RIFORMA PENSIONI, GUALTIERI SU QUOTA 100

Sembra destinata a morire l’opzione “quota 100”. La misura fortemente voluta dalla Lega per permettere un ritiro dal lavoro in anticipo, non rientra nei programmi del governo, e si concluderà il 31 dicembre del 2021, quando scadrà. Parlando a Piazza Pulita, su La7, il ministro dell’economia Roberto Gualtieri ha specificato: “Quota 100 fortunatamente andrà ad esaurimento e noi certo non la rinnoveremo. Magari faremmo qualche manutenzione. Comunque non l’avrei mai fatta”. Dichiarazioni che lasciano pochi dubbi in merito all’efficacia della stessa misura secondo l’attuale governo composto dal Movimento 5 Stelle e dal Partito Democratico. Secondo Gualtieri esiste un problema pensionistico, e anche la precedente legge Fornero non era perfetta: “ma concentrare una massa così alta di risorse – ritorna su Quota 100 – in una misura che riguarda un bacino relativamente ridotto di persone rispetto ad un paese che non ha risorse illimitate sicuramente non è stata una scelta felice”. Il titolare del Tesoro spiega che comunque non sarà semplice cambiare le carte in tavola: “è molto complicato e controproducente – ammette – smontare costantemente quello che c’era prima soprattutto quando si sono determinati diritti acquisiti, delle persone stanno andando in pensione. Non è serio cambiare” le regole dall’oggi al domani”. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



LO SCALONE DOPO QUOTA 100

Il Sole 24 Ore ricorda che la riforma pensioni con Quota 100, secondo quanto confermato anche dai membri del Governo, continuerà fino alla sua naturale scadenza alla fine del 2021. Questo vuol dire però che dal 2022 rischia di crearsi uno “scalone” ben più impervio di quello della riforma Maroni. Basterà infatti essere nati nel 1960 e non nel 1959 per trovarsi ad attendere cinque anni in più per l’accesso alla pensione, che non sarà più a 62 anni, ma oltre i 67. Il quotidiano di Confindustria si spiega con un esempio. Giovanni e Luca hanno lavorato 38 anni nella stessa azienda solo che il primo è nato nel dicembre del 1959 e il secondo gennaio nel gennaio del 1960. Giovanni andrà in pensione (se lo vorrà) a 62 anni, mentre Luca dovrà optare tra un pensionamento anticipato con 42 anni e 10 mesi nel 2026 o il pensionamento di vecchiaia con 67 anni e nove mesi, addirittura nel 2029”. C’è quindi da chiedersi se verranno presi dei provvedimenti per quelli che nell’articolo vengono definiti, con un uso errato del termine, “gli esodati di Quota 100”.



L’INPS AL RECUPERO PER LE INDICIZZAZIONI

Come noto, la riforma pensioni oltre a Quota 100 ha introdotto un blocco parziale delle indicizzazioni, che è però diventato effettivo durante l’anno. Inizialmente, quindi, l’Inps ha erogato le pensioni con la rivalutazione piena, salvo procedere poi con il recupero. Con metodi che ultimamente si stanno rivelando forse un po’ eccessivi, come spiega Repubblica. C’è infatti chi ha ricevuto dall’Inps un avviso, con mav per il pagamento allegato, per chiedere la restituzione della pensione erogata in più. Un avviso in cui si dice anche che “in caso di mancato pagamento, l’Inps è tenuto per legge a recuperare il credito attraverso l’Agente di riscossione”. Non ci sono dati sul numero di pensionati che abbiano ricevuto un tale tipo di comunicazione, posto che in moltissimi casi l’Inps ha già proceduto al recupero automatico delle somme erogate in più direttamente dalle pensioni degli ultimi mesi. Non sembra intanto che il Governo voglia cancellare il blocco delle indicizzazioni, nonostante le richieste dei sindacati in tale senso.



BONOMI CONTRO QUOTA 100

Il mondo legato a Confindustria non ha mai nascosto le proprie perplessità sulla riforma pensioni con Quota 100 e sul Reddito di cittadinanza. Carlo Bonomi è stato tra i più netti nel schierarsi contro queste due misure e in occasione dell’Assemblea generale di Assolombarda ha chiesto all’esecutivo di fermare “l’esperimento negativo di Quota 100” e “l’espianto delle politiche del lavoro, dal reddito di cittadinanza”. Come riporta Ansa, Bonomi ha anche evidenziato che “non servono pochi miliardi di abbattimento del cuneo, ne servono almeno 13 o 14, non certo i 2 miliardi e qualcosa di cui leggiamo nella Nadef”. Il presidente di Assolombarda ha anche chiesto all’esecutivo, in vista della Legge di bilancio: “Non parlateci di nuovo umanesimo e di nuovo rinascimento, questa volta stupiteci!”. Resta il fatto che il Governo ha già fatto sapere che Quota 100 e Reddito di cittadinanza ci saranno anche nel 2020. All’assemblea di Assolombarda ha preso parte anche il Premier Giuseppe Conte.

