LE PAROLE DI PERFETTO

Si sta parlando ancora molto di riforma pensioni, stante la mancata chiara presa di posizione sul tema da parte del Governo Draghi, forse per evitare di mettere sul tavolo un tema divisivo per la maggioranza che lo sostiene. Claudio Maria Perfetto, interpellato da pensionipertutti.it spiega che “tra volte e giravolte, quote, scalini e scaloni il Governo tecnico-politico di Draghi dovrà districarsi nel labirinto delle pensioni e trovare la via d’uscita che, forse, coincide con la via d’entrata: la Riforma Fornero. Giuste sono le istanze dei lavoratori, che reclamano piena libertà nel decidere quando ritirarsi dal lavoro. Ingiuste sono le loro rimostranze verso i tecnici, che indicano soluzioni per la sostenibilità della previdenza; andrebbero invece rivolte ai politici, che dovrebbero creare lavoro, il motore della previdenza. E della vita”. Parole piuttosto chiare che mostrano come sia difficile evitare scelte dolorose nel momento in cui la situazione demografica e occupazionale richiede di contenere la spesa pensionistica.



L’INTERVENTO DI BRAMBILLA

Il presidente di Itinerari Previdenziali Alberto Brambilla sul “Corriere della Sera Economia” è tornato su tema pensioni valutando i possibili effetti della riforma previdenziale che tra qualche mese dovrà sostituire Quota 100. «Per la pensione di vecchiaia occorre avere 67 anni di età (requisito valido a tutto il 2022) con almeno 20 anni di anzianità contributiva a patto di aver maturato un importo minimo di pensione non inferiore a 1,5 volte l’assegno sociale (693,18 euro lordi mensili) indicizzato con la media mobile quinquennale del Pil nominale. Quest’ultimo vincolo viene meno al raggiungimento di un’età anagrafica superiore di 4 anni a quella prevista per il pensionamento di vecchiaia (71 anni nel quadriennio 2019/2022). A questa età sarà liquidato l’assegno pensionistico maturato indipendentemente dal suo valore, a condizione di poter far valere almeno 5 anni di contribuzione effettiva», scrive l’ex economista della Lega. Per quanto riguarda invece i contributivi puri – che hanno iniziato a lavorare dal 1996 in poi – «è prevista anche la pensione di vecchiaia anticipata, con un anticipo fino ad un massimo di 3 anni rispetto all’età prevista (oggi 67 anni), se in possesso di almeno 20 anni di contribuzione ed un importo minimo di pensione non inferiore a 2,8 volte l’assegno sociale cioè una rendita di 1.294 euro lordi al mese che corrisponde in media a uno stipendio mensile lordo da lavoro di circa 1.850 euro; non proprio alla portata di tutti i lavoratori». Resta svantaggioso l’importo e la misura, per quanto finora è stata delineata: «diviene indispensabile equiparare la condizione dei contributivi puri che la riforma Fornero ha molto svantaggiato con quella degli altri lavoratori eliminando i vincoli di accesso alla pensione pari a 2,8 volte il minimo per la vecchiaia anticipata e 1,5 volte il minimo per la vecchiaia con il rischio di aumentare da 67 anni a 71 anni l’età di pensionamento».



GLI INCROCI TRA RIFORMA PENSIONI E RIFORMA FISCALE

Antonio Maglio, Segretario generale regionale della Fnp-Cisl Campania, spiega che durante il consiglio generale della Fnp di Salerno “abbiamo affrontato tutti i problemi che attanagliano i pensionati rispetto al sistema fiscale. Sia per quanto riguarda il tavolo aperto col governo rispetto alla riforma che viene avanti col Ministro del Lavoro per la separazione da assistenza e previdenza e rendere le pensioni meno gravose rispetto al problema fiscale”. Il sindacalista, come riporta salernotoday.it, evidenzia in particolare che “le tasse che in Italia pagano i pensionati sono uguali rispetto ai dipendenti ma senza avere il ripristino del sistema pensionistico. Ci auguriamo il problema possa essere risolto col ministro del Lavoro al più presto perché riguarda tutti i pensionati d’Italia”. Per il Segretario generale della Ust Cisl Gerardo Ceres occorre “una riforma del fisco che sgravi i redditi da pensione dal gravame che abbiamo conosciuto nel recente passato”. Dunque i temi della riforma delle pensioni e di quella del fisco sembrano incrociarsi.



LE PREOCCUPAZIONI DEI COMUNICATORI

ReteCom, la Rete delle associazioni per la comunicazione e il management, in una nota si chiede quale tipo di allargamento della platea dell’Inpgi abbia in mente la sua Presidente Marina Macelloni avanzando la sua proposta di misura di riforma pensioni efficace per l’istituto previdenziale dei giornalisti. “Quanti Comunicatori servirebbero? Come sarebbero individuati? Con quali criteri sono stati effettuati i calcoli attuariali? Su quali retribuzioni medie annue? E ancora: quali dei molteplici profili professionali della Comunicazione sarebbero coinvolti? Solo chi produce contenuti a nome e per conto delle aziende e delle organizzazioni (contenuti che nulla a che fare con il diritto all’informazione e la libertà di stampa)? Grafici? Web master? Pubblicitari? Content marketing?”. Intanto il Cda dell’Enpam ha deciso di accettare l’offerta del fondo Apollo da 842 milioni per il suo patrimonio immobiliare iscritto a bilancio per un valore di 686 milioni, così da rafforzare la sostenibilità del sistema previdenziale di medici e odontoiatri.

RIFORMA PENSIONI, LE STIME SUL CONTRATTO DI ESPANSIONE

In un articolo pubblicato su Repubblica viene spiegato che il contratto di espansione, considerato ormai una misura di riforma pensioni, dopo l’ampliamento della sua applicazione alle imprese con almeno 100 dipendenti (rispetto ai 250 precedentemente previsti) approvato con il Decreto sostegni bis “aiuterà a prepensionare 4.500 persone. Si arriva a 10.500 nel 2021 con la norma Conte. Neanche il 4% di quanti ogni anno vanno in pensione anticipata. E il 2% dei pensionamenti totali. Non solo. Dalle prime simulazioni uscire a 62 anni, a cinque dalla pensione di vecchiaia, comporta perdite pesanti subito e permanenti poi. Con l’assegno decurtato ora di quasi un quarto e per sempre del 10-15%, calcola Progetica. A vita media di 82 anni, un lavoratore con stipendio netto da 2 mila euro al mese rinuncerebbe a quasi 80 mila euro netti, 122 mila lordi, simula la Cgil”.

LE PAROLE DI GHISELLI E LANDINI

Secondo Roberto Ghiselli, Segretario confederale della Cgil, il contratto di espansione presenta delle criticità che vanno risolte, “se vogliamo far funzionare uno strumento che si rivela parziale e rischia di essere penalizzante per i lavoratori, specie le donne”. Il Segretario generale della Cgil Maurizio Landini, intanto, ospite della trasmissione Mezz’ora in più, come riporta globalist.it ha evidenziato che “la riforma fiscale non è una passeggiata, così come quella delle pensioni che bisognerà fare entro la fine dell’anno. Sono riforme decisive nei rapporti. Giovedì il confronto con il governo è andato bene, ma deve diventare la regola”.

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