VIA LIBERA DAL VERTICE DI GOVERNO SUL DDL CASELLATI

Dal vertice di maggioranza organizzato dal Governo Meloni oggi a Palazzo Chigi arriva il “semaforo verde” sul ddl Casellati che porterà all’elezione diretta del Premier come prossima riforma costituzionale: con l’introduzione del Premierato all’italiana, si confermano tutte le anticipazioni emerse nella bozza circolata in questi giorni con l’aggiunta di alcune importanti novità confermate da tutti i partiti di maggioranza con soddisfazione. In primis, si va verso lo stop della nomina di nuovi senatori a vita da parte del Presidente della Repubblica: gli attuali, di nomina quirinalizia, dovrebbero rimanere in carica fino alla fine del loro mandato.



Il Capo dello Stato avrà intatti i poteri se non per la nomina del Presidente del Consiglio: stando alle bozze del ddl Casellati, al Quirinale non spetterebbe più il potere di nomina del premier, ma otterrebbe quello di conferire l’incarico al premier eletto, mentre manterrebbe il potere di nomina dei ministri, su indicazione del capo del governo. Con l’ok della Lega, si conferma nel testo la norma anti-ribaltone: nel caso in cui il premier si dimetta o decada dal suo ruolo, «il presidente della Repubblica possa assegnare l’incarico di formare un nuovo governo al premier dimissionario o a un altro parlamentare eletto e collegato al presidente del Consiglio». In un colpo solo si limiterebbero così sia i governi tecnici che il meccanismo della sfiducia costruttiva, garantendo invece continuità alla legislatura senza per forza ricorrere al voto. Il premier incaricato avrebbe a disposizione due tentativi per ottenere la fiducia: se fallisce in entrambi, c’è lo scioglimento obbligatorio di entrambe le Camere e il ritorno al voto. Saranno modificati in tutto tre articoli della Carta: l’88 sul potere del Capo dello Stato di sciogliere le Camere; il 92 sulla nomina del premier (con l’elezione diretta); il 94 sulla mozione di fiducia e sfiducia al governo.



GOVERNO MELONI TENTA LA STRADA DELLA RIFORMA COSTITUZIONALE: “PREMIERATO ALL’ITALIANA”

Dovrebbe arrivare venerdì in CdM il disegno di legge della Ministra per le Riforme Maria Elisabetta Alberti Casellati sul “Premierato all’italiana”, la riforma costituzionale che prevede l’elezione diretta del Premier mantenendo però intatti il poteri del Quirinale. Oggi nel vertice di maggioranza decisivo per la bozza finale della Manovra verrà appunto discusso anche il disegno di legge volto a modificare l’assetto elettorale in maniera importante, laddove in passato fallirono (per motivi diversi) tanto Silvio Berlusconi quanto Matteo Renzi.



«Abbiamo sulle nostre spalle una responsabilità storica, consolidare la democrazia dell’alternanza e accompagnare finalmente l’Italia nella Terza Repubblica»: così ha scritto la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni nella lettera inviata alla convention della Dc organizzata da Gianfranco Rotondi questo weekend a Sain Vincent in Valle dAosta. È nel vertice di oggi che i leader e Ministri vedranno la bozza finale del disegno di legge messo a punto da Casellati in questi mesi: partiti con l’ipotesi del Presidenzialismo, poi modificato in Semi-Presidenzialismo, l’approdo a cui tende il Governo Meloni è invece l’elezione diretta del Presidente del Consiglio, un “Premierato soft” come è stato anche ribattezzato in fase decisionale dagli addetti al lavoro sul ddl Casellati. Se da Pd e M5s si grida al “pericolo costituzionale”, l’area ex Terzo Polo si spacca anche sul Premierato all’italiana: Calenda lo boccia sonoramente, Renzi sembrerebbe essere più incline ad accettare sebbene il testo non sia esattamente corrispondente alla sua proposta del “Sindaco d’Italia”.

ELEZIONE DIRETTA DEL PREMIER, RIFORMA IN CDM: “POTERI COLLE INTATTI”, ECCO I 5 ARTICOLI

Secondo le fonti di Governo riportate oggi dal “Corriere della Sera”, la riforma costituzionale per l’elezione diretta del Premier consterà di 5 articoli, sempre che il testo non venga modificato nel vertice di maggioranza con presenti oltre a Meloni e Casellati, anche Ciriani, Fazzolari, Mantovano, Salvini, Tajani e Lupi. La bozza della legge, che ricordiamo dovrebbe entrerebbe in vigore alla fine del secondo settennato di Sergio Mattarella (2029), è pronta a Palazzo Chigi con le limature necessarie avvenute con i tecnici del Quirinale per non modificare (da promessa di Meloni) l’assetto dei poteri in capo al Colle.

Nei 5 articoli “anticipati” dal Corriere si scopre che il ddl Casellati punta a questo tipo di riforma costituzionale: il Presidente della Repubblica «conferisce l’incarico al premier eletto e mantiene il potere di nominare i ministri su indicazione del capo del governo, il quale non può revocarli». Non vi sarebbe sfiducia costruttiva bensì una norma “anti-ribaltone” per garantire continuità alla legislatura e impedire la “moda” dei parlamentari sul “cambio di casacca”. Secondo la riforma Casellati, in caso di dimissioni del Premier o di caduta in Parlamento, non si tornerebbe subito al voto: resta infatti in capo al Quirinale il potere di conferire l’incarico allo stesso premier uscente, oppure a un altro parlamentare, «sempre collegato al predecessore eletto direttamente dal popolo, purché sia votato dalla stessa maggioranza in entrambe le Camere». Questa parte sarebbe stata inserita da Forza Italia ma non convince appieno FdI e la stessa Meloni: si rischia infatti di far venir meno il potere del Premier di “minacciare” il ritorno alle urne, confermando i “pericoli” di Governi tecnici che hanno affollato quest’ultima particolare fase della Seconda Repubblica. Sempre secondo le anticipazioni mostrate da Monica Guerzoni sul “Corriere”, la Carta Costituzionale sarebbe modificata con l’elezione diretta del Premier che rimane in carica per 5 anni: nel testo v’è ance l’indicazione per un sistema elettorale maggioritario con un premio del 55% – assegnato su base nazionale – ed è prevista una sola scheda, con cui votare sia il premier sia le Camere. Dalla Lega vi sarebbe pieno sostegno al progetto di legge, con il Ministro Calderoli che ha collaborato a stretto giro con la collega Casellati per presentare un testo condiviso che possa poi essere viatico all’altra riforma cara al Carroccio, ovvero l’Autonomia differenziata.