La prescrizione sulla tragedia di Rigopiano sarebbe stata una «nefandezza», ma la Corte d’Appello dell’Aquila è riuscita a evitarla e ha inasprito la sentenza di primo grado con tre nuove condanne. La nuova sentenza non ha convinto appieno i familiari delle 29 vittime e degli 11 superstiti, pronti a dare ancora battaglia in Cassazione, ma per Aldo Manfredi, il giudice che ha presieduto il Collegio che ha emesso la sentenza d’appello, ritiene che questa, a prescindere dai contenuti che saranno motivati in dettaglio entro il 10 maggio, ha lanciato un messaggio preciso al Paese. «Se la sentenza fosse arrivata già ai primi di marzo, il processo sarebbe arrivato in Cassazione già “cotto”. Il rischio della prescrizione era alto, ma in due mesi siamo riusciti a chiudere il dibattimento, nel rispetto delle garanzie e dei diritti di tutti», ha dichiarato al Messaggero.
Per il presidente della sezione penale della Corte d’Appello dell’Aquila si tratta di un risultato «assolutamente eccezionale nel panorama nazionale», uno schiaffo alla giustizia “lumaca” che per Manfredi era doveroso anche per la particolarità della vicenda: «Questo è un processo che riguarda fatti di estrema rilevanza per quello che è accaduto, per le vittime e anche per gli imputati che si ritengono innocenti».
“IMPORTANTE LA COLLABORAZIONE DEGLI AVVOCATI”
Il giudice Aldo Manfredi ha spiegato di essersi «posto il problema di cercare di evitare questo vulnus che non doveva e non poteva accadere, nel rispetto di tutti». Quindi, sono state preparate regole di ingaggio e organizzative molto serrate per chiudere il processo in due mesi. «Grazie all’ottima organizzazione che ci siamo dati in questi anni, anche quando la gente era al mare, nel mese di agosto, abbiamo messo su il processo, abbiamo fatto partire le notifiche che sono andate tutte a buon fine e infine abbiamo pianificato il dibattimento», ha ricostruito il presidente della sezione penale della Corte d’Appello dell’Aquila.
Quindi, il dibattimento è iniziato il 6 dicembre. «Ho stilato un calendario molto serrato e in due mesi siamo giunti alla conclusione. Con la collaborazione degli avvocati, che hanno assunto un atteggiamento costruttivo e grazie al rispetto della essenzialità degli interventi, che ho sollecitato a tutti insieme alla presentazione di memorie a sostegno delle discussioni», ha concluso il giudice Aldo Manfredi.