CGIL: “40ENNI RISCHIANO DI NON PENSIONARSI PRIMA DEI 73 ANNI”

In occasione dell’incontro “Rivolti al Futuro” che si è avuto oggi nella sede del sindacato Cgil a Roma, lo stesso ha voluto sollevare l’attenzione sulle conseguenze del superamento della riforma Fornero e sul futuro di chi andrà in pensione (o spera di riuscirci). In particolar modo, i quarantenni di oggi, coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996 e ricadono nel contributivo puro, rischiano di non andare in pensione prima dei 73 anni. Un futuro per nulla roseo, dunque, quello intravisto dalla Cgil e che riguarderebbe anche chi ha avuto un lavoro saltuario e scarsamente remunerato, soprattutto se part-time. Secondo quanto emerso dalla spiegazione del sindacato, infatti, nel 2035 si prevede che per andare in pensione prima dei 70 anni (precisamente a 69 anni) ci vorranno almeno 20 anni di contributi ed una pensione il cui importo dovrà essere superiore agli attuali 687 euro. Un futuro pensionistico oscuro, quello che riguarda giovani, donne, ma anche lavoratori con mansioni “gravose”. (Aggiornamento di Emanuela Longo)



LE PAROLE DI DURIGON

Mentre pensionioggi.it ricorda che Claudio Durigon, rispondendo a un’interrogazione parlamentare, ha fornito dei dati interessanti sulle pensioni di cittadinanza, in particolare facendo emergere che “a distanza di quattro mesi dall’apertura dei termini solo 102.661 domande sono state accolte dall’Inps rispetto alle oltre 737mile relative all’RdC la maggior delle quali non supera un importo mensile di 200 euro”, il sito di Rassegna sindacale ricorda che il 20 luglio al mercato ittico di Ancona si terrà un’iniziativa della Flai-Cgil sotto il titolo “Diritti in marineria”, con la quale, come spiegato da Paolo Grossi, segretario provinciale Flai Ancona, “parleremo con i pescatori del regime previdenziale-pensionistico per informarli del diritto al pensionamento anche alla luce delle modifiche legislative intervenute. Il settore della pesca è stato riconosciuto tra le attività gravose e, in quanto tale, beneficia della possibilità di accorciare di qualche anno la vita lavorativa, andando in pensione alcuni anni prima”.



VIA PRIVILEGI SINDACALISTI

Presto i sindacati torneranno a incontrare Luigi Di Maio e Giuseppe Conte. Ma il Governo ha intenzione di portare avanti la riforma pensioni dei sindacalisti, come ha ribadito Riccardo Fraccaro nel corso del question time al Senato. “Il Decreto dignità, il Reddito di cittadinanza e Quota 100 sono provvedimenti epocali sorretti da un unico intento: lotta al precariato, pieno sostegno a chi è in maggiori difficoltà e superamento di ogni forma di disparità”, ha detto il ministro dei Rapporti con il Parlamento, che ha confermato “la volontà di superare quelli che a tutti gli effetti rappresentano dei privilegi inaccettabili e quindi eliminare la disparità di trattamento tra sindacalisti e lavoratori”. Fraccaro ha spiegato che il ministero del Lavoro, in collaborazione con l’Inps, sta mettendo a punto i dettagli tecnici del provvedimento in materia, che sarà pronto in tempi brevi. “Il Governo prosegue con la massima determinazione questo percorso con la piena volontà di realizzare le importanti riforme che i precedenti Governi non hanno saputo portare a termine”, ha aggiunto.



DURIGON: CONVOCHERÒ I SINDACATI

Arriva un’importante comunicazione in tema di riforma pensioni. Claudio Durigon, infatti, partecipando all’iniziativa organizzativa dalla Cgil “Rivolti al futuro”, ha detto: “Nei prossimi giorni convocherò le parti sociali sulla riforma complessiva della previdenza. Vogliamo fare insieme la riforma previdenziale”. Secondo quanto riporta il sito di Rassegna sindacale, il sottosegretario al Lavoro ha aggiunto: “Io lo passo fare se non lo fa Di Maio. Ho la delega sulle pensioni. Se di Maio non convoca andrò assolutamente avanti con un tavolo sulla previdenza”. Intanto, mentre si parla di crisi di Governo, Panorama ricorda che una delle cose fatte dall’esecutivo “ha riguardato le pensioni; una modifica nata dalla lotta alla Legge Fornero (per Salvini una cosa a dir poco diabolica) e da sempre denominata Quota 100 (dove 100 sarebbe la somme di età e contributi di lavoro con la quale si può andare in pensione. Ad esempio a 62 anni di età con 38 di contributi). Una manovra che negli intendi avrebbe anche garantito decine di migliaia di nuovi posti di lavoro”.

