Riforma pensioni, Quota 100 e reddito di cittadinanza sono state le bandiere del Governo giallo-verde (anche se ognuna delle due forze politiche ha preferito far sventolare la sua). Dall’applicazione dei due istituti si trae il seguente bilancio: non solo hanno fallito nei loro obiettivi (creare occupazione tramite l’effetto sostituzione anziani/giovani e debellare la povertà), ma non sono riusciti nemmeno a interessare più di tanto le platee a cui erano rivolti. I dati della tabella 1 sono del tutto eloquenti: la prima riga si riferisce a quota 100, la seconda al pensionamento ordinario di anzianità ex Fornero, i cui requisiti, solo contributivi, sono bloccati fino a tutto il 2026, a 42 anni e 10 mesi per gli uomini (un anno in meno per le donne), per quanto riguarda l’adeguamento automatico all’incremento dell’attesa di vita.
Tabella 1. Domande pervenute e accolte – dettaglio di genere, dell’età media e della durata media delle tre misure introdotte dal D.L. 4/2019 convertito in Legge 26/2019
Fonte: Inps, Monitoraggio al 10 giugno u.s.
Come si può notare, tranne che nel caso di Opzione donna, i maggiori beneficiari delle misure pensionistiche giallo-verdi sono stati i lavoratori maschi residenti al Nord. Che farà il nuovo Governo? I ministri competenti, sia la titolare del Lavoro Nunzia Catalfo, sia il superministro del Mef Roberto Gualtieri hanno dichiarato che le misure andranno a scadenza, anche perché nei prossimi anni vi sono previsioni di ulteriori assottigliamenti delle richieste. Il fatto è che quota 100 è solo una parte del problema: se essa “chiuderà bottega” il 31/12/2021, l’anzianità senza adeguamento (ADV) produrrà i suoi effetti (rilevanti) fino a tutto il 2026. E comunque, se anche alle scadenze delle deroghe, si ritornasse al regime Fornero, le prestazioni erogate continuerebbero a pesare sui conti.
La Ragioneria Generale dello Stato (che con il nuovo Governo può tornare a dire la sua senza essere invitata a candidarsi per averne il diritto) ha tirato le somme. Nell’insieme, le misure potrebbero costare 63 miliardi in totale tra il 2019 e il 2036. E lo scostamento nell’arco temporale 2019-2021 rispetto al livello di spesa precedente sarebbe pari a 0,50 punti di Pil ovvero 8,8 miliardi di euro all’anno. Già; e l’occupazione? Un altro flop. Secondo stime della Fondazione Studi dei consulenti del lavoro, solo il 37% dei pensionati per quota 100 (e dintorni) sono sostituiti da under trentenni. Quasi due prepensionamenti su tre hanno interessato aziende del nord Italia (36,6% nord-est e 26,5% nord-ovest), ai quali si aggiunge un 20,6% di prepensionamenti nelle regioni del centro Italia.
Veniamo ora al RdC di cui il Governo promette “un miglioramento”. Sulla base dei dati del relativo Osservatorio, ai primi di settembre, sono complessivamente 1.460.463 le domande pervenute all’Inps, di cui 960.007 accolte, 90.812 in lavorazione e 409.644 respinte o cancellate. Un quinto delle famiglie percepisce meno di 200 euro. In media, 450 euro. Le famiglie numerose arrivano a circa 600 euro. Come si vede, sono numeri lontani dalle stime e dalle aspettative. I grossi risparmi di spesa rispetto a quanto messo in bilancio per il RdC potrebbero confluire – col nuovo Governo – nell’adeguamento della normativa volto a rendere possibile (nella pratica oggi non lo è) l’accesso anche agli stranieri, le cui domande sono al momento sospese per mancanza di documentazione, necessaria per ottenere il reddito di cittadinanza ma non ottenibile perché non è mai stato emanato il decreto ministeriale che avrebbe dovuto stabilire i Paesi nei quali è oggettivamente impossibile procurarsela.
In sostanza i veri poveri sono gli stranieri e costituiscono una parte significativa di quei 4,8milioni di indigenti che di solito vengono considerati tutti italiani. Osservando i dati locali, si evince che gran parte dei benefici – comunque meno di 600mila – sono stati erogati nelle regioni del Sud Italia e nelle Isole (55,6%). Seguono le regioni del Nord (27,9%) e quelle del Centro (16,4%). I dati si riferiscono anche ai percettori di Pensione di cittadinanza. Il ritardo più vistoso riguarda la questione dei Navigator. In pratica, l’unica cosa che finora hanno potuto fare – laddove sono in effetti partiti con le attività – è stato quella di aiutare gli impiegati dei entri per l’impiego a fissare i colloqui e a svolgere gli incontri. Non vi è ancora traccia del pezzo forte della piattaforma (per la quale è stato importato Mimmo Parisi dall’Università del Mississippi) che avrebbe dovuto far incontrare domande e offerte di lavoro.