LA PROTESTA DEI PILOTI FORSA
La prossima settimana si terrà uno sciopero che riguarderà Ryanair. Come spiega bergamonews.it, infatti, il sindacato dei piloti Forsa ha indetto lo sciopero del personale Ryanair che durerà 48 ore e che quindi potrà far sentire i suoi effetti giovedì 22 e venerdì 23 agosto. Il sindacato non esclude “ulteriori giorni di sciopero”. Un’agitazione che ha anche a che fare coi temi previdenziali. Si legge infatti che “l’azione è stata decisa, dopo ‘decenni di rifiuti dell’azienda di firmare accordi sindacali’, sulla base di varie contestazioni sul calcolo delle pensioni, sulla garanzie assicurative, sui benefici legati alla maternità o alla paternità, su rimborsi e struttura dei salari”. Dunque tra le ragioni della protesta c’è anche quella relativo al calcolo delle pensioni. Secondo quanto riportato dal sito bergamasco, lo sciopero sarà anche europeo e quindi potrebbe avere ripercussioni non soltanto sui voli da e per l’Italia. Non resta che aspettare ulteriori aggiornamenti in merito, anche per capire quali saranno i disagi per i viaggiatori.
LA POSIZIONE DELL’UGL
Come noto, Cgil, Cisl e Uil hanno diramato una nota unitaria esprimendo grande preoccupazione per la situazione politica attuale e ribadendo la necessità di “una vera riforma delle pensioni che dia un futuro ai giovani, risponda ai bisogni delle donne e riconosca i lavori più disagiati”. L’Ugl aveva fatto conoscere la sua posizione attraverso le parole del Segretario generale Paolo Capone, intervenuto a Sky Tg24. Con queste parole, in un post su Facebook, lo stesso sindacalista aveva riassunto la sua posizione: “Per il bene del Paese occorre che tutte le forze politiche trovino un accordo e, se necessario, andare anche al voto anticipato a ottobre. L’impasse in cui ci troviamo è un ostacolo per la crescita economica di cui l’Italia e i cittadini hanno bisogno”. Pochi giorni prima Capone aveva incontrato, insieme ad altre parti sociali, Matteo Salvini al Viminale, evidenziando che “i provvedimenti adottati dal Governo, come Quota 100, vanno nella giusta direzione e hanno prodotto alcuni segnali positivi quali il calo del tasso di disoccupazione”.
LE DOMANDE IN CRESCITA
Sarà per l’incertezza portata dalla crisi di Governo circa il futuro della riforma pensioni, ma negli ultimi giorni sono aumentate le domande poste da alcuni lettori agli esperti di previdenza di alcuni siti a volte collegati a specifiche professione. Domande tutte caratterizzate dalla domanda su quando e se sia possibile andare in pensione prima dei 67 anni o persino prima dei 60. Le risposte, che certo non possono dimenticare quanto previsto da Quota 100, ovvero un’età anagrafica di almeno 62 anni e un’anzianità contributiva almeno di 38, concordano su un punto: se si vuole lasciare il lavoro prima dei 67 anni e non si appartiene a qualche particolare categoria, per esempio quelle che con l’Ape social possono anticipare il pensionamento a 63 anni, o non si hanno i requisiti per accedere entro fine anno a Opzione donna, allora bisogna poter contare su 42 anni e 10 mesi (41 anni e 10 mesi nel caso delle donne) per poter, indipendentemente dall’età, puntare alla pensione di anzianità. Una possibilità che non hanno molti lavoratori.
