FLESSIBILITÀ PENSIONI IN USCITA
Sarebbe dovuto essere lunedì il giorno della “verifica politica” sulla prossima riforma pensioni, ma con i già esposti problemi sul fronte della flessibilità in uscita ancora tutto è stato “congelato” in attesa di una nuova convocazione.
Al di là dello ‘scontro’ a distanza tra sindacati e Ministero del Lavoro, sul tavolo attualmente per capire come si snoderà la nuova legge previdenziale dal 2023 in poi vi sono alcune proposte: le sigle nazionali hanno puntato tutto sulla flessibilità in uscita a 62 anni o con 41 anni di contributi (a prescindere dall’età). La Lega concede la “spalla” politica per tale proposta, MEF e Orlando non la pensano uguale e potrebbero mantenere una soglia non al di sotto dei 64 anni. Draghi in effetti è stato netto finora, sulla riforma pensioni si guarda solo al metodo contributivo specie sul fronte degli anticipi pensionistici: l’obiettivo è sempre il medesimo, non aumentare la spesa previdenziale visto l’occhio attento e vigile dell’Europa sui nostri conti. Sembrano invece assai più vicini gli accordi su lavoratori gravosi e donne, con opzione di rendere strutturale Ape Sociale e Opzione Donna già dal 2023. (agg. di Niccolò Magnani)
IL NODO INFLAZIONE E L’ATTESA PER IL NUOVO TAVOLO
Mentre i sindacati attendono con impazienza una nuova imminente convocazione per un tavolo al Ministero della Lavoro, pesano diversi scenari all’orizzonte del tema riforma pensioni: negativi, come l’avanzare delle settimane senza ancora trovare un minimo principio di accordo tra le parti in vista del prossimo Def di aprile.
Scenari ancora negativi in vista di un mancato adeguamento dell’aspettativa di vita e soprattutto un controvo stretto dell’Europa contro possibili “nuove” Quote viste come fumo negli occhi a Bruxelles; infine scenari lievemente positivi, invece, se si osservano alcuni aumenti degli assegni nei prossimi mesi dovuti all’inflazione. Avendo diritto alla rivalutazione della pensione ogni gennaio sulla base dell’indice dei prezzi dell’anno precedente, si assistono ad aumenti dell’assegno mensile: sono circa 50 gli euro in più per le pensioni visto il rialzo imponente dell’inflazione nel nostro Paese. Il nodo resta economico: la perdita di potere d’acquisto e l’aumento dei servizi non va di pari passo con gli aumenti ancora molto esigui sulla previdenza. (agg. di Niccolò Magnani)
RIFORMA PENSIONI, RINVIATO L’INCONTRO GOVERNO-SINDACATI
L’incontro in programma lunedì tra Governo e sindacati sulla riforma delle pensioni è stato rinviato. Come riporta Adnkronos, pare che la decisione si stata presa “perché al dibattito di questi giorni è mancato uno dei capitoli fondamentali del confronto: quello relativo alla flessibilità in uscita. Dossier spinoso che ha sempre diviso il governo dai sindacati ma che, anche per l’accavallarsi dei temi all’ordine del giorno, non è stato mai affrontato nel corso degli incontri tecnici al ministero del Lavoro”. Per questo, “è stato alla fine deciso che l’incontro politico sarebbe risultato zoppo senza almeno un passaggio preliminare tecnico su una partita delicata come l’età pensionabile. Da qui la scelta di posporre il round tra il ministro Orlando e i leader sindacali”.
LE PAROLE DI PROIETTI
La Uil però non ha gradito e il suo Segretario confederale Domenico Proietti spiega che “la motivazione addotta, e cioè il non aver ancora affrontato in sede tecnica il tema della flessibilità, è infondata e pretestuosa. Furono proprio i rappresentanti del Governo a chiedere di fare una riunione politica dopo i primi incontri tecnici sui temi dei giovani, delle donne e della previdenza complementare. Inoltre, nell’ incontro tecnico di giovedì scorso, sono stati i rappresentanti del governo a proporre di fissare la successiva riunione tecnica dopo quella politica del 7 febbraio”. La Uil, quindi, “si aspetta che il Governo riprenda subito il confronto per definire, in vista del prossimo Def, soluzioni positive alle attese dei lavoratori e delle lavoratrici”.
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