QUOTA 100 E ITALIA VIVA

Intervenendo su Radio Cusano Campus, nel corso della trasmissione “L’Italia s’è desta”, Luciano Nobili ha parlato di Italia Viva e della proposta di cancellazione della riforma pensioni con Quota 100. “Si parla di Italia Viva come il soggetto che vuole mettere in crisi il governo. Noi teniamo a questo governo, tanto che l’abbiamo fatto nascere. Siamo talmente leali a questa maggioranza che abbiamo già votato in Parlamento cose che non ci convincono per niente, come la riduzione del numero dei parlamentari che noi volevamo fare in un altro modo. Fatta così, questa è una riduzione non solo inutile ma anche dannosa. Non eravamo convinti ma l’abbiamo votata perché ci teniamo a questa esperienza di governo. Così faremo per le altre misure, però vogliamo discutere, ad esempio su Quota 100 che riteniamo una misura profondamente ingiusta. È una misura bandiera di Salvini e se questo governo è nato per mandare a casa Salvini non si capisce perché Conte sia rimasto programmato ancora col governo Conte 1. Sono stati investiti 20 miliardi di euro, se l’abolissimo oggi risparmieremmo tra gli 8 e i 10 miliardi e potremmo investire sui giovani e sul tagliare le tasse ai lavoratori”, ha detto Nobili.



FAMIGLIE E GIOVANI DIMENTICATI

La riforma pensioni continua a far discutere in queste settimane in cui il Governo è riuscito a mettere a punto una Legge di bilancio che dovrà poi essere esaminata e votata dal Parlamento. Per Vincenzo Boccia, “Quota 100 rappresenta un Paese che guarda al mondo delle pensioni e che guarda poco ai giovani”. Secondo quanto riporta il sito di Milano Finanza, il Presidente di Confindustria, all’inaugurazione del nuovo stabilimento di Cti Foodtech, ha evidenziato che “l’obiettivo della politica dovrebbe essere costruire un grande piano inclusione giovani: dovremmo guardare avanti a noi, non dietro. Giovani e lavoro dovrebbero essere gli obiettivi prioritari di questo Paese”. Sulla stessa linea si pone anche Gigi De Palo. Secondo quanto riporta l’Agenzia Sir, il Presidente del Forum delle associazioni familiari evidenzia che “in un Paese in cui la spesa per le pensioni sta sfiorando il 60 per cento mentre quella per le cure familiari non supera il 6 per cento occorre con urgenza una ‘cura da cavallo’ che riequilibri la situazione. La ricetta per cambiare le cose passa necessariamente dall’assegno unico per figlio”.



LA POSIZIONE DEL CODS

Con due differenti post su Facebook, Orietta Armiliato affronta il tema della riforma pensioni. In uno spiega che inserire nella Legge di bilancio la Quota 100 rosa, che prevederebbe 36 anni di contributi anziché 38 per le donne, “sarebbe un primo passo nel percorso di valorizzazione del welfare gratuito che le donne italiane elargiscono riconosciuto da tutti ma solo virtualmente, utilizzando quanto stanziato a copertura lo scorso marzo per Quota 100 e che, numeri Inps e RgS alla mano, risulta essere sovrastimato”. In un secondo post, sempre sulla pagina del Comitato Opzione donna social, Armiliato spiega che “le Donne sono stanche di leggi ondivaghe che oggi ci sono e domani non ci sono più, sono stanche del ‘di anno in anno’ che non consente alcuna pianificazione come si conviene a chi vuol vivere un futuro con un minimo di serenità. Le norme sulle pensioni devono essere regolamentate con requisiti dichiarati, inamovibili ed a tempo indeterminato. Inserire Opzione donna al 2023 nella LdB è doveroso ancorché equo”.



L’ERRORE DEL PD

In un articolo pubblicato su irpinanews.it non si risparmiano critiche all’atteggiamento che sta tenendo il Partito democratico ora che è al Governo, che appare troppo accondiscendente verso le istanze del Movimento 5 Stelle, anche in tema di riforma pensioni. Michele De Leo scrive che “una manovra finanziaria tutta lacrime e sangue imponeva, in primis, quanto meno di rivedere i cavalli di battaglia del Governo gialloverde: quota 100 ed il reddito di cittadinanza. Invece, hanno prevalso la posizione dei Cinque Stelle e la logica di non scontentare chi, con il precedente Esecutivo, ha raggiunto posizioni di favore immeritate”. In particolare, si legge nell’articolo, “il provvedimento sulle pensioni – che non manda in pensione la Riforma Fornero – ha accontentato tanti che avrebbero potuto ancora rimanere in attività e ha pesato troppo, finanziariamente, su un Paese già in grande difficoltà. Il prezzo lo pagheranno, manco a dirlo, le prossime generazioni”. Un affondo alle scelte dei dem, che per De Leo potrebbe essere pagate care già con il voto in Umbria.