QUOTA 100, LA CRITICA DI GIAVAZZI
In un articolo pubblicato sul Corriere della Sera, Francesco Giavazzi evidenzia come in Italia, complici anche le ultime misure di riforma pensioni, ci siano delle “distorsioni” che favoriscono gli anziani ai danni dei giovani, anche quelli che non potranno votare alle prossime elezioni. “Un esempio è la legge cosiddetta Quota 100, che da quest’anno consente ai sessantenni di anticipare la pensione. Un provvedimento che aumenta il nostro ‘debito pensionistico’. Il debito pensionistico è la differenza fra le pensioni che lo Stato si è impegnato a pagare in futuro e i contributi che lo Stato incasserà da chi lavora. Oggi questo debito è circa il doppio di quello ‘pubblico’ composto da Bot, Btp etc. Ed è anch’esso a carico delle generazioni future”, scrive il Professore di Economia politica alla Bocconi, che riprende di fatto le posizioni espresse dal suo collega Tito Boeri. “Solo Quota 100 lo ha accresciuto di circa 100 miliardi, 6 punti di reddito nazionale”, aggiunge Giavazzi, facendo capire quindi quanto a suo modo di vedere Quota 100 sia stata dannosa per i rapporti intergenerazionali.
QUOTA 100 E I CONCORSI PUBBLICI
La crisi di Governo rischia di lasciare in sospeso, in una sorta di limbo, il futuro di diversi lavoratori di aziende in situazioni critiche. Basta pensare alla Whirlpool di Napoli piuttosto che ad Alitalia o all’ex Ilva di Taranto. Nel settore pubblico invece il rischio è quello di non procedere alle assunzioni necessarie e determinate in parte anche dalla riforma pensioni con Quota 100. È noto infatti che questa avrà effetti particolari nel mondo della scuola e della sanità. Tuttavia c’è il rischio che salti la stabilizzazione di circa 55.000 precari della scuola e che non si faccia in tempo a indire i necessari concorsi nei settori dove ci sarà un calo degli organici importante. C’è da dire che per la sanità le assunzioni sono in mano alle Regioni, ma queste devono comunque essere discusse con lo Stato centrale, in particolari con i ministri della Salute e dell’Economia. Bisognerà quindi che non ci siano dei “passaggi di consegna” durante la fase delicata di discussione delle assunzioni, di modo che non si creino intoppi che finirebbero poi per avere effetti negativi sui servizi erogati ai cittadini.
RIFORMA PENSIONI, LE RICHIESTE INAPI
La situazione di incertezza politica italiana preoccupa l’Istituto nazionale assistenza piccoli imprenditori, il patronato promosso dalla Federazione nazionale autonoma piccoli imprenditori, che in una nota evidenzia che “se la rottura dell’esecutivo, come è probabile sia, avverrà prima della prossima legge di Bilancio, in cui lavoratori, pensionandi, e imprenditori avevano riposto le loro speranze, date le innumerevoli rassicurazioni degli esponenti politici, il rischio è che le varie categorie (donne, esodati, precoci, imprenditori, esodati indennizzo commercianti) restino di nuovo ‘con un pugno di mosche in mano’ a causa di scelte scellerate dei propri governanti”. Insomma, c’è il rischio che le aspettative in tema di riforma pensioni vengano deluse.
LE PAROLE DI DOMENICO COSENTINO
Il Presidente dell’Inapi, Domenico Cosentino, spiega che dal prossimo esecutivo “ci aspettiamo una sola cosa ‘meno parole e più fatti’: per i pensionati, per i lavoratori ancora imprigionati dalla Fornero, penso ai precoci, che dopo 41 anni di contributi hanno il sacrosanto diritto di poter accedere alla quiescenza, agli esodati, in attesa da anni di ‘tornare a vivere dignitosamente’, alle donne, il cui lavoro di cura deve essere tenuto in considerazione anche ai fini previdenziali, non si può continuare ad usufruire di un welfare prezioso a costo zero, si dia dunque il giusto valore alle donne di oggi e di domani”. Dal suo punto di vista occorre dunque procedere “spediti verso una soluzione, affinché questo ‘teatrino politico imbarazzante’ finisca quanto prima, e l’Italia torni ad essere credibile anche agli occhi degli investitori”.