C’è un fantasma che si aggira per i palazzi della politica romana, quello del rimpasto di governo. Certo, fa quasi sorridere vedere i 5 Stelle alle prese con il più classico dei riti della prima repubblica, ma l’ipotesi cresce di giorno in giorno, nella speranza di dare un colpo d’ala a un governo con il fiato corto, anzi cortissimo.



Prendiamo il bilancio della domenica che abbiamo alle spalle. Catastrofico, se visto con gli occhi del premier. Liti su liti, fra quelli che dovrebbero essere alleati. Il pasticcio intorno alla fine del distanziamento sociale sui treni, ad esempio, nasconde uno scontro sanguinoso fra la titolare delle Infrastrutture e dei Trasporti, la piddina De Micheli, e quello della Salute, Speranza, unico rappresentante di LeU nel governo. E poi il controllo dell’immigrazione, con i democratici a rilanciare jus soli e jus culturae, e i 5 Stelle bocciare l’ipotesi con Crimi, mentre Di Maio fa la faccia cattiva alla Tunisia, e mette in difficoltà la collega dell’Interno Lamorgese. In Parlamento si è impantanata la discussione sulla legge elettorale: i pentastellati reclamano il rispetto delle intese di maggioranza sul proporzionale, mentre i renziani non ci pensano proprio e sostengono che la proposta non ha i voti per passare.



In questo quadro sconfortante il decreto agosto rischia di essere l’ennesimo provvedimento approvato “salvo intese” (felice battuta della Gelmini). E si avvicina il momento clou della riapertura delle scuole, che ha tutti gli ingredienti per trasformarsi in un caos ingestibile per responsabilità del ministro Azzolina. Ci si aggiungano i guai dell’economia, con 149 tavoli di crisi aziendali aperti al Mise sino a oggi, e oltre il 60 per cento di contratti di lavoro scaduti e 13 milioni di lavoratori in attesa del rinnovo, cosi da mettere sulla graticola i ministri Catalfo e Patuanelli.



Il lungo elenco delle partite aperte per il governo potrebbe continuare. Basti pensare alla necessità di presentare entro metà ottobre il piano delle riforme da finanziare con i fondi europei. Una squadra meno sgangherata di quella capitanata da Conte aiuterebbe. E gli appetiti sono enormi. La ministra più a rischio è la Azzolina, e il Pd non disdegnerebbe di prende l’Istruzione, ma si parla anche della Boschi. Questo comporterebbe però l’uscita di scena di una delle due renziane, Bonetti o Bellanova e in ogni caso sin qui i 5 Stelle hanno difeso l’Azzolina alla morte.

In odore di sostituzione si dice siano anche Catalfo e De Micheli. E in più, seppur ufficialmente smentite, tante sono le voci intorno all’intenzione di Di Maio di prendere il posto della Lamorgese agli Interni (salvo che quest’ultima è coperta dall’ombrello del Quirinale, con il mandato di riscrivere i decreti sicurezza di Salvini, anche se sinora non ci è riuscita). Di Maio, secondo queste voci, vorrebbe in questo modo riaffermare la propria leadership sul Movimento e duellare con Salvini su un terreno, l’immigrazione, che altrimenti sarebbe appannaggio esclusivo del leader leghista.

La lista dei “papabili” è persino più lunga di quella dei “sostituibili”: oltre alla Boschi circolano i nomi di Di Battista e persino di Zingaretti, anche se è poco credibile immaginare che lasci la Regione Lazio senza guida, vista l’incompatibilità. Si aggiunga a tutto questo che in tanti nei corridoi stanno promettendo posti di governo e sottogoverno. Il tempo del rimpasto potrebbe essere intorno alle regionali, o subito prima del 20 settembre, per dimostrare una svolta, oppure – più probabile – nelle settimane immediatamente successive.

Il principale ostacolo all’operazione rilancio potrebbe però essere rappresentato dal Quirinale. Difficile che un rimpasto ampio possa essere digerito con nonchalance dal presidente Mattarella, che pure da tempo auspica un’azione di governo più incisiva. Passi per la sostituzione di uno o due ministri dimissionari. Ma se l’operazione dovesse essere più ampia (fra sostituzioni e spostamenti) non ci vogliono gole profonde al Colle per immaginare che Mattarella pretenderebbe l’apertura di una crisi formale, per quanto “lampo” ce la si possa immaginare. E in Italia si sa, aprire una crisi di governo è sempre rischioso. Si scatenano mille appetiti, si scoperchia il vaso di Pandora. E non è detto che poi si abbia sufficiente forza politica per richiuderlo.