Con il Piano nazionale di ripresa e resilienza, l’Italia si impegna ad attuare delle riforme con l’obiettivo di “migliorare l’equità, l’efficienza e la competitività del Paese”, “favorire l’attrazione degli investimenti” e “accrescere la fiducia di cittadini e imprese”. Più nello specifico, come ha scritto il Premier Draghi nella premessa al Pnrr, “il Governo intende attuare quattro importanti riforme di contesto – pubblica amministrazione, giustizia, semplificazione della legislazione e promozione della concorrenza”.
Può riuscirci vista l’eterogeneità della maggioranza? «Per alcune di queste riforme le cose sono più facili, mentre per altre no», risponde Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie.
Quali possono essere quelle più facili da attuare?
Sicuramente lo è la semplificazione della legislazione. Nel nostro Paese c’è troppa burocrazia, che pesa anche sul superbonus del 110% che rappresenta una spinta al Pil, oltre che al risparmio energetico con ricadute positive sull’ambiente. È anche per questo che politicamente si potrebbe trovare una convergenza. L’importante è che dal punto di vista tecnico si riesca a fare una riforma realmente efficace. Ciò sarebbe importante anche per la realizzazione delle grandi opere.
Non teme che su quest’ultimo fronte possa emergere l’opposizione del Movimento 5 Stelle?
No, non credo. Draghi alla Camera ha parlato esplicitamente di alta velocità ferroviaria e non sono emerse proteste o segnali di dissenso da parte dei pentastellati. Mi sembra che le loro ritrosie siano state ormai superate.
C’è qualche altra riforma che ritiene facilmente attuabile?
Quella della Pubblica amministrazione, visto che abbiamo appena parlato dell’eccesso di burocrazia. Politicamente non vedo grossi problemi, anche se all’atto pratico non è semplice trovare la soluzione per far marciare una macchina farraginosa. Personalmente ritengo bisognerebbe devolvere il più possibile servizi ai privati e decentrare. In questo modo, però, emergerebbero dei contrasti tra le forze della maggioranza.
Contrasti che probabilmente ci sarebbero anche qualora si volesse riformare in maniera profonda la giustizia…
Esatto. A tutti appare evidente la necessità di una riforma per far funzionare meglio la giustizia, vista anche la sua lentezza. Il tema è però divisivo e se non ci si fermerà solo alla superficie la maggioranza si troverà in difficoltà.
C’è qualche altra riforma che vede difficilmente attuabile?
Sì, quella fiscale. C’è ancora l’idea dell’imposta progressiva sul reddito. Io la trovo sbagliata, perché ritengo che la redistribuzione si generi mediante i servizi pubblici erogati. Credo inoltre che non si possa continuare ad avere aliquote superiori al 30%: aggiungendo i contributi sociali si arriva infatti ad avere quasi metà stipendio che se ne va in tasse. Bisognerebbe anche cancellare il più possibile le imposte di registro e di bollo sulle pratiche burocratiche. Sappiamo in ogni caso che sul fisco, come abbiamo visto con il decreto sostegni, ci sono visioni diverse nella maggioranza e questa riforma non sarà quindi facile da attuare.
E per quanto riguarda la promozione della concorrenza?
In questo caso dipende da cosa comporta concretamente. Non tutte le iniziative sulla concorrenza che arrivano dall’Europa mi sembrano positive. Per esempio, quella sulle concessioni balneari non lo è. E credo che tra i partiti della maggioranza ci sia chi la pensa come me. Qualche problema politico, quindi, potrebbe esserci.
Dunque, nell’implementare le riforme strutturali contenute nel Pnrr il Governo potrebbe trovarsi in difficoltà.
Mi lasci dire che c’è anche un’altra riforma importante che andrebbe fatta, quella del mercato del lavoro. Bisognerebbe renderlo più flessibile e andrebbero introdotti i contratti decentrati di produttività. Qui le resistenze non sono solo politiche, perché ce ne sono anche tra sindacati e imprese. Detto questo, sulle riforme contenute nel Pnrr effettivamente il Governo potrebbe trovarsi in difficoltà, ma credo che questo potrebbe non essere un grosso problema.
Perché?
Perché in fondo questo Governo deve sostanzialmente traghettare l’Italia fino all’elezione del capo dello Stato. Dopodiché si potrebbe tornare al voto. Credo che sarebbe un bene se fosse Draghi a succedere a Mattarella: in questo modo, infatti, vi sarebbe una continuità nel percorso di riforme, la cui concreta attuazione sarebbe poi affidata a un esecutivo sostenuto da una nuova maggioranza frutto del risultato delle urne.
(Lorenzo Torrisi)
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