RIFORMA PENSIONI CON ELIMINAZIONE ADV

In un articolo su pensionipertutti.it, Mauro Marino avanza una sua proposta di riforma pensioni. “Per prima cosa bisognerebbe eliminare completamente e definitivamente le ultime migliaia di esodati che ancora ci sono”, scrive l’esperto di economia e pensioni, evidenziando anche la necessità di “abbandonare per sempre il discorso dell’aspettativa di vita”. Dal suo punto di vista occorrerebbe anche “abolire la differenza di un anno tra uomini e donne nel caso di pensione anticipata”, senza dimenticare l’eliminazione “di quell’assurda finestra di tre mesi che si ha all’attualità quando si raggiungono con fatica i requisiti richiesti”. Per Marino, “bisognerebbe poi riportare indietro l’ultimo adeguamento dell’aspettativa di vita di quattro mesi riportandolo da dieci mesi a sei mesi. Infine la pensione di vecchiaia dovrebbe essere fissata a 66 anni per sempre”. Dal suo punto di vista, quindi, occorre una “pensione anticipata di 41 anni e 6 mesi per tutti, uomini e donne e soprattutto per sempre. Da ultimo ci dovrebbe essere una flessibilità dall’età di 63 anni con riduzione del 2% per ogni anno di anticipo rispetto alla sola pensione di vecchiaia”.



I PENSIONATI CHE CONTINUANO A LAVORARE

Nonostante abbiano raggiunto il traguardo della pensione, vi sono diversi italiani che continuano a lavorare. Come riporta contocorrenteonline.it, infatti, dai dati diffusi dal nuovo Osservatorio lavoratori dipendenti e indipendenti 2014-2019 dell’Inps, l’anno scorso il 3,8% dei lavoratori risultava essere anche pensionato. “Più precisamente 685.156 (pari al 2,7% dei lavoratori dell’anno) sono sicuramente pensionati che lavorano, in quanto risultano beneficiari di una pensione diretta di vecchiaia o anzianità già da prima del 2019. Mentre 288.551 (pari all’1,1% dei lavoratori del 2019) sono nuovi pensionati nel 2019 (e pertanto la loro condizione di pensionato può essere successiva a quella di lavoratore). La quota di pensionati che lavorano (esclusi quindi i neo-pensionati) è massima tra i lavoratori autonomi agricoli (il 22,4% di tali lavoratori è già pensionato) e significativa tra i lavoratori occasionali (16,5%), i parasubordinati (11,9%), gli artigiani (9,3%) e i commercianti (8,3%). In queste cinque categorie si concentrano oltre i tre quarti dei pensionati che lavorano”.



ALLARME PENSIONI DA ANP-CIA

Nell’assemblea congiunta in Basilicata di Anp e Cia “Riprogettare il futuro” è il tema della crisi il vero fulcro per l’anno che attende davanti: «Gli anziani stanno pagando un prezzo altissimo in termini di decessi. Si aggravano, inoltre, le condizioni dei malati cronici, mentre si sono ridotti di oltre il 50% gli screening oncologici», spiega il presidente di Anp Alessandro Del Carlo. La stessa assemblea ha sollecitato il Governo e il Parlamento affinché nella Manovra di Bilancio 2021 vi siano interventi già risolutivi sulla riforma pensioni da adottare prossimamente (post Quota 100): «Una revisione del trattamento pensionistico per gli agricoltori è imprescindibile – ha ribadito il presidente nazionale dell’Associazione – per garantire giustizia ed equità sociale e per favorire il ricambio generazionale. Gli agricoltori, per esempio, con pensioni minime tra le più basse, ferme a 515 euro, sono costretti a rimanere a lavoro nei campi fino a tarda età». (agg. di Niccolò Magnani)