LE PAROLE DI RENZI E FORNERO

Matteo Renzi è tornato a rilasciare dichiarazioni contro la riforma pensioni con Quota 100. L’ex Premier, ospite della trasmissione Otto e mezzo, ha infatti detto di sperare in un ripensamento da parte del Governo circa il prosieguo della misura varata dal precedente esecutivo. È noto infatti che per il fondatore di Italia Viva sarebbe meglio utilizzare le risorse che si risparmierebbero per interventi a favore dei giovani. Tuttavia ha anche esplicitato che non porrà Giuseppe Conte di fronte a una scelta, perché non intende far vacillare il Governo per questa sua scelta. Sempre dagli schermi di La 7, in questo caso però durante la trasmissione Tagadà, Elsa Fornero, che ritiene invece non saggio cancellare Quota 100, ma semmai depotenziarla nel 2021, ha aperto alla possibilità di un confronto con Matteo Salvini che ha finora evitato (i due sono al massimo stati ospiti nella stessa trasmissione, ma in momenti diversi). L’ex ministra del Lavoro ha infatti detto che prima o poi accetterà questo genere di confronto per  spiegare al leader della Lega cos’è e come funziona un sistema pensionistico.

CREMASCHI: LEGGE FORNERO VA ABOLITA

Repubblica ha recentemente intervistato Anna Rosa Pavan, 75enne che ha iniziato a lavorare a 14 anni e che non ha intenzione di andare in pensione. Giorgio Cremaschi ha scritto in merito un post sulla sua pagina Facebook, in cui evidenzia come l’enfasi posta dal quotidiano romano al caso sia sospetta. “Le campagne liberiste contro i diritti del lavoro sono sempre tutte cominciate così: scegliere una situazione fuori dal normale per presentarla come normale e spiegare così che sono i lavoratori stessi che lo vogliono. Sono i lavoratori che vogliono lavorare fino alla più tarda età, che desiderano la flessibilità, che vogliono rinunciare al salario sicuro in cambio del cottimo. Insomma padroni e governi che cancellano i diritti sono dei benefattori”, spiega il Portavoce nazionale di Potere al Popolo, che poi aggiunge: “Siccome lo sappiamo che le campagne contro il lavoro cominciano tutte così, diciamo subito: vergognatevi. La legge Fornero va abolita, non peggiorata, e bisogna tassare i ricchi invece di far lavorare per tutta la vita i poveri”.

RIFORMA PENSIONI, I LIMITI DI QUOTA 100

In un articolo pubblicato sul blog “Non solo economia” sul sito del Sole 24 Ore, Gianfranco Fabi parla dei recenti interventi di riforma pensioni in Italia, evidenziando che “quota 100 ha aggravato molti problemi, non solo di finanza pubblica. Il welfare italiano infatti è da molto tempo sbilanciato verso il sostegno della terza età e dei pensionati. Politica encomiabile se non sacrificassero risorse che potrebbero essere dedicate ai più giovani”. Il giornalista ricorda anche il problema di sostenibilità del sistema pensionistico italiano, poiché “non solo gli anziani, fortunatamente, vivono più a lungo e in buona salute, ma diminuisce il numero dei giovani che entrano nel mondo del lavoro e quindi che pagano i contributi necessari per sostenere il sistema”.

LA FLESSIBILITÀ NECESSARIA

Per Fabi, “un intervento sulle pensioni quindi dovrebbe non solo puntare ad un aumento dell’età media di pensionamento (il contrario quindi di quota 100), ma anche e soprattutto ad introdurre elementi di flessibilità che aiutino le persone a rimanere inserite nella vita sociale: lavori a tempo parziale, affiancamento a giovani apprendisti, staffetta generazionale. Nella logica di considerare il lavoro non come una gabbia o una schiavitù, ma qualcosa di positivo che può far crescere la persona, le singole imprese e la comunità”. Dal suo punto di vista, “Quota 100 resta comunque l’esempio di una politica fine a se stessa, con logiche politico-personalistiche e senza valutazioni realistiche degli impatti sociali ed economici a medio termine”.