Come sta andando la prima iniziativa nazionale di politica attiva del lavoro? Come noto, il nuovo Governo ha ereditato nell’ambito del Pnrr l’avvio di Gol. Con esso si è inteso fare partire un primo programma di politica attiva del lavoro che coinvolge l’intero Paese. È un programma che si propone la presa in carico di disoccupati già in carico alle politiche passive (Naspi, ecc.) e poi da aprire a chi cerca lavoro.
Il modello sviluppato da Anpal e Anpal Servizi ha definito target prioritari e un algoritmo che colloca le persone, con riferimento alla potenzialità di essere velocemente reinserite al lavoro, secondo quattro categorie, dai più semplici da ricollocare a chi richiede sostegni specifici per reggere un rientro lavorativo e passa per due categorie intermedie che richiedono upskilling e reskilling. Il programma ha tappe di misurazione degli obiettivi che sono la base degli accordi con l’Europa e ha anche obiettivi interni cui è legato il rilascio di risorse e la regolazione di alcuni moduli del programma.
Con l’avvio avvenuto in ordine sparso, ma che prima dell’estate aveva coinvolto tutte le regioni, è possibile avere ora una prima valutazione. Il target di misurazione per questa fase è il numero di persone prese in carico dai Centri per l’impiego. L’obiettivo entro fine dicembre previsto dal Pnrr con l’accordo europeo è di 300 mila persone, mentre quello che ci si è dati internamente è il doppio.
Con i dati pubblicati a metà ottobre possiamo dire che si va verso un successo pieno superando ampiamente entrambi gli obiettivi. Ben due terzi delle regioni hanno superato l’obiettivo europeo, il Friuli l’ha già più che doppiato, e anche quelle che sono ancora indietro possono agevolmente recuperare nel tempo ancora a disposizione. Il dato complessivo ci dice che risultano già prese in carico 326 mila persone, circa 40 mila a settimana. Con questo ritmo si prevede di arrivare a un totale di 800 mila per fine anno superando così tutti gli obiettivi.
Per quanto riguarda la composizione abbiamo che il 52% ne ha diritto perché ha fatto domanda di Naspi o Discoll, mentre il 23% è percettore del Reddito di cittadinanza. La distribuzione geografica segue la distribuzione del Reddito di Cittadinanza fino al dato siciliano che vede i percettori superare il 50% dei presi in carico. Il peso della disoccupazione vede circa il 45% disoccupati da almeno 6 mesi e il 36,5% da 12 mesi e oltre.
Il sistema prevede un algoritmo con l’assegnazione “automatica” dei diversi soggetti alle diverse categorie. Il risultato attuale è che oltre il 50% delle prese in carico viene assegnato al primo livello, persone che hanno competenze tali per essere ricollocate, un 40% circa è suddiviso fra secondo e terzo livello ed è poco meno del 5% il numero di quanti hanno bisogno di abbinare percorsi di inclusione sociale alla formazione di competenze lavorative.
Gli obiettivi di misurazione sono per ora solo quelli delle prese in carico, ma sono disponibili anche i primi dati di chi ha poi svolto tutto il percorso e ha ritrovato una occupazione. Circa il 20% di quanti sono entrati nel programma hanno ritrovato un lavoro. Il dato riguarda quasi esclusivamente le regioni del nord, dove le politiche attive del lavoro avevano già un retroterra di iniziative. E dove, soprattutto, era già in essere una collaborazione fra operatori pubblici e privati. Non è un caso che gli apripista nei risultati occupazionali siano Lombardia e Veneto, assieme all’Emilia Romagna. Sono le regioni dove modelli di azione simili a Gol erano in atto da tempo.
Pur con la soddisfazione del risultato complessivo, questa prima fase di sperimentazione di un modello di politica attiva del lavoro ci indica già alcuni limiti su cui intervenire. Per cercare di dare una definizione unica si può già ora dire che il modello soffre di un eccesso di rigidità che viene da una cultura centralistica e statalista che non ha puntato sulla potenzialità che offriva la rete di operatori pubblici e privati con la loro conoscenza specifica degli aspetti territoriali.
In questo senso anche la creazione dell’imbuto per cui si accede solo passando dai Centri per l’impiego è stata una scelta che non aiuta il pubblico, soprattutto dove inizia ora l’avventura delle politiche attive, a fare rete con gli altri operatori e lo ha confermato nei ruoli più amministrativi piuttosto che operativi.
Da questa prima impostazione viene la rigidità assegnata tramite algoritmo che crea veri problemi di contenuto. Le politiche attive devono basarsi sulla capacità di valutare le competenze delle singole persone facendole incontrare con le esigenze del sistema economico del territorio, eventualmente con interventi formativi di adeguamento. L’eccessivo numero di assegnati al primo livello, che esclude interventi formativi, fa emergere che non si è compresa la necessità che Gol accompagni le trasformazioni del sistema produttivo con gli investimenti in formazione di chi cerca lavoro seguendo i processi in atto nel territorio. Vi è quindi la necessità di riaprire il canale di fiducia verso la rete degli operatori perché si programmino percorsi individuali e collettivi di ricollocazione basati su certezza degli sbocchi occupazionali e investimenti massicci di formazione.
Mettere al bando i percorsi formativi utili solo ai formatori ma che non creano occupazione non passa per rigidi percorsi di politiche attive decise da un programma centrale, ma da valutazioni di efficacia del lavoro degli operatori basati sui risultati.
Vi sono già anni di esperienze in alcune regioni, occorre che si valutino le best practices per migliorare rapidamente l’efficacia della sperimentazione di Gol.
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