NUOVI RISPARMI DA QUOTA 100

Il Sole 24 Ore ha visionato i dati del monitoraggio Inps, aggiornato a metà settembre, sulla spesa effettiva relativa alla riforma pensioni con Quota 100 e ai pensionamenti anticipati con il blocco dell’aspettativa di vita. Rispetto a quanto stimato a gennaio, c’è stato un risparmio di 1,767 miliardi di euro, cifra superiore a quella indicata dall’esecutivo Conte-1 a luglio. Le domande accolte per Quota 100 sono circa 114.000, mentre sono più di 59.000 quelle per il pensionamento anticipato. Dunque potrebbero esserci più risorse a disposizione alla fine dell’anno per diminuire il deficit o per finanziare altre spese, posto che sembra difficile che i risparmi restino nel fondo per Quota 100 e Reddito di cittadinanza. Pasquale Tridico, parlando al Forum Ansa, ha detto che i risparmi stimati per le due misure ammontano a 2,5 miliardi, di cui 1,5 relativi a Quota 100. Vedremo quale sarà la scelta del Governo Conte-2 sull’utilizzo di queste risorse che sicuramente saranno utili vista la difficoltà a far quadrare i conti nella manovra.



RENZI E SALVINI SU QUOTA 100

Botta e risposta a distanza tra Matteo Renzi e Matteo Salvini sulla riforma pensioni. L’ex Premier, intervenendo stamane a Radio 24, nel corso della trasmissione 24 Mattino, ha detto che se fosse ministro eliminerebbe Quota 100, “ma il ministro Gualtieri ha escluso questa ipotesi”. Già nei mesi scorsi il fondatore di Italia Viva aveva criticato la misura previdenziale varato dal Governo Conte-1. Matteo Salvini, durante il suo tour elettorale in Umbria, sempre stamattina, stando a quanto riporta l’Agi, ha dichiarato: “Qualcuno della sinistra vuole fermare Quota 100 e tornare alla Fornero. Dovranno passare sui nostri corpi, li terremo chiusi in parlamento giorno e notte”. Due visioni diverse quindi sulla norma riguardante il sistema previdenziale vigente. In ogni caso Quota 100 sembra destinata a restare in vigore, viste le dichiarazioni in tal senso arrivate dagli stessi esponenti del Governo. Resta da capire se verranno fatte delle modifiche com’è stato ipotizzato, in particolare sul numero di finestre annuali per l’ingresso in quiescenza.



ESODATI ANCORA IN ATTESA

Gli interventi di riforma pensioni che si sono succeduti dopo la Legge Fornero hanno ancora lasciato irrisolta la situazione di circa 6.000 esodati esclusi dalle otto salvaguardie finora approvate. Per questo Luigi Metassi, amministratore del Comitato Esodati Licenziati e Cessati, evidenzia che se giustamente ci si preoccupa di non creare altri esodati interrompendo Quota 100 prima della sua naturale scadenza, “a maggior ragione ci si deve preoccupare di sanare le ferite ancora aperte, senza rifugiarsi dietro a sterili affermazioni di mero principio o ad ondivaghe ricerche di ambigue ‘soluzioni’. Non ci sono ‘soluzioni’ da ricercare per gli esodati; c’è una salvaguardia da proporre e far approvare per sanare le discriminazioni introdotte dalla VIII salvaguardia. Questo si attendono i 6.000 esodati da questo governo e ancor più si attendono, in termini di autorevoli indicazioni, da chi, più di tutti e con profonda conoscenza del dramma in essere, ha caratterizzato gran parte delle precedenti salvaguardie”.



RIFORMA PENSIONI, QUOTA 100: IL PENSIERO DI TRIDICO

Il presidente dell’INPS, Pasquale Tridico, ha parlato della misura Quota 100, smentendo eventuali modifiche da parte del nuovo esecutivo composto dal M5s e dal Pd: “Non mi risulta che ci saranno dei cambiamenti – le parole ai microfoni di La7 – del resto è un’opzione, così come un’altra, e tra tre anni tutto tornerà come prima“. In vista di una futura riforma pensionistica, il numero uno dell’Inps ha aggiunto: “Penso che nel futuro bisognerà fare una riflessione. Ci sono degli accorgimenti e delle modifiche che si possono fare. Questo Governo adesso ha il tempo di riflettere. A mio parere si potrebbe, come ho visto nel programma condiviso Pd-M5S, istituire un fondo integrativo pubblico che possa funzionare anche da pensione di garanzia per i giovani. Sarebbe uno strumento importante che consentirebbe una maggiore flessibilità al sistema pensionistico”. Infine, per quanto riguarda l’opzione Quota 41, Tridico spiega: “E’ un’opzione, però qualcosa bisogna pensare, con un’età minima che potrebbe essere, ad esempio 57 anni. Il punto è che un giovane che inizia a lavorare a 30 anni con 41 di contributi andrebbe in pensione a 71 anni, posto che riesca a lavorare così tanto”. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)

