BRUNETTA SU QUOTA 100
Un Paese che si permette “di buttare 15 miliardi” per la riforma pensioni con Quota 100 e il Reddito di cittadinanza, “si può permettere di garantire alle aziende liquidità e la cassa integrazione ai lavoratori”. Parole di Renato Brunetta che, in un’intervista al Giornale, chiede che lo Stato “garantisca la liquidità bancario per il tempo necessario alle aziende dei settori più colpiti” dall’emergenza coronavirus. Per l’ex ministro occorre anche mettere in campo la cassa integrazione e gli strumenti necessari a garantire lo stipendio ai lavoratori dei settori che sono esclusi dall’utilizzo di questo strumento. “Sono costi sopportabili se ci muoviamo nell’orizzonte temporale di 4 o 5 settimane, con strumenti eventualmente rinnovabili”, aggiunge Brunetta, facendo quindi capire che le risorse si possono trovare dal momento che ne sono state stanziate in passato per misure non strettamente necessarie, a suo modo di vedere, come Quota 100 e Rdc che il deputato di Forza Italia ha già avuto modo di criticare duramente in passato.
I DATI SUGLI EFFETTI DELLE RIFORME
lopinionista.it ricorda alcuni dati interessanti in tema di riforma pensioni. Un documento che l’Istat ha presentato in un’audizione sulla Commissione Welfare e previdenza del Cnel si legge infatti che “tra il 2012 e il 2018 i pensionati sono diminuiti del 3,6% (a circa 16 milioni) mentre la spesa complessiva per le pensioni è aumentata dell’8,5% e il reddito medio è cresciuto del 12,5%”. Emerge anche che grazie alle misure adottate di riforma pensioni, “che hanno portato molti lavoratori a posticipare il momento della quiescenza, il numero dei percettori delle pensioni Ivs (invalidità, vecchiaia e superstiti) è diminuito del 5,7% mentre il loro reddito è aumentato del 15,2%”. Altri dati interessanti riguardano “i pensionati con trattamenti esclusivamente assistenziali”, che “sono cresciuti del 15,1% mentre il loro reddito è aumentato solo del 4,8%”, e il fatto che “nel 2018 i pensionati erano 16 milioni con un trasferimento monetario di 293 miliardi e un reddito medio di 18.000 euro (21.450 gli uomini, 15.474 le donne)”.
LA STRATEGIA EUROPEA SULLA PARITÀ DI GENERE
Si è parlato diverse volte della necessità di una misura di riforma pensioni che colmi il gap di genere presente anche sul fronte previdenziale, evidente negli importi degli assegni, oltre che nella difficoltà di accesso alla quiescenza. L’agenzia Sir segnala che la Commissione europea, in vista della Giornata internazionale della donna dell’8 marzo, ha presentato oggi una “strategia per la parità tra donne e uomini in Europa”, anche perché “finora nessuno Stato membro dell’Ue ha realizzato la parità tra donne e uomini. I progressi sono lenti e i divari di genere persistono nel mondo del lavoro e a livello di retribuzioni, assistenza e pensioni”. Il problema sembra quindi non riguardare solo l’Italia. Bruxelles con la sua strategia punta su “una serie di azioni fondamentali tra cui: porre fine alla violenza e agli stereotipi di genere; garantire una parità di partecipazione e di opportunità nel mercato del lavoro, compresa la parità retributiva; e conseguire un equilibrio di genere a livello decisionale e politico”.
IL DUBBIO SULLA “DURATA” DI QUOTA 100
La Fondazione Studi Consulenti del lavoro, rispondendo a un quesito rivolto all’esperto di pensioni da un lettore del sito di Repubblica, ricorda che la riforma pensioni con Quota 100, pur essendo limitata nel tempo fino alla fine del 2021, garantisce la possibilità di accedervi anche successivamente a chi abbia maturato i requisiti richiesti entro la fine del prossimo anno. “Secondo la previsione dell’art. 14 del D.l. 4/2019 lei potrà accedere a pensione anticipata quota 100 se matura i requisiti entro la fine della sperimentazione (31.12.2021), anche presentando la domanda successivamente a tale data, a condizione però che sussistano ancora fondi accantonati per tale forma pensionistica e, soprattutto, che non sia nel frattempo intervenuta una ulteriore riforma previdenziale”, si legge nella risposta fornita. Dunque in linea teorica la domanda potrà anche essere presentata dal 2022 in poi, ma bisognerà che ci siano ancora i fondi disponibili, cosa non scontata visto che già lo scorso anno i fondi per Quota 100 sono state in parte usati per ridurre il deficit.
L’ESPERIENZA DI LABORFONDS
Il confronto avviato recentemente tra Governo e sindacati sulla riforma pensioni ha riguardato anche la previdenza complementare, un tema che è stato piuttosto trascurato negli ultimi anni. Le difficoltà e le sfide in questo settore non mancano, come racconta Ivonne Forno, direttore di Laborfonds, il fondo pensione per i lavoratori dipendenti da datori di lavoro che operano nel territorio del Trentino-Alto Adige, in un’intervista a Citywire Italia. Dal suo punto di vista la sfida maggiore del suo lavoro è quella di “cercare di fare il massimo per informare le persone circa la necessità della previdenza complementare e per assicurare loro un futuro sereno”. Tra le linee operative che ha scelto di seguire per Laborfonds, Forno indica anche gli investimenti nel territorio, che “permettono non solo di perseguire i rendimenti auspicati, ma anche di ottenere effetti indiretti fra i quali l’aumento dell’occupazione, il rafforzamento delle aziende e del contesto economico”. Cosa che di fatto rafforza anche la posizione degli iscritti.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI RAGAZZINI
Piero Ragazzini è da poco alla guida della Federazione nazionale pensionati aderente alla Cisl. In un’intervista a Il Dubbio, il sindacalista spiega di voler poter portare la posizione della Fnp al tavolo aperto tra Governo e associazioni sindacali sul tema della riforma pensioni. “In questo quadro un punto fondamentale delle nostre argomentazioni è quello contenuto nella piattaforma unitaria, ossia la rivalutazione delle pensioni: in 20 anni pian piano è andato perduto il 30% del loro potere d’acquisto, a causa di innumerevoli provvedimenti che si sono susseguiti nel tempo. È necessario recuperare immediatamente il sistema che attribuisce in modo progressivo, come previsto nella legge 388 del 2000, la rivalutazione delle pensioni”.
LE ISTANZE DEL SINDACATO
Ragazzini aggiunge che “come sindacato dei pensionati, abbiamo chiesto al ministro del Lavoro la possibilità di ampliare la platea e l’importo della quattordicesima per le pensioni più basse, oltre alla revisione del paniere dei prezzi utilizzato come indice per definire la perequazione”. Il sindacalista evidenzia poi che “una ulteriore nostra richiesta è quella di separare la previdenza dall’assistenza, eliminando la convinzione errata, ormai diffusa ampiamente, secondo la quale l’Italia è il Paese che spende di più per la prima: su questo versante abbiamo accolto con favore la decisione del governo di dare l’avvio alla creazione di una Commissione che dovrà lavorare proprio per separare i due ambiti, così come abbiamo salutato benevolmente quella che si occuperà dei lavori gravosi, poiché recepisce le istanze di tanti lavoratori che, dopo anni di sacrifici, trovano ancora degli ostacoli per accedere alla pensione.