LA SPESE PER LE PENSIONI

Esaminando i dati Eurostat relativi alla spesa sociale dei Paesi membri dell’Ue, quotidianosanita.it fa notare che “rispetto ad una media UE del 37,1%, l’Italia con il 28,8% registra un dato ben inferiore. Buona parte della spesa viene infatti assorbita da pensioni e benefit per la terza età che in Italia si attestano al 57,8%, dato ben più alto rispetto al 45,8% della media europea”. Va aggiunto che “in media nell’UE, le prestazioni per la vecchiaia hanno rappresentato quasi il 46% delle prestazioni sociali totali nel 2017 ed hanno costituito la maggior parte delle spese per protezione sociale in quasi tutti gli Stati membri. La percentuali più alte si sono registrate in Grecia (63%), Portogallo e Italia (entrambe al 58%), Romania e Cipro (entrambe al 56%), mentre era più bassa in Irlanda (34%), Germania e Danimarca (39%) e Lussemburgo (40%)”. Resta da capire se il dato sulla spesa pensionistica comprenda o meno quella assistenziale, che da tempo si chiede di separare, come fanno per esempio i sindacati nelle loro rivendicazioni in tema di riforma pensioni.



NESSUN CONGUAGLIO PER IL 2019

In tema di riforma pensioni, un argomento molto dibattuto nelle ultime settimane è quello della rivalutazione degli assegni. In attesa di capire se ci sarà qualche modifica con gli emendamenti alla manovra, il sito del Corriere della Sera ricorda che quest’anno non ci sarà alcun conguaglio, “visto che l’Istat ha confermato la stima di una variazione dell’indice Foi all’1,1 per cento”. Da ricordare che in passato il conguaglio è stato anche, purtroppo, negativo. Il quotidiano milanese, nell’illustrare le novità previdenziali in arrivo, evidenzia anche che “da gennaio chiude invece l’Ape volontaria, ovvero l’anticipo finanziario per il pensionamento anticipato con 63 anni di età e almeno 20 di contributi. Senza ripensamenti dell’ultima ora, l’addio allo strumento (molto gradito sia da aziende che lavoratori) vale sia per la versione singola che aziendale”. In questo caso c’è da dire che Tommaso Nannicini aveva ipotizzato di presentare un emendamento per una proroga dell’Ape volontario, per almeno un altro anno.



LE RICHIESTE DEL CUPLA TOSCANA

Sul sito della Confederazione italiana agricoltori della Toscana viene segnalato che “in una recente riunione del Coordinamento Cupla della Toscana, che è il Coordinamento delle Associazioni dei Pensionati del settore Autonomo (Artigiani, Commercianti ed Agricoltori) sono state sollevate forti preoccupazioni relative alla mancanza di attenzione anche del nuovo Governo rispetto alle pensioni minime, alla 14° mensilità ed alle indicizzazioni delle pensioni”. Dunque le scelte dell’esecutivo in tema di riforma pensioni oltre che i sindacati dei pensionati, già scesi in piazza sabato scorso, non convincono nemmeno il Cupla che, viene evidenziato, tempo fa aveva proposto di cambiare i criteri per calcolare l’indicizzazione, in quanto l’attuale non sembra corrispondere più al costo della vita per un pensionato. “Il Cupla della Toscana insiste sul tema della 14° mensilità in quanto non è un riconoscimento permanente, ma, il diritto è legato ad un decreto emesso annualmente. Quest’anno è stato emesso solo alcuni giorni prima del pagamento. Questa incertezza è indecente”, si legge ancora.



