RIFORMA PENSIONI: PREVIDENZA COMPLEMENTARE, PER I GIOVANI E FLESSIBILITÀ IN USCITA
C’era molta attesa per l’incontro tra Governo e sindacati che si sarebbe dovuto tenere lunedì 7 febbraio sulla riforma delle pensioni e che è invece slittato a dopo la metà del mese. Quello del 7 avrebbe dovuto essere il primo confronto politico ai massimi livelli con la presenza dei Ministri Orlando e Franco e con i Segretari generali di Cgil, Cisl e Uil.
Dopo l’annuncio di Mario Draghi che sarebbero iniziati gli incontri per una nuova riforma delle pensioni che deve partire dal 1/1/2023 sono iniziati gli incontri tecnici sulle tre tematiche che sono state individuate come oggetto di riforma, vale a dire la flessibilità in uscita, la previdenza per giovani e donne e la previdenza complementare. Di questi tre grandi temi individuati sicuramente il terzo, quello che riguarda la previdenza complementare è il più facile da risolvere. Molto probabilmente dal 1/1/2023 si aprirà un altro semestre di silenzio/assenso in cui i lavoratori saranno iscritti automaticamente, a meno di rifiuto scritto, a un fondo pensione destinando a esso il loro TFR implementando così questo istituto che in Italia stenta ancora a decollare e di cui c’è assolutamente bisogno per aggiungere alla pensione pubblica quel 20-25% che possa permettere ai pensionati una vita decorosa.
Sempre in tema di riforma delle pensioni, qualcosa si muove anche riguardo alla previdenza per i giovani e donne dove si ipotizza una sorta di “pensione di garanzia” dove lo Stato si impegnerebbe a coprire i periodi di formazione o assenza di lavoro tra un contratto e l’altro o di chi ha svolto lavoro di cura nei quali non figurano contributi versati con un bonus di 6 mesi per ogni anno di contributi versati.
Molto più complesso è invece il tema della flessibilità in uscita. Il rinvio del 7 febbraio è dovuto alla difficoltà che ha il Governo a mettere sul tappeto quello che è il proprio intendimento, nonché a presentare una proposta seria e organica. I sindacati sono fermi sulla loro idea di 41 anni per tutti o flessibilità in uscita a partire da 62 anni. Da parte dell’esecutivo, invece, più gettonata la proposta di riforma pensioni che viene definita “Opzione Tutti” che permette l’uscita a partire da 62 anni ma con calcolo totalmente contributivo, considerata anche la proposta Raitano di una penalizzazione del 3% solo sulla parte di retributivo per ogni anno di anticipo rispetto all’età dei 67 anni e con meno “appeal” quella di Tridico di un’uscita a 64 anni col solo importo del calcolo contributivo a cui si aggiunge la parte di retributivo al compimento dei 67 anni di età.
RIFORMA PENSIONI: STALLO GOVERNO-SINDACATI E DRAGHI SPIAZZATO…
Le organizzazioni sindacali non hanno preso per niente bene il rinvio di un incontro, quello del 7 febbraio, in cui si sarebbe dovuto parlare anche di riforma pensioni e che era programmato da tempo e che era stato indetto proprio dal Governo nel quale l’esecutivo avrebbe finalmente dovuto scoprire le carte dopo che in pratica da oltre un anno si sottrae al confronto. La Uil in particolare stigmatizza la motivazione data dall’Esecutivo che l’incontro politico non poteva essere fatto in quanto non era ancora stato affrontato in una riunione tecnica il tema della flessibilità in uscita, e ritiene la motivazione pretestuosa. Più probabilmente invece Draghi, che aveva sperato e lavorato dietro le quinte per salire al Quirinale, si è trovato improvvisamente spiazzato e si è impantanato su una questione, quella della rifoma delle pensioni, che ha sempre cercato di evitare perché molto scomoda e divisiva. Sembra che il Governo voglia prendere tempo disattendendo quello che aveva sempre affermato: voler giungere alla risoluzione del problema in tempi brevi per potere inserire le linee guida di un accordo nel Def da presentare alle Camere entro il 10 aprile 2022.
TRA BCE E SPREAD, C’È POCO TEMPO PER LA RIFORMA PENSIONI
L’improvvisa fiammata dell’inflazione che nel mese di gennaio è schizzata al 4,8% e le parole poco rassicuranti della Presidente della Bce sui rialzi dei tassi d’interesse hanno provocato immediatamente un rialzo dello spread che è arrivato a oltre 150 punti, inoltre la previsione di un minore aumento del Pil previsto nel 2022 ha raffreddato l’esecutivo che sta prendendo tempo prima di impegnarsi su un tema tanto importante per la vita dei cittadini.
Di tempo però non ce n’è molto, perché tra pochi mesi saremo in piena campagna elettorale e le forze politiche saranno più impegnate a difendere le istanze dei loro elettorati di riferimento piuttosto che seguire Draghi su una riforma delle pensioni difficile da attuare e con l’Ue che esorta, continuamente, a contenere i costi.
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