LE MANIFESTAZIONI PRONTE

Venerdì 15 novembre Fillea-Cgil, Filca-Cisl e Feneal-Uil manifesteranno in 100 piazze italiane per chiedere un rilancio del settore edile. “Chiediamo una vera politica industriale nei settori dell’edilizia e dei materiali, il rilancio delle infrastrutture, la riqualificazione e messa in sicurezza del territorio, la riforma delle pensioni e del fisco, un impegno più forte sulla legalità, con il rafforzamento del Durc, la diffusione della congruità, l’attuazione della patente a punti, un inasprimento delle pene, una reale riforma del Codice degli appalti, che riduca il ricorso al subappalto e il numero delle stazioni appaltanti e favorisca il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa”, spiegano i Segretari generali Alessandro Genovesi, Franco Turri e Vito Panzarella, secondo quanto riporta il sito di Rassegna sindacale. Il 16 novembre, invece, saranno i pensionati a scendere in piazza. E come spiega ilikepuglia.it, domani a Bari si terrà un attivo regionale unitario di Spi-Cgil, Fnp-Cisl e Uilp-Uil per preparare la manifestazione.

LA PROTESTA SUI 53 CENTESIMI IN PIÙ PER LE PENSIONI

Con la manovra dovrebbe arrivare una misura di riforma pensioni volta ad aumentare la rivalutazione di alcuni assegni (quelli compresi tra 1.500 e 2.000 euro al mese), in modo che diventi piena rispetto all’attuale “blocco parziale”. Una misura che non convince i sindacati. Gigi Bonfanti, Segretario generale della Fnp-Cisl, secondo quanto riporta Milano Finanza spiega che “dare 53 centesimi in più al mese ai pensionati è una cosa scandalosa. Il Governo non si rende conto probabilmente che erogare una cifra così bassa in più al mese a un pensionato corrisponde alla possibilità di non potersi comprare nessun bene necessario, ma giusto forse solo una caramella”. L’Eco di Bergamo riporta invece le parole di Caterina Delasa, Segretaria generale Fnp-Cisl Bergamo, secondo cui “il governo crede di far passare il mantenimento di un diritto e di un’opportunità per i lavoratori come una conquista, mentre questo rappresenta l’ennesima presa in giro nei confronti di chi ha pagato per decenni i contributi previdenziali”.

RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI SACCHI

Per Stefano Sacchi, Quota 100 è “una misura sbagliata, iniqua, che introduce discriminazioni tra soggetti simili. Ma eliminarla prima della scadenza naturale sarebbe un suicidio politico”. In un’intervista a L’Economia, l’inserto settimanale del Corriere della Sera, il Presidente dell’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp) avanza comunque una proposta di riforma pensioni, mediante la messa in cantiere, da subito di “un ammorbidimento dello scalone che arriverà tra il 2021 e il 2022, ripristinando quella flessibilità tolta dalla riforma del 2012”. Concretamente questo vorrebbe dire “dare a chi è nel sistema misto – in parte retributivo, in parte contributivo – la possibilità di andare in pensione con le regole del contributivo, 3 anni prima. A patto che la pensione sia pari almeno a 2,8 volte l’assegno sociale, circa 1.280 euro la mese”.

COME AMMORBIDIRE LO SCALONE DI QUOTA 100

Il Professore di Scienza politica all’Università di Milano ricorda che cancellare Quota 100 “fornirebbe alle opposizioni una formidabile occasione per guadagnare consenso” e ci sarebbe anche il rischio di creare “60/70 mila esodati, persone che nel frattempo hanno preso già accordi con le aziende per uscire proprio con Quota 100”. Sacchi spiega anche che con la sua “proposta” lo Stato spenderebbe al massimo 2 miliardi l’anno nei primi tre anni, mentre “chi lascia il lavoro prima perderebbe circa il 15% dell’assegno”, ma tale decurtazione potrebbe essere anche contenuta “a fronte di un intervento pubblico, che farebbe salire gli oneri per lo Stato”.