in tema di pensioni, non solo perché il provvedimento che mirava a smontare “un pezzo” della Legge Fornero si rivolge a una platea molto ristretta di lavoratori e avrebbe uno scarso impatto sul mondo del lavoro ma anche perché la stessa Opzione Donna viene considerata “penalizzante”. Secondo Ezio Cigna, responsabile nell’Ufficio Previdenza della stessa Cgil, questa misura prevede un calcolo meramente contributivo dato che si parla di 35 anni di contributi e 58 di età se si parla di dipendenti, oppure di 59 per le lavoratrici autonome. Ma un altro colpo alla riforma delle pensioni che si vuole continuare nel 2019 arriva dal fatto che potrebbe slittare o essere a rischio la Quota 41, altro tassello che molti esponenti del Governo Conte vorrebbero fosse approvato per cancellare gli effetti della Legge voluta dalla Ministra del Governo Monti nel 2012. Infatti, la Quota 41 per tutti sarebbe impraticabile per via della situazione dei conti pubblici e delle contestuali altre riforme volute dall’esecutivo giallo-verde: quale destino dunque per i lavoratori precoci che speravano in questa soluzione per andare in pensione dopo 41 anni indipendentemente dalla loro età anagrafica e senza dover subire alcuna decurtazione del proprio assegno previdenziale? (agg. di R. G. Flore)

CGIL, “QUOTA 100 E’ SOLO PER POCHI…”

Quota 100 non incontra il favore dei sindacati, durissimi nel giudicare una riforma pensioni che a differenza di quanto propinato dal governo – dicono – va incontro alle istanze soltanto di pochi fortunati e non è in grado di porre rimedio alle “storture” della Fornero. Come riportato dal portale “Pensioni per tutti”, Ezio Cigna, dell’ufficio previdenza Cgil, ai microfoni di RadioArticolo1 ha spiegato:”Abbiamo fatto uno studio, con stime e proiezioni sul flusso della platea potenziale di quota 100, sulla base delle risorse stanziate dal governo. Il risultato è che i conti sono sbagliati: per noi, le persone che usufruiranno del provvedimento saranno al massimo 325 mila a fine anno, contro le 973 mila ipotizzate dall’esecutivo. Aver scelto una quota 100 così rigida, con i paletti dei 62 anni di età e dei 38 di contributi, non risponde a fette importanti del mondo del lavoro, perché restringe a priori la platea degli aventi diritto. Ad esempio, le donne – già fortemente penalizzate dalla legge Fornero, che ha spostato la pensione di vecchiaia da 60 a 67 anni – difficilmente riescono a raggiungere i 38 anni di contributi, svolgendo spesso due lavori, quello in produzione e quello di cure, tanto è vero che solo poche migliaia (una domanda su quattro è stata presentata da una donna), hanno utilizzato quota 100″. (agg. di Dario D’Angelo)

QUOTA 100 E IMPATTO SU PA

Gianni Dominici, direttore generale Fpa, in vista del Forum Pa che si terrà dal 14 al 16 maggio a Roma, ha parlato della riforma pensioni del governo M5s-Lega. «In questo momento corriamo il grosso rischio di una Pubblica amministrazione che non si rinnova. E Quota 100 può avere questo impatto negativo». Dominici ne ha parlato in un’intervista all’AdnKronos, spiegando l’impatto che Quota 100 ha sulla pubblica amministrazione. «Molti comuni ci dicono che sui territori alcune funzioni rimangono libere perché le persone stanno andando in pensione». Questo per il direttore generale di Fpa vuol dire che bisogna «associare a questo processo di rinnovo tradizionale, un processo di acquisizione di nuove risorse che siano in grado di avere quelle competenze di gestione dei processi». Il rischio, secondo Dominici, è che il processo di rinnovamento diventi «un processo di mero svuotamento della nostra Pubblica amministrazione». (agg. di Silvana Palazzo)

LA SPESA PUBBLICA PER PENSIONI

Si è parlato molto degli effetti della riforma pensioni con Quota 100 sulla spesa pubblica. E Mariasole Lisciandro e Pietro Mistura, in un articolo su lavoce.info, hanno analizzato la composizione della spesa pubblica nel nostro Paese, in Germania, in Francia e in Spagna. I due autori evidenziano come, “dalle previsioni di lungo periodo, si nota come l’Italia concentri più risorse di tutti gli altri paesi in esame sul tema delle pensioni”. Di fatto, “tutti i paesi prevedono un aumento della spesa pensionistica fino al 2050, dovuto al fatto che in concomitanza con il 2030 si ritireranno dal mondo del lavoro coloro che appartengono alla generazione detta del ‘baby boom’. Ma l’Italia è comunque il paese che sia oggi che domani destina la più ampia porzione di Pil al pagamento delle pensioni”. “Viene quindi da chiedersi se fosse necessario caricare il bilancio pubblico italiano di nuove risorse destinate alle pensioni. La risposta è no, se si pensa a quanto meno spendono gli altri paesi”, scrivono gli autori.

M5S PRONTO A TAGLI IN EUROPA

Oltre che su Quota 100, l’azione di riforma pensioni del Governo si è concentrata, soprattutto per volontà del Movimento 5 Stelle, sul taglio delle pensioni d’oro e anche dei vitalizi dei politici, compresi i consiglieri regionali. La battaglia per portare avanti questi tagli prosegue anche in Europa. Il candidato pentastellato Piero Puozzo, infatti, spiega che “bisogna continuare a votare Movimento 5 stelle per cambiare anche in Europa. Lo stop ai privilegi, che in Italia è stato fatto per i vitalizi e le pensioni d’oro, ma anche per gli sprechi della politica, deve essere fatto in Europa. A partire dalla doppia sede dell’Unione europea di Bruxelles e Strasburgo che è uno spreco enorme di denaro, centinaia di milioni di euro che potrebbero essere utilizzati nello sviluppo”. C’è da ricordare che il taglio alle pensioni più alte, oltre che il blocco parziale delle indicizzazioni per le pensioni saranno al centro di una manifestazione sindacale unitaria in programma il prossimo 1° giugno a Roma. Quando però si sarà già votato per le europee.

BERLUSCONI RILANCIA SU RIFORMA PENSIONI

Dall’Inps sono arrivati nuovi dati relativi alle domande presentate per Quota 100, che hanno superato le 128.000 unità. Solo circa 33.500 arrivano da donne, mentre i lavoratori dipendenti del settore privato ad aver fatto domanda per usare la novità della riforma pensioni sono 46.134 contro 42.192 dipendenti pubblici. In maggioranza le domande sono arrivate da persone con un’età compresa tra i 63 e i 65 anni. Intanto Silvio Berlusconi, che ha ripreso la campagna elettorale dopo il ricovero in ospedale, è intervenuto ai microfoni del Gr1, spiegando, come riporta il sito del Giornale, di essere convinto che “se Forza Italia avrà successo alle elezioni europee e il Movimento 5 Stelle il contrario, questo governo, che è capace solo di litigare e di fare male al Paese, se ne dovrà andare a casa. Serve un nuovo governo con il programma del centrodestra: meno tasse per le nuove assunzioni, una vera flat tax per tutti, meno burocrazia, riforma della giustizia, aumento delle pensioni minime, pensione per le nostre mamme e più sicurezza nelle città”.

IL RISCHIO DI UNA RIFORMA PENSIONI COME NEL 2011

C’è attesa per conoscere le previsioni economiche della Commissione europea sull’Italia. Non tanto per i numeri riguardanti le stime di crescita del Pil, quanto per gli “appunti” che Bruxelles potrebbe muovere sul livello del debito pubblico italiano, che potrebbero essere importanti dopo il varo del Def e in vista non tanto delle elezioni europee, ma della Legge di bilancio di fine anno. Per il momento si sta parlando infatti di possibile aumento dell’Iva e di introduzione della flat tax, ma c’è chi teme che una situazione difficile per i conti pubblici possa mettere in discussione la riforma pensioni con Quota 100. Maurizio Ricci, su Tiscali News, evidenzia invece che quale che sia il Governo “che sarà in carica il prossimo settembre dovrà prendere decisioni durissime e dolorose, tutte con il segno meno. Taglieremo medicine e ospedali? Scuola, università, ricerca? Pensioni e cassa integrazione? Bisognerà, infatti, incidere sulla carne viva dell’economia, della società e delle famiglie, perché le alternative – del genere spending review, efficienza – si sono esaurite e ne è rimasta una sola, la peggiore: o si aumentano le tasse o si taglia il welfare”. Parole che sembrano rimandare al 2011.

RIFORMA PENSIONI, LA CRITICA DI BRAMBILLA E NOVATI

Alberto Brambilla non ha risparmiato critiche alla riforma pensioni con Quota 100 per come è stata realizzata dal Governo. In un articolo pubblicato su L’Economia, l’inserto del Corriere della Sera, insieme a Paolo Novati evidenzia un altro errore che l’esecutivo ha compiuto. Nell’analisi, i due autori partono da elaborazioni di Itinerari Previdenziali su dati del ministero dell’Economia e dell’Agenzia delle Entrate, dalle quali emerge che “su 60,48 milioni di cittadini residenti a fine 2017, quelli che hanno presentato la dichiarazione dei redditi (i contribuenti dichiaranti) sono stati 41.211.336, ma quelli che versano almeno un euro di Irpef sono 30.672.866. Possiamo dedurre che il 49,29% degli italiani non ha reddito e quindi non paga nulla di Irpef”.

RIFORMA PENSIONI, GLI INTERVENTI SBAGLIATI DEL GOVERNO

C’è dunque una grandissima parte della popolazione che non paga imposte o che le paga in misura bassa, ma “è difficile credere che quasi 36 milioni di abitanti vivano con redditi inferiori ai 20 mila euro lordi l’anno”. Per questo sarebbe utile una politica fiscale in grado di incentivare l’emersione dei redditi in nero. Brambilla e Novati citano in questo senso la possibilità di “dedurre ogni anno almeno il 50% di tutte le spese sostenute dalle famiglie, Iva compresa, per lavori di casa, meccanici, assistenti familiari e altro”. Il Governo però, segnalano i due autori, anziché far questo tagliano le pensioni “di quello sparuto 1% di popolazione che nella vita attiva ha dichiarato oltre 100 mila euro di reddito e a un ridotto adeguamento delle pensioni sopra i 1.600 euro lordi al costo della vita”.