I rifugiati ucraini che sono scappati all’inizio della guerra si trovano ora bloccati in una situazione che sembra essere diventata un tira e molla economico tra il loro paese di origine e gli stati che li ospitano. Il quotidiano economico Bnn, edizione canadese di Bloomberg, ha pubblicato un approfondimento sulla questione, intervistando anche alcuni tra i protagonisti, che nel frattempo hanno trovato una soluzione non solo per salvarsi dai pericoli del conflitto ma anche per costruire una nuova vita e ottenere opportunità di lavoro e carriera. Nonostante le richieste di Zelensky, che da tempo continua ad invitare tutti i rifugiati a rimpatriare per aiutare il loro paese economicamente, e trovare anche persone da arruolare per rinnovare l’esercito, la risposta nella maggior parte dei casi è negativa.



Come afferma Lidiia Vasylevska, 51enne trasferita a Praga con le sue due figlie dal 2022 e che ora lavora come assistente per altri rifugiati ucraini: “Ci fanno sentire come cattive persone che hanno abbandonato il loro paese in un momento di difficoltà, ma dovrebbero darci la possibilità di aiutare anche dall’estero“.



Paesi che ospitano profughi ucraini contrari alla legge sul rimpatrio: “Lavoratori hanno contribuito all’economia e al Pil”

I rifugiati ucraini si schierano in maggioranza contro la legge sul rimpatrio chiesta da Zelensky per risollevare economicamente il paese devastato dal conflitto con la Russia, e la contrarietà ad un rientro di massa è arrivata anche dai paesi ospitanti. Come sottolinea Bloomberg infatti, soprattutto nelle nazioni dell’Est Europa come Polonia e Repubblica Ceca grazie agli incentivi messi in campo per il ricollocamento e l’integrazione dei rifugiati, è stata trovata anche una soluzione al problema della carenza di manodopera che alcune industrie avevano iniziato ad accusare. Ora, specialmente in un’ottica di espansione dell’economia in molti settori produttivi, questi lavoratori sono necessari.



Tutto ciò è stato recentemente confermato da un rapporto pubblicato dalla società di revisione contabile Deloitte, che ha stimato il contributo dei nuovi residenti provenienti dall’Ucraina sul Pil della Polonia in percentuale tra lo 0,7% e l’1,1% lo scorso anno. In Repubblica Ceca invece i rifugiati ucraini hanno contribuito ad alzare gli introiti fiscali in un importo stimato che arriva raddoppiare la cifra che il governo aveva stanziato come incentivo per il sostentamento iniziale delle famiglie.