RIFORMA PENSIONI, L’IMPORTANZA DEI CONTRIBUTI FIGURATIVI

In un articolo su orizzontescuola.it viene ricordata l’importanza dei contributi figurativi, utili a raggiungere i requisiti richiesti per accedere alla quiescenza. Viene in particolare evidenziato come poter raggiungere i 38 di contributi nel 2021 possa, insieme all’età anagrafica di almeno 62 anni, consentire di cristallizzare il diritto all’accesso a Quota 100 e di poter usufruire della misura di riforma pensioni varata a fine 2018 anche dopo il 31 dicembre 2021. “Per contributi figurativi ci si riferisce a quella contribuzione che l’Inps accredita ai lavoratori in determinati momenti della loro carriera lavorativa, alcuni di quelli costellati da vuoto di contribuzione da lavoro”, si spiega nell’articolo, dove tra l’altro non si dimentica di evidenziare che per accedere alla pensione di anzianità contributiva, come pure per Quota 100, bisogna comunque avere 35 anni di contributi effettivi. Altro aspetto da non dimenticare è che alcuni contributi figurativi vengono corrisposti solo su domanda dell’interessato (per esempio il servizio militare, il congedo di maternità o per assistenza di invalidi).

QUOTA 100 VALIDA ANCHE PER I SACERDOTI

In un articolo su Avvenire viene spiegata l’importanza di una decisione presa dal Comitato di Vigilanza del Fondo di previdenza per il clero, presieduto da monsignor Roberto Malpelo, che ha accolto “il ricorso di un assicurato al quale l’Inps ha negato la pensione di vecchiaia maturata con Quota 100”. L’importanza della decisione sta nel fatto che si tratta del primo intervento ufficiale sulla possibilità che la norma di riforma pensioni introdotta alla fine del 2018 possa essere utilizzata anche dai sacerdoti. La decisione del Comitato si basa sul fatto che una legge del Fondo Clero impone l’applicazione automatica dei benefici di cui godono tutti gli altri cittadini nel sistema previdenziale generale, inclusa quindi Quota 100. “Entro il 20 dicembre (5 giorni dalla decisione) il direttore generale dell’Istituto ha la facoltà di sospendere l’applicazione della delibera di accoglimento, in attesa di una risoluzione del presidente Pasquale Tridico da adottarsi ‘improrogabilmente entro 90 giorni»’. Trascorsi i quali, senza che sia intervenuta alcuna pronuncia, il ricorso si considera definitivamente accolto”.

RIFORMA PENSIONI, L’EMENDAMENTO SUL CONTRATTO DI ESPANSIONE

Tra le misure di riforma pensioni contenute nella Legge di bilancio è stata prevista anche la proroga del contratto di espansione. Un emendamento riformulato rispetto a quelli presentati negli scorsi giorni mira ora a introdurre importanti novità su questo strumento. Come spiega Il Sole 24 Ore, infatti, l’obiettivo è quello di renderlo utilizzabile anche alle imprese con più di 250 dipendenti. In questo modo i lavoratori che si trovano al massimo a 5 anni dal traguardo pensionistico (sia esso di vecchiaia o anticipato) riceveranno dall’azienda, previo naturalmente accordo, un’indennità mensile “commisurata al trattamento pensionistico maturato dal soggetto alla data di cessazione del rapporto di lavoro” fino all’effettivo ingresso in quiescenza. Lo Stato “aiuterà” il datore di lavoro mettendo sul piatto 24 mesi di Naspi.

IL SOSTEGNO DI MAGGIORANZA E OPPOSIZIONE

L’emendamento prevede anche che per le aziende con almeno 500 addetti vi sia anche la possibilità “di attivare altre 18 settimane di Cig, con una riduzione dell’orario fino al 30%”. Infine le aziende con almeno mille dipendenti possono ricevere un “aiuto” dallo Stato rappresentato da altri 12 mesi di Naspi nel caso, durante l’attuazione di “piani di riorganizzazione e/o di ristrutturazione di rilevanza strategica, in linea con i programmi europei”, assumano 1 lavoratore ogni 3 uscite. In questo modo si cercherebbe quindi di creare opportunità lavorative, soprattutto per i giovani. Il quotidiano di Confindustria evidenzia che “la nuova norma sul contratto di espansione ha il sostegno di maggioranza e opposizione, e pure delle parti sociali”.