È in agenda per oggi il primo incontro tra gli assessori regionali al Turismo con il ministro Massimo Garavaglia. “Un incontro – dice il coordinatore della commissione Turismo della Conferenza delle Regioni, Daniele D’Amario – che servirà per iniziare a studiare una strategia di rilancio condivisa per un settore tra i più colpiti dalla pandemia”. Ma, nonostante le migliori intenzioni, e pur registrando la positiva novità della reintroduzione di un ministero dedicato, non si può non evidenziare uno scoglio enorme sul percorso di nuovo coordinamento tra Stato e Regioni in tema turismo.



L’ostacolo è dato principalmente dalla riforma costituzionale del Titolo V (legge n. 3/2001) che ha definito il turismo materia di competenza esclusiva per le Regioni ordinarie, alla stregua di quanto già previsto per quelle a Statuto speciale. Da quel momento il turismo è rientrato dunque tra le materie “residuali”, cioè quelle sulle quali le Regioni hanno ampio margine di manovra rispetto ai limiti delle leggi statali. Una deregulation di fatto che ha generato sovrapposizioni, assurde competizioni, inconcludenti stalli. Basti pensare alla presenza, nelle fiere internazionali, di molte Regioni italiane in ordine sparso, ognuna per proprio conto. Si racconta anche dei manifesti giganti appesi negli aeroporti dall’altra parte del mondo che reclamizzano “Scopri la Sicilia” (al Newark di New York), senza neanche fornire un mappamondo per far capire di cosa si sta parlando, o della pubblicità della Calabria sugli aeromobili della Livingston Air, che non faceva nemmeno scalo negli aeroporti calabri, e che poi fu avviata al fallimento.



Dunque tutta la buona volontà del neoministro rischia di infrangersi contro l’autodeterminazione degli assessori regionali e dei loro governatori, un confronto che non prevede per Roma la possibilità di imporre alcunché, lasciando ancora campo aperto ai particolarismi dei campanili. Tra l’altro, il ministero dovrà fare i conti anche con la sua dotazione burocratica e amministrativa, che oggi conta su una risicata pattuglia di funzionari (la maggior parte era ed è rimasta in capo ai Beni culturali); con la creazione ex novo di un portafoglio (da stabilire con specifico decreto, che definisca dotazioni, scopi, capitoli di spesa e via dicendo e riveda l’appannaggio per Enit, da troppo tempo sottostimato); con la sudditanza dallo Sviluppo economico per gli investimenti più sostanziosi e strutturali; e, infine, con la frammentata galassia delle rappresentanze di categoria, ognuna ostinata portavoce degli interessi di solo un aspetto della lunga filiera che compone l’intero comparto.



Molte aspettative, insomma, forse troppe, per un dicastero che in origine vide la luce grazie al Governo Segni, nel 1959, e che poi fu soppresso nel 1993, in conseguenza di un referendum promosso dai radicali, con le prerogative depresse e nascoste nell’ambito della Presidenza del Consiglio. Le funzioni specifiche furono poi affidate al Mibac, il ministero per i Beni, attività culturali (e dal 1993 turismo), con una parentesi del primo Governo Conte, quando furono incorporate nel ministero delle Politiche agricole.

“Dobbiamo agire in due fasi – ha annunciato adesso il nuovo ministro Massimo Garavaglia -. La prima è tenere in vita nell’immediato l’azienda turismo. Quindi si agirà con un decreto ristori con normative adeguate, con aiuti in conto capitale, con facilitazioni per le ristrutturazioni, con l’allungamento dei termini per i prestiti erogati, con il sostegno attraverso le politiche per il lavoro per chi è in difficoltà. La seconda fase prevede di operare sulla competitività del comparto”.  “Dobbiamo fare sistema – ha aggiunto Garavaglia -: ho già sentito il presidente della Conferenza delle Regioni Bonaccini e vedrò quello dell’Anci De Caro per quanto riguarda soprattutto le città d’arte. Bisogna migliorare la nostra capacità di promozione, di attrazione”. Nell’agenda del ministro spuntano i corridoi turistici, i passaporti sanitari, la “ripartenza”, perché “dobbiamo fare Pil anche con il turismo, la prima industria del Paese, con oltre quattro milioni di addetti complessivi e ampi margini di crescita”.

Buon lavoro, ministro.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI