I DATI SULLE PENSIONI DI CITTADINANZA
Nelle ultime settimane, oltre che dei tagli agli assegni derivanti dalla riforma pensioni, si è parlato anche delle pensioni di cittadinanza. In un articolo pubblicato su Il Giornale, si legge che “se il reddito di cittadinanza è entrato più o meno a regime con la ricarica del secondo assegno di maggio, non si può certo affermare lo stesso per l’integrazione pensionistica”. Questo perché “da un’attenta osservazione tra i numeri in possesso dei Caf, dell’Inps e quelli di Poste spa, è venuto fuori che, fino a oggi, sono 438 gli italiani che hanno ottenuto la card che gli consentirà di ricevere la pensione di cittadinanza. Una cifra davvero ridicola che nemmeno tocca l’1% degli aventi diritto. I restanti beneficiari sono stati gli stranieri: circa 56mila in tutto nel mese di aprile”. Si tratta di numeri che risultano in primo luogo inferiori ai quelli dei titolari di pensione sotto i 780 euro al mese. Ma d’altro canto queste cifre sembrano anche confermare che nelle fasce più povere è elevato il numero di cittadini stranieri.
RIFORMA PENSIONI, I TAGLI DEL GOVERNO
Tra pochi giorni il Governo Conte compirà un anno di vita, contraddistinto anche dalla misure di riforma pensioni come Quota 100. In un articolo su Il Giornale, Pasquale Napolitano punta in particolare l’attenzione sui tagli operati dall’esecutivo, evidenziando in particolare il fatto che proprio a giugno arriveranno dei tagli sulle pensioni degli italiani. “A giugno, con il compleanno del governo giallo-verde, arriverà il taglio per gli assegni della pensione a 6 milioni di italiani. Ma la mannaia colpirà non i pensionati che guadagnano cifre blu ma quelli che hanno un assegno a partire da 1.500 euro lordi al mese. Il ministro del Lavoro Luigi di Maio taglia tutto: dai posti di lavoro alle pensioni. Ma il proprio stipendio non si tocca. E la politica dei tagli, con il decreto dignità, ha terrorizzato gli imprenditori che con le regole da Stato cubano introdotte dal governo giallo-verde, non possono più assumere”, scrive Napolitano, con un accento che sembra in particolare critico verso le posizioni del Movimento 5 Stelle e i provvedimenti su cui ha più spinto.
RIFORMA PENSIONI, LO STUDIO DELLA UIL
Si sta parlando molto in questi giorni del blocco parziale delle indicizzazioni contenuto nella riforma pensioni e dei suoi effetti. Uno studio della Uil fa emergere che “una pensione che nel 2011 era pari a 1.500 euro lordi mensili, subirà una perdita complessiva pari a 73,77 euro al mese, 959,06 euro annui. Questa differenza sarà destinata a crescere per effetto dei blocchi previsti anche per i prossimi 2 anni, fino al 2021”. Invece, “un assegno pari, sempre nel 2011, a 1.900 euro lordi mensili (importo tra le 4 e le 5 volte il minimo) ha subìto nel corso di questi 8 anni un mancato incremento pari a circa 1.489,64 euro lordi annui, -6,03%. Ciò si traduce in circa 1 mensilità netta in meno che il pensionato non percepirà non solo quest’anno: dato l’effetto permanente delle misure la perdita d’importo sulla pensione sarà tale anche per i prossimi anni. Anzi, essendo il blocco previsto anche per il 2020 e il 2021, il danno per i pensionati è destinato a crescere”.
I RISPARMI PER LO STATO
Lo studio calcola anche che “gli effetti del mancato adeguamento genereranno, secondo le stime, risparmi lordi per lo Stato pari a 3,6 miliardi di euro nei prossimi 3 anni, che per trascinamento diverranno 17,3 miliardi di euro nei prossimi 10 anni”. Per il Segretario Confederale Domenico Proietti, “si deve porre fine a questo prelievo forzoso a discapito di milioni di pensionati. Per la Uil è necessario ripristinare la piena indicizzazione delle pensioni e recuperare il montante perso in questi anni.” Motivo per cui ci sarà anche la manifestazione unitaria sindacale del 1° giugno in Piazza del Popolo a Roma.