Nei ricordi degli studi di storia del Risorgimento nelle scuole secondarie superiori abbiamo tutti quello del Quadrilatero. La memoria di molti di noi è stata rinfrescata dalla visione del film Senso di Luchino Visconti, spesso in televisione (in edizione restaurata) o nelle principali piattaforme televisive on demand.
Il Quadrilatero fu, tra il 1815 e il 1866, un sistema difensivo costruito dall’Impero austriaco nel Lombardo-Veneto, che si dispiegava su un quadrilatero, i cui vertici erano le fortezze di Peschiera del Garda, Mantova, Legnago e Verona, comprese fra il Mincio, il Po e l’Adige e dal 1850 circa la ferrovia Milano-Venezia, tramite la quale erano garantiti i rifornimenti. Difficilmente aggirabile, ostacolava i movimenti di truppe nemiche nella Pianura Padana. In Senso si tocca con mano lo smantellamento del Quadrilatero al termine della Terza guerra d’indipendenza che si concluse con l’annessione all’Italia di Mantova, del Veneto e di gran parte del Friuli.
Pochi hanno notato che l’Unione europea ha incluso, nel contratto concluso con l’Italia per il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), un Quadrilatero di riforme da realizzare (o almeno iniziare) con vari strumenti legislativi (disegno di legge delega, disegno di legge ordinaria e così via) entro questo autunno. Si tratta di quattro riforme essenziali per il resto del Pnrr, di cui almeno una (quella della normativa tributaria) si sarebbe dovuta iniziare (con appropriato disegno di legge delega) prima della pausa estiva. Quattro riforme “pesanti” che devono caratterizzare lo spirito riformista del Pnrr e dimostrare che tale spirito è fortemente condiviso da Governo e Parlamento e che, quindi, il resto del programma riformista verrà, e sarà realizzato, senza grandi intoppi.
La quattro riforme – ce lo ha ricordato recentemente il Commissario europeo agli Affari economici e finanziari, Paolo Gentiloni, ma gran parte della stampa pare non essersene accorta – sono quella della giustizia civile, del diritto fallimentare, della concorrenza e del fisco. Sono riforme “pesanti” sia sotto il profilo tecnico sia sotto quello politico. Sappiamo che sulla riforma tributaria (che deve essere oggetto di un disegno di legge delega) sono al lavoro le pertinenti Commissioni parlamentari: di tanto in tanto, si hanno echi di progressi su alcuni punti e di accese differenze di opinioni su altri. La quattro riforme, a presidio del Pnrr, paiono non essere parte del dibattito politico. Nonostante ciascuna di esse abbia implicazioni profonde sulla vita di tutti gli italiani, non paiono essere parte di una politica che, sui media e negli interventi dei leader dei partiti e dei movimenti, pare concentrarsi sul green pass, sui no vax e pure su argomenti del tutto estranei al programma di Governo come lo jus soli e la cosiddetta legge Zan.
Difficile pensare che i leader delle forze politiche, presi da temi che paiono suscitare maggiori emozioni nell’elettorato (è cominciata la campagna per le amministrative di ottobre) abbiano dato una delega implicita al Governo, e in particolare ad alcuni ministri (tra i quali, naturalmente, quello dell’Economia e delle finanze) per potersi concentrare sui temi di richiamo nella campagna elettorale e sulle fibrillazioni, che non mancheranno nei vari archi politici, dopo la proclamazione dei risultati delle elezioni di ottobre. Ciò equivarrebbe ad un’abdicazione delle forze politiche rispetto ad alcuni delle principali riforme del “contratto” che ci lega all’Ue per il Pnrr.
Puerile pensare che, dato che abbiamo un Governo, e soprattutto un Presidente del Consiglio, di fede europeista ed apprezzato a Bruxelles, per la Commissione europea, che ha l’incarico di valutare le riforme e fare proposte in merito all’organo decisionale (il Consiglio europeo), si tratti di una sorta di Pane, amore e fantasia: visto che siamo simpatici, il Quadrilatero conta poco o nulla e qualsiasi straccio di riforma presentiamo ci verrà accettato anche se ha contenuti miseri e arriva in ritardo rispetto al cronoprogramma concordato.
Chi avesse nutrito idee del genere si sarebbe dovuto risvegliare da questi Sogni nel cassetto da due avvenimenti di questi giorni. In primo luogo, la Commissione europea ha chiesto la restituzione, con interessi, del prestito-ponte di 900 milioni concesso ad Alitalia, dato che si tratta di “aiuti di Stato”; si può essere simpatici, ma le regole sono regole e gli impegni firmati sono impegni firmati. In secondo luogo, non appena, il Commissario Gentiloni, ha ventilato l’idea di possibili interpretazioni “innovative” (non di modifiche formali) alle regole sul debito nell’unione monetaria, c’è stata una vera e propria levata di scudi dei governi di alcuni Stati europei: è materia in cui il Consiglio europeo decide all’unanimità.
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