L’IMPORTANZA DELLA RIAPERTURA

In un’intervista al Corriere della Sera, Pietro Salini ricorda l’importanza di far ripartire le attività economiche nel nostro Paese, anche ai fini previdenziali. “Conviene dirci subito come stanno le cose: se non ripartono l’economia e la produzione industriale, non riusciremo a mantenere il nostro livello di vita, i nostri stipendi e le nostre pensioni, il welfare e i diritti che abbiamo faticosamente acquisito. Oggi c’è in gioco non solo il nostro presente, ma anche il nostro futuro e quello dei nostri figli. Dobbiamo muoverci in fretta pensando a un piano a breve e un piano a lungo termine, un New Deal coordinato con tutte le forze in campo, politiche, imprenditoriali, sociali. Una parte di questo ampio disegno è rappresentato da un programma di infrastrutture pubbliche per far ripartire il Paese, salvare l’occupazione, mantenere in vita migliaia di piccole imprese”, spiega l’amministratore delegato di Salini Impregilo, ricordando che “il nemico che abbiamo dietro l’angolo è la disoccupazione”.



SPI-CGIL E LEGA SUL PIANO DELLA CAMPANIA

Il piano messo a punto dalla Regione Campania per fronteggiare l’emergenza coronavirus prevede anche una forma di integrazione per le pensioni in modo da portare, in talune situazioni, l’importo delle minime a 1.000 euro per i mesi di maggio e giugno. Lo Spi-Cgil Campania ricorda che saranno coinvolti circa 250.000 pensionati e il Segretario generale Franco Tavella, come riporta ottopagine.it, esprime un giudizio positivo sul piano, auspicando che “tale decisione possa essere adottata su tutto il territorio nazionale per aiutare milioni di cittadini anziani che sono la parte più colpita del coronavirus, ma spesso anche la parte più dimenticata”. Ugo Grassi, Senatore della Lega, evidenzia però che nel piano varato dalla Giunta guidata da Vincenzo De Luca “non ci sono fondi regionali veri e propri, tranne 14 milioni. Gli altri sono fondi europei già assegnati che vengono rispalmati e sottratti alla programmazione di infrastrutture in ritardo sul cronoprogramma. Dunque, se non si spendono entro il 31 dicembre, andranno persi”.



L’ALLARME DI GELMINI SULLA RIAPERTURA

Si continua a discutere della possibilità di riaprire alcune attività economiche con la cosiddetta fase 2 dell’emergenza coronavirus. Mariastella Gelmini fa notare che “mentre a Roma si discute però l’economia lentamente muore. L’ossigeno non arriva: alle complicazioni già previste dalle centinaia di pagine di norme già emanate, ad un decreto aprile che fatalmente diventerà ‘decreto maggio’, ad un’Unione Europea che tornerà a riunirsi con comodo fra una dozzina di giorni, si aggiungerà adesso la rincorsa ad inseguire gli allarmi di chi ritiene che le maglie del decreto liquidità siano troppo larghe per tenere alla larga gli interessi illeciti delle mafie. Che è un po’ come dire non eroghiamo le pensioni di invalidità perché potrebbero esserci dei falsi invalidi”. In un articolo sul Riformista, la capogruppo alla Camera di Forza Italia evidenzia che “migliaia di aziende, esercizi commerciali, artigiani, lavoratori autonomi, rischiano di non poter partecipare al dibattito – ancora asfittico, per la verità – sulla fase 2”, perché rimarranno senza liquidità.



LA RICHIESTA SUGLI ASSEGNI DEI POLITICI

Sul sito del Fatto Quotidiano è stato riportato il testo di una lettera scritta da Giorgio, un cittadino che si è ammalato di covid-19 e che, durante la permanenza in ospedale, ha potuto constatare la dedizione con cui il personale medico sta lavorando in questo frangente. “Chiediamo lo stesso impegno dalla parte della classe politica, che non ha dimostrato, se non con decreti – speriamo efficaci – di prevenzione, di dare una risposta concreta e una testimonianza di sacrificio personale”, scrive Giorgio, che chiede un segno tangibile: “Congelino, come sono congelate molte attività dei cittadini italiani in questo momento, le pensioni i grandi politici, i dirigenti, congeli il vitalizio chi lo riceve. Congelate lo stipendio, se il vostro stipendio supera i 5000 euro. Congelatelo per sei mesi o un anno, fatelo per il tempo necessario (d’altronde siete voi ad avere i numeri in mano: voi sapete di quanti soldi l’Italia ha bisogno)”. Dunque non un vero intervento di riforma delle pensioni dei politici, ma un segnale che sarebbe apprezzato dai cittadini.

RIFORMA PENSIONI, IL PROGETTO DI ALZARE LE MINIME

Secondo quanto riporta quifinanza.it, prima ancora dello scoppio dell’emergenza coronavirus, il Governo stava lavorando a un’ipotesi di riforma pensioni con l’innalzamento delle minime a 780 euro, un aumento di circa il 50% rispetto agli attuali 515 euro. “Una misura che richiederebbe uno sforzo economico tutt’altro che secondario, per le casse dello Stato, ma i tecnici del Tesoro e degli altri ministeri interessati sembra siano alla ricerca delle risorse necessarie per garantire un trattamento pensionistico più dignitoso e in linea con il costo della vita”, si legge nell’articolo, nel quale si ricorda che l’importo è in linea con quello della pensione di cittadinanza, per la quale ci sono però alcuni vincoli. Non a caso sono molto pochi gli assegni finora integrati con tale strumento.

IL COSTO DELL’INTERVENTO

“Stando ad alcune statistiche, in Italia ci sarebbero più di quattro milioni di pensionati che riscuotono meno di 780 euro al mese: innalzare tutti i loro trattamenti ad almeno 780 euro costerebbe alle casse dello Stato almeno 10 miliardi di euro ogni anno. Una cifra importante, insomma, che difficilmente potrebbe essere interamente finanziata con il taglio alle pensioni d’oro, come ipotizzato dal M5s”. In effetti, l’ostacolo più grande al progetto appare quello delle risorse necessarie a concretizzarlo. Resta da capire se l’emergenza coronavirus potrà rappresentare un ulteriore impedimento o al contrario una spunta a migliorare le condizioni della fasce sociali più povere in un momento di crisi generale.