BONUS A DICEMBRE DA 155 EURO

A dicembre i pensionati riceveranno, come i lavoratori dipendenti la tredicesima. Alcuni di loro, inoltre, avranno anche un “bonus” di 154,94 euro. Non si tratta di una novità frutto di una misura di riforma pensioni, ma il risultato di una norma del 2000 che è rivolta solamente a coloro che percepiscono una pensione molto bassa. Come evidenzia fanpage.it, infatti, “il bonus pensioni viene erogato a chi nel 2019 percepisce una pensione uguale o inferiore a 6.596,46 euro. Ma il beneficio viene assegnato solo se si rispettano anche altri limiti, soprattutto quelli reddituali. In particolare, possono accedere a questa gratifica coloro i quali abbiano un reddito inferiore o uguale a 9.894,69 euro. Se il pensionato è coniugato il limite del reddito familiare da non superare è di 19.798,38 euro. Se la pensione percepita è tra il trattamento minimo e i 6.751,40 euro, invece , il bonus viene erogato calcolando la differenza tra l’importo percepito e quello minimo”. Come detto, questo bonus si aggiunge alla tredicesima rendendo la pensione di dicembre ancora più alta.

EMENDAMENTI MANOVRA, LA RICHIESTA UIL

La manovra è ancora all’esame della commissione Bilancio del Senato, dove sono arrivati più di 4.500 emendamenti, alcuni riguardanti la riforma pensioni. “Negli emendamenti ci sono proposte interessanti in tema di giovani, donne, precoci ed esodati, bisogna vedere quante di queste si concretizzeranno in misure correttive e soprattutto in che tempi. Quel che più ci auguriamo è che il Parlamento continui ad introdurre principi di equità nel sistema previdenziale, ancora oggi troppo squilibrato nei confronti delle fasce più deboli”, spiega Domenico Proietti in una dichiarazione raccolta da pensionipertutti.it. Il Segretario confederale della Uil aggiunge che “il Governo per riuscire in tale arduo compito deve continuare il confronto con il sindacato al fine di trovare, con chi ne ha consapevolezza, perché si confronta con i problemi dei lavoratori quotidianamente, le soluzioni migliori a questi temi”. Vedremo quali saranno poi gli emendamenti che verranno sottoposti al voto della commissione e con quale esito.

RIFORMA PENSIONI, I NUMERI DI OPZIONE DONNA

Secondo le stime riportate dal Sole 24 Ore, Opzione donna, misura che dovrebbe essere prorogata nella Legge di bilancio di un altro anno, nel 2019 dovrebbe essere utilizzata da circa 18.000 italiane. Il quotidiano di Confindustria evidenzia i numeri crescenti di questo strumento, che, pur essendo stata introdotto in via sperimentale nel 2004, di fatto ha avuto “successo” solo dopo la riforma pensioni targata Fornero: “7.157 pensioni liquidate nel 2012 e poi via via sempre più fino ad arrivare alle oltre 28mila del 2015, anno in cui l’opzione sarebbe dovuta uscire di scena. Quindi ci sono stati alcuni interventi di proroga, con 15.330 assegni liquidati nel 2016, poco meno di 10mila nel 2017 e 2.500 l’anno scorso”. Alla fine di settembre sono state 13.500 le pensioni liquidate con Opzione donna dall’inizio dell’anno.

OPZIONE DONNA, NECESSITÀ PIÙ CHE SCELTA

C’è però da dire che “proprio i numeri relativi a quanto accaduto quest’anno evidenziano come questo tipo di pensionamento sia prevalentemente una necessità, più che una scelta. Secondo i dati contenuti nel Resoconto sociale Inps, delle pensioni liquidate nei primi quattro mesi dell’anno solo il 33,2% riguarda lavoratrici che nel 2017 hanno guadagnato più di 13mila euro. Un altro terzo ha dichiarato zero redditi, e quasi un ulteriore 20% non ha superato gli 8.700 euro lordi all’anno”. Il che vuol dire che “più che quale forma di flessibilità pensionistica, Opzione donna viene utilizzata in buona parte per garantirsi un reddito”, anche da chi non ha più un lavoro e anche se il futuro assegno viene ricalcolato con il sistema contributivo pieno.