IL SISTEMA ETT DA CAMBIARE

“Quota 100 è un problema che deve essere risolto. Se il privato deve pagare quello che può, il pubblico deve limitarsi a pagare quello che è ragionevole. E non è ragionevole pagare la pensione quando le persone sono ancora in età da lavoro”. Queste le parole di Mauro Marè, Presidente di Mefop, intervistato dal Messaggero, secondo cui nel nostro Paese occorrerebbe, nell’ambito di una riforma pensioni, guardare anche alla previdenza complementare. “Noi abbiamo ancora un sistema ETT, per chi ama gli acronimi la E sta per esenzione, le T stanno per tassazione. L’esenzione fiscale riguarda solo la raccolta. Si tassa invece sia il rendimento che la prestazione. Nei Paesi dove la previdenza complementare è sviluppata vige un sistema EET. L’esenzione fiscale spetta sia alla raccolta che al rendimento. Si tassa solo (e poco) la prestazione finale”, evidenzia Marè, evidenziando come in ogni caso sia fondamentale la crescita dell’economia sia per poter avere le risorse necessarie a finanziare il sistema di welfare.

LA PROPOSTA DI MUCCHETTI

In un intervento su firstonline.info, Massimo Mucchetti evidenzia che i tassi di interessi vicini allo zero rischiano di diventare un serio problema per i fondi pensioni nel medio lungo termine. Di questo bisognerebbe tenere conto quando si parla di riforma pensioni. Per il giornalista, “il governo giallorosso potrebbe battere un colpo nel segno della concorrenza: non la finanza che si aggiunge alla previdenza pubblica, oligopolio che si aggiunge a monopolio, ma la finanza che compete con la previdenza pubblica nell’integrazione pensionistica”. Dunque un cambiamento importante nel sistema, che farebbe anche in modo che la contribuzione previdenziale aggiuntiva vada “ad aumentare le entrate pubbliche, e dunque costituirebbe un investimento nel Paese, mentre i versamenti al fondo Inps non avrebbero questo effetto collaterale interessante e i versamenti ai fondi privati continuerebbero a finanziare il resto del mondo in ossequio al principio della diversificazione dei rischi”. Vedremo se questa proposta verrà o meno presa in considerazione.

RIFORMA PENSIONI, LA SITUAZIONE DELLA COMPLEMENTARE

I sindacati hanno chiesto al Governo, nel corso dell’ultimo incontro, un intervento di riforma pensioni per rilanciare la previdenza complementare. Camillo Linguella, in un intervento su finanza.com, evidenzia che in effetti, “la sensazione che si ha, quella ‘percepita’ è che il secondo pilastro sia finito in un cono d’ombra, e che vive una fase di stagnazione come se si fosse entrati in una morta gora, da cui sarà difficile poterne uscire”. Dal suo punto di vista, la responsabilità maggiore di questa situazione è dei “provvedimenti del precedente governo e la filosofia che li sottende. Parliamo del reddito di cittadinanza e di quota 100 ed i provvedimenti collegati, come il riscatto dei periodi non lavorati e il riscatto laurea low cost”.

IL PROBLEMA DA AFFRONTARE

Questi due ultimi provvedimenti, ricorda Linguella, sono “atti a costruire un’anzianità contributiva a chi altrimenti non potrebbe raggiungere il diritto alla pensione. Il che è cosa buona e giusta”. Come pure la tendenza alla fiscalizzazione degli oneri per il welfare. “Di fronte ad una forte ripresa economica, non ci sarebbe nessun problema. Ma poiché questa ripresa, se ci sarà, avrà tempi molto lunghi, qualcuno poi dovrà pagare e non certamente mettendo delle tasse sulle merendine (idea che fra l’altro è già stata bocciata)”, sottolinea Linguella, che aggiunge: “Ma se anche tutto questo fosse realizzato, non basterebbe a cancellare la bontà della complementare. Perché, voglio ricordare che i riscatti previsti dal DL 4/19 sono determinanti per raggiungere il diritto, cioè i 20 anni di lavoro, ma per l’ammontare della pensione occorre comunque una pensione aggiuntiva se si vuole un importo adeguato”.