Continuano a filtrare dal ministero del Lavoro e dall’Inps dati un po’ stitici per quanto riguarda le misure – quota 100 e dintorni – che hanno ampliato le opzioni di pensionamento anticipato. Nel frattempo sono state rese note le considerazioni di due brevi ricerche che prefigurano delle notevoli discrepanze tra le previsioni e la realtà a proposito di taluni aspetti importanti. Ci riferiamo, in primo luogo, a quanto contenuto in un documento dell’Osservatorio sul mercato del lavoro a cura di Itinerari previdenziali. Il tema affrontato riguarda il trend del mercato del lavoro 2018, con uno sguardo sul 2019. In tale ambito di ricerca il documento analizza i possibili effetti derivanti sull’occupazione da parte degli interventi sul sistema pensionistico, che sono stati proposti e attuati proprio allo scopo dichiarato di influire positivamente sull’occupazione.



Secondo l’autorevole Centro studi, l’impatto del pensionamento anticipato provocato da “Quota 100” e dagli altri strumenti esistenti si risolverà verosimilmente in oltre 200.000 domande per il 2019. Perciò, anche se soltanto i due terzi delle richieste venissero accettate entro l’anno, ci sarebbero circa 130 o 140mila lavoratori in meno, con un turn over ovviamente prossimo a zero per gli autonomi e più vicino al 10% che al 20% nel settore privato, che userà largamente del pensionamento anticipato (se, del caso, incentivandolo) per affrontare i problemi di esubero che comunque la congiuntura negativa creerà.



Del resto, qualche avvisaglia – sottolinea il documento – si ricava già dal fatto che a gennaio le indennità di disoccupazione (Naspi) sono aumentate rispetto a dicembre di oltre il 13%. Anche se – poco probabile per i vincoli alle assunzioni nella Pubblica amministrazione – parte dei pensionati anticipati del settore pubblico (30.000 domande) venissero rimpiazzati, è difficile immaginare che si arrivi a 30.000 assunzioni. Si arriverebbe così saldo negativo attorno ai 100.000 occupati, pari a un -0,7%: Del resto – conclude la nota – gli outlook di Confindustria su Pil 2019 (uguale zero) confermano che ben difficilmente nel corso del 2019 ci potranno essere shock positivi in grado di determinare un’inversione di tendenza nel mercato del lavoro.



In sostanza, si conferma che i provvedimenti del Governo non sono altro che una “befana” a favore di un’esigua quota di lavoratori che potranno anticipare la quiescenza mentre assicurano alle imprese alcune “uscite di sicurezza” per riordinare gli organici in frangenti produttivi non troppo rassicuranti. Per fortuna il “piccolo cabotaggio” di cui al dl n.4/2019 è destinato a lasciare un segno importante anche sull’ammontare delle coperture. Come per il reddito di cittadinanza (per il quale si prevede di risparmiare circa 1,6 miliardi), anche il “superamento” della riforma Fornero potrebbe “costare” assai meno di quanto previsto e stanziato. Arriva a questa conclusione uno studio dell’Osservatorio previdenza della Fondazione Di Vittorio (Cgil) dal titolo “Analisi prospettica Quota 100”. In tal caso “ballano” numeri importanti.

Nella tabella vengono indicati i costi complessivi stimati di Quota100, del blocco della speranza di vita per le pensioni anticipate della proroga do Opzione donna. Come si può evincere, i costi complessivi stimati nel triennio ammontano a 13.778.305.853 euro, mentre, le risorse stanziate nella Legge di bilancio 2019 sono pari a 20.988.000.000. Vi è quindi un residuo di risorse che non verranno utilizzate nel triennio, pari 7.202.224.387, cosi suddivise: 1.627.693.344 nel 2019, 2.953.657.269 nel 2020, 2.585.873.774 nel 2021.