RIFORMA PENSIONI. Il Governo Conte 1 aveva introdotto, nel 2019, la possibilità di andare in pensione con la cosiddetta “Quota 100“, una somma tra i 62 anni di età e 38 anni di contributi, in aggiunta ai tradizionali canali di pensionamento previsti dalla Legge Fornero. Le stime del Governo prevedevano che con questa “opportunità” avrebbero potuto lasciare il posto 300 mila lavoratori, in particolare uomini del settore statale.
La misura, a carattere sperimentale, interessa, in particolare, per chi matura i requisiti entro il 31 dicembre 2021. Che fare ora quando “Quota 100” terminerà il suo periodo sperimentale? Ne hanno discusso ieri i sindacati in un incontro virtuale dove si sono interrogati, appunto, su come cambiare le pensioni, adesso.
Le tre sigle confederali Cgil, Cisl e Uil sono, quindi, tornati a chiedere al Governo di aprire al più presto un tavolo di confronto sulla previdenza. Con questa iniziativa unitaria i sindacati si sono riproposti di rilanciare i temi della piattaforma sindacale: maggiore flessibilità per andare in pensione a partire dai 62 anni di età o con 41 anni di contributi, pensione di garanzia per giovani, lavoratori discontinui e con basse retribuzioni, tutela delle donne che sono state le maggiori vittime dell’inasprimento dei requisiti pensionistici degli ultimi anni, tutela dei lavori di cura, di chi svolge lavori usuranti e gravosi; sostegno del reddito dei pensionati e rilancio della previdenza complementare e trasparenza sui dati della spesa previdenziale e assistenziale.
Le tre confederazioni chiedono, insomma, un nuovo sistema previdenziale solido, e sostenibile, che abbia ferme radici nell’occupazione di qualità. In questa prospettiva i sindacati ricordano, infatti, che senza lavoro non c’è previdenza e che un sistema previdenziale equo, ed efficace, è un prezioso strumento di coesione sociale e non solo una voce di “cattiva” spesa pubblica.
Un tema particolarmente sensibile sarà, quindi, nei prossimi anni, capire come promuovere lavoro di qualità per i tanti (troppi) che usciranno dal mercato del lavoro e in possesso di competenze “usurate” e che, anche per un’età matura, avranno difficoltà a rientrarvi attivamente. Per questo saranno necessarie, certamente, politiche attive e percorsi formativi dedicati in particolare per tutto ciò che attiene la “transizione digitale”.
Per questo, tuttavia, sarà necessario, seppur superando “Quota 100”, prevedere uno strumento flessibile che permetta a persone che hanno avuto, in passato, una vita lavorativa (e contribuiva) significativa di accedere, anche in maniera anticipata rispetto ai requisiti ordinari, a una “tranquilla” pensione e vecchiaia. Anche su questo, alla fine, si misurerà la capacità riformista, e di dialogo con le parti sociali, del Governo di #SuperMario Draghi.
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