LA DISCRIMINAZIONE DEL BONUS DA 600 EURO
Il bonus da 600 euro per lavoratori autonomi e partite Iva continua a far discutere. Le associazioni di pazienti Ail, Fand, Favo, Fish e Uniamo, come riporta il sito di Repubblica, evidenziano infatti che l’indennità può essere percepita dagli invalidi civili “che già percepiscono una prestazione assistenziale dall’Inps, mentre sono esclusi quelli ‘malati e invalidi’ che hanno una ‘pensione/assegno’ di invalidità grazie ai contributi versati. Appare quindi evidente che a parità di condizioni lo strumento di tutela è negato in modo discriminatorio ai lavoratori in condizione di maggiore fragilità”. Per le assocaizioni, “solo una corretta interpretazione dei combinati disposti delle norme che hanno istituito il reddito di ultima istanza che chiarisca che ad essere esclusi dal bonus sono i lavoratori ‘titolari di pensione di anzianità o di vecchiaia’ potrebbe riportare ad equità questa distorsiva interpretazione normativa che, al momento, lascia senza sostegno ed in totale abbandono i lavoratori invalidi. Richiediamo quindi un tempestivo e dirimente intervento governativo che ponga immediato rimedio a questa palese discriminazione”.
LE PAROLE DI BAGNAI
Nei giorni scorsi è emersa una certa preoccupazione circa il fatto che il possibile ricorso dell’Italia al Mes, per far fronte all’emergenza coronavirus, possa aprire le porte a richieste future di misure per far scendere il debito pubblico, compresa una dolorosa riforma pensioni. Intervistato dal Giornale in merito, Alberto Bagnai spiega che “noi sappiamo che stiamo per affrontare una fase di forte indebitamento. Tutti i Paesi dovranno farlo per superare lo choc della pandemia. Lo scenario della crisi Lehman potrebbe ripetersi. Lo Stato in quel caso si indebitò per rispondere al crollo della banche. La risposta fu l’austerità e il ritocco sulle pensioni. Adesso dobbiamo aspettarci una sequenza simile. La risposta sarà sempre austerità e anche in questo caso c’è da tenere presente un intervento sull’età pensionabile o addirittura sull’importo degli assegni. Con la Troika in casa e con i soldi chiesti al Mes, lo scenario potrebbe essere pericoloso per chi percepisce una pensione”. Parole quindi non rassicuranti quelle del Senatore della Lega.
GARAVINI “OK LE PENSIONI PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO”
In tempo di coronavirus il timore che la normalità dei pagamenti per le pensioni non venga garantita resta tale e a più latitudini: l’ultima conferma del Governo arriva però sugli assegni degli italiani all’estero tramite le parole della Presidente Commissione Difesa e Vicepresidente gruppo Italia Viva-Psi al Senato Laura Garavini. «Le pensioni italiane all’estero verranno normalmente pagate fino alla fine dell’anno», assicura la senatrice del partito renziano di Governo. Non solo, «Anche se il titolare della pensione non ha potuto presentare la certificazione dell’esistenza in vita per evitare possibili contagi da coronavirus», ribadisce la Garavini. Per questo motivo il Governo valuta come estremamente positivo l’accordo tra Inps e Citybank per garantire la regolarità dei pagamenti per l’intero anno 2020 nonostante l’emergenza Covid-19. «Anche nei confronti di coloro che, a causa delle difficolta’ logistiche legate alle difficolta’ di spostamento per l’emergenza coronavirus, non sono riusciti a produrre l’attestazione di esistenza in vita entro i termini originariamente previsti. I termini per la consegna dell’attestazione sono attualmente prorogati fino al 31 dicembre 2020», conclude la senatrice di Italia Viva. (agg. di Niccolò Magnani)
I TRIMESTRE, RALLENTANO PENSIONI ANTICIPATE
Secondo lo studio dell’Osservatorio sui flussi di pensionamento dell’Inps, nel primo trimestre del 2020 si registra un rallentamento molto forte delle pensioni anticipate rispetto a quelle “normali” di vecchiaia (ormai il dato è di sostanziale parità): i motivi sono molteplici, da un lato va ricordato che nel primo trimestre 2019 si assisteva alla nascita della riforma pensioni di Quota 100, ma non è l’unica ragione. «Il rapporto tra le pensioni di invalidità e quelle di vecchiaia del primo trimestre 2020 si presenta più che dimezzato rispetto a quello dell’intero anno 2019; tale diminuzione è imputabile congiuntamente all’aumento del numero delle pensioni di vecchiaia liquidate nel primo trimestre del 2020, che non subisce più il suddetto blocco dell’anno precedente e la diminuzione costante negli anni del numero delle pensioni di invalidità», spiega l’Inps nel suo ultimo rapporto. Tra le varie statistiche, si segnala a livello territoriale il forte peso percentuale delle pensioni liquidate ai residenti del Nord Italia (il 50% di quelle totali nel 2019, il 51% nel 2020), mentre infine sempre quest’anno si ha il sorpasso delle pensioni femminili su quale maschile rispetto ai dati del 2018 e 2019. (agg. di Niccolò Magnani)
RIFORMA PENSIONI, IL RIPENSAMENTO DI CAZZOLA
Giuliano Cazzola non nega di avere criticato Quota 100 e il blocco dell’aspettativa di vita per le pensioni di anzianità, ma spiega di aver cambiato idea, a causa dell’emergenza determinata dal coronavirus. L’ex deputato, in un articolo su pensionipertutti.it, evidenzia infatti che queste misure di riforma pensioni “possono servire per ridurre i licenziamenti che la crisi economica (tanto più grave quanto più durerà la quarantena) determinerà”. Finora, aggiunge Cazzola, “i dati ci dicono che le adesioni a queste misure sono state inferiori del previsto. Ma nel prossimo futuro lasciare aperta una finestra per un pensionamento ravvicinato può rivelarsi molto utile per i lavoratori”.
LE PAROLE DI PETRENGA
Giovanna Petrenga, invece, in una nota riportata da Askanews, evidenzia che “l’emergenza coronavirus non rappresenta solamente un’emergenza sanitaria, ma anche economica e sociale che ha portato numerosi settori del nostro Paese in una posizione di stallo. Tra questi non va dimenticato il settore della giustizia che, secondo alcune indiscrezioni, vedrà prorogata fino al mese di maggio la sospensione di tutte le attività giudiziarie con un inevitabile ingolfamento delle stesse alla loro ripresa”. Per questo la senatrice di Fratelli d’Italia chiede “un intervento normativo immediato che deroghi al 30 giugno del 2021 il limite massimo per il collocamento in quiescenza dei magistrati, per chi logicamente fosse disponibile a tale prolungamento mediante un’apposita istanza, al fine di consentire un’immediata ripresa delle attività giudiziarie tale da non dilatare ulteriormente i tempi processuali”.