L’ex capo della Mobile di Pescara, Pierfrancesco Muriana, lo scorso dicembre ha inviato una lettera al Comitato vittime di Rigopiano rivolgendo loro le sue più sentite scuse. Il contenuto della missiva è stato reso noto oggi dal quotidiano Repubblica.it: “Voglio innanzitutto chiedere scusa come uomo delle istituzioni per le disgustose ed assurde vicende che voi, familiari delle vittime di Rigopiano, siete da tempo costretti a vivere, in preda ad un comprensibile e crescente sgomento”. Grazie alla sua denuncia quattro carabinieri – tra cui secondo i media locali anche il tenente colonnello Massimiliano Di Pietro – sono stati indagati per il modo in cui hanno gestito le telefonate di allarme alla Prefettura fatte dal cameriere Gabriele D’Angelo, una delle 29 vittime del resort andato distrutto a causa della valanga del 18 gennaio 2017. Nella sua lettera Muriana spiega che l’esposto darebbe nato da un preliminare incontro con il procuratore di Pescara, Massimiliano Serpi, al quale espose i suoi elementi di prova raccolti e dal quale ebbe dritte preziose sul dal farsi.
RIGOPIANO, EX CAPO MOBILE CHIEDE SCUSA A PARENTI DELLE VITTIME
L’ex capo della Mobile, Muriana, nella missiva prosegue ben conscio del fatto che da tre anni le famiglie delle vittime di Rigopiano sono in attesa di giustizia e di verità, eppure “state invece assistendo a quella che, ai vostri occhi e di quelli di tutta la comunità, appare come una lotta invereconda. Una lotta tra pezzi dello Stato che, anziché profondere le loro energie nella ricerca dei veri motivi per i quali, anche in occasione del prossimo Natale, non vi sarà consentito di abbracciare i vostri cari come un tempo usavate, sembrano impegnati a infangarsi a vicenda e a rimpallarsi responsabilità, se non addirittura a nascondere parti di verità”, aggiunge. Lo stesso ha voluto ribadire di essere a favore della verità che tuttavia tarda a giungere “ma che dovrà obbligatoriamente essere tributata alla memoria dei vostri ventinove cari che, solo così, potranno finalmente riposare in pace”. L’ex capo della Mobile ha poi voluto estendere anche a papà Feniello le sue parole, non facendo parte del Comitato Vittime, dal momento che, spiega, “oggi mi addita come persona animata da loschi intenti e in combutta con non meglio precisati personaggi. La sua è la comprensibile rabbia di un padre che ha perso un figlio in circostanze tragiche, al quale qualcuno sta probabilmente propalando una narrazione distorta dei fatti. Se ciò sta avvenendo per un cinico calcolo, quel qualcuno sarà chiamato a risponderne davanti alla giustizia di Dio e a quella degli uomini”.