FORNERO, “QUOTA 100 NON ERA UNA PRIORITÀ”

L’ex ministro del Governo Monti Elsa Fornero è tornata ancora una volta sull’attuale riforma pensioni di Quota 100 per criticarne tanto il contenuto quanto il “criterio” con cui è stata approntata: durante l’ultima puntata della stagione di Scarabeo-le parole della Finanza su “Finanza Online” la titolare della precedente riforma previdenziale si scaglia contro la Lega di Salvini che tentato con la Quota 100 di disgregare l’impianto della sua legge pensioni. «Quota 100 non era una priorità, i dati lo dimostrano, le domande sono molto molto inferiori rispetto a quello che il Ministro aveva propagandato, ossia una vera liberazione dalle catene di Elsa Fornero, in realtà ciò non é avvenuto per la scelta degli italiani, ecco perché si poteva procedere dando alle persone in difficoltà un pensionamento con quota 100, ma non a tutti». Per la Fornero, la vera priorità sono il lavoro dei giovani e l’occupazione e l’idea di fondo di Quota 100 di poter porre rimedio a tali problematiche è «perdente per definizione. Compito di un Governo é creare lavoro per tutti, creare le condizioni perché ci sia il lavoro per giovani, anziani e donne, che sono sempre considerate un reddito complementare nella famiglia, ma mai in modo paritetico rispetto agli uomini , specie da questo Governo », conclude Elsa Fornero. (agg. di Niccolò Magnani)

SALVINI E LE PENSIONI DI INVALIDITÀ

Matteo Salvini torna a promettere una riforma pensioni che aumenti gli assegni di invalidità. Secondo quanto riporta Askanews, infatti, il vicepremier, durante la festa della Lega di Barzago, in provincia di Lecco, ha detto: “In manovra se non tutte, aumenteremo tante delle pensioni di invalidità di 280 euro, che è una vergogna perché un invalido con 280 euro non va da nessuna parte”. Si continua intanto a parlare degli effetti di Quota 100 sui servizi pubblici. Vito Cramarossa, assessore al Personale di Martina Franca, comune in provincia di Taranto, secondo quanto riportato da valleditrianews.it ha detto che “la carenza di personale in tutti i settori dell’amministrazione è un dato di fatto, che ovviamente, si acuisce durante il periodo feriale. Insieme alla Direzione del Personale si è provveduto a nominare persone per ruoli allo scopo di assicurare i servizi minimi. Il tutto nelle more di individuare nuove risorse in sostituzione di coloro che vanno in pensione per anzianità o con quota 100 con le procedure previste dalle attuali norme di legge”.

RIFORMA PENSIONI, GLI EFFETTI DI QUOTA 100 SULLA SCUOLA

Da Repubblica arriva un allarme sugli effetti della riforma pensioni sul mondo della scuola. “Saranno quarantaduemila i docenti che andranno in pensione, entro il 31 agosto prossimo. Fin qui, non è prevista alcuna sostituzione. Poco più di ventiduemila insegnanti (esattamente 22.197) lasceranno in anticipo grazie a Quota 100 (62 anni di età e 38 di contributi), ma nessun precario entrerà al loro posto”, si legge sul quotidiano romano. Anche per questo Simona Malpezzi, senatrice del Partito democratico, “ha presentato un’interrogazione parlamentare chiedendo perché il governo ‘non abbia stanziato un solo euro’ per programmare la trasformazione di parte dell’organico di fatto (chi davvero insegna nella scuola) in organico di diritto (chi è regolarmente assunto).

LE INTERROGAZIONI IN PARLAMENTO

“L’esecutivo trova i soldi per mandare in pensione i docenti con Quota 100 e non li trova per sostituirli con i docenti precari”, si legge nell’interrogazione. Anche Lucia Azzolina, deputata M5s, ha presentato un’interrogazione parlamentare evidenziando quanto sia “auspicabile che una parte dei posti liberati dall’accoglimento delle domande di pensionamento possa essere utilizzata al 50 per cento per le immissioni in ruolo a tempo indeterminato e al 50 per cento per le operazioni di mobilità. Se così non fosse, si dovrebbero attribuire nuove supplenze su quei posti con un aggravio del fenomeno della supplentite”. C’è da immaginare che non mancheranno di farsi sentire i sindacati su questo tema, considerando anche il confronto già aperto con il Miur.