Rina Lattes è morta 2 mesi dopo il marito Nedo Fiano lasciando un vuoto incolmabile nella famiglia e nel figlio Emanuele Fiano, deputato del Partito Democratico: era ricoverata da anni nella casa di riposo ebraica di Milano ma non ha retto al dolore della scomparsa dell’amato marito e dopo neanche 2 mesi dal già triste 19 dicembre (giorno della morte di papà Nedo), Lele Fiano piange anche la madre. «La mamma non c’è più. Ha smesso di soffrire su questa terra», l’annuncio su Facebook del politico dem, già presidente della Comunità Ebraica Milanese.
«Ha lottato con le sue piccole forze contro il Covid per giorni», prosegue il figlio Emanuele rimasto così orfano di entrambi i genitori nel giro di pochissime settimane «Ha resistito, combattente quale era, e poi ha raggiunto il suo amore di una vita, papà. Ora soli, non più figli, ma mariti e padri. Ora soli ad interrogarci per sempre sulla vita, il suo messaggio continuo, la forza dell’attaccamento alla vita che ci avete trasmesso, l’etica di una vita retta che ci avete tramandato, la scelta di dare battaglia sempre».
NEDO E RINA, UN MATRIMONIO DURATO 71 ANNI
Nedo Fiano è stato l’unico sopravvissuto della famiglia al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau e Riry – come era solita essere chiamata Rina Lattes – lo incontrò proprio di ritorno dalla tremenda esperienza nel campo della morte del regime nazista: per tutto il Novecento e l’inizio Duemila il marito Nedo testimoniava instancabile gli orrori della Shoah e la forza della fede e lei era sempre lì con lui, fianco a fianco fin da quando erano giovanissimi senza mai più lasciarci. Come racconta Repubblica nel ricordare la figura della madre di Enzo, Andrea ed Emanuele Fiano, «Rina era fiorentina e durante il fascismo, dopo le leggi razziali, quando cominciarono le persecuzioni e i rastrellamenti, visse nascosta con tutta la famiglia Lattes. Riuscirono a non farsi catturare e dopo la guerra rividero la libertà».
Nel libro appena pubblicato dal figlio “Il profumo di mio padre”, dove si raccontano le memorie della sua famiglia, Emanuele descriveva così quella donna forte e allo stesso tempo dolcissima: «E quante volte ti ho visto battagliera e non capivo da dove ti venisse tutta questa forza di esporti e di posizionarti. pure venivi da una famiglia che certo non si era esposta, era moderata, e invece avevi scelto da grande, da donna adulta, negli ambienti dove ti impegnavi, e anche nella famiglia, di prendere anche posizioni scomode, di parte, schierate. Che papà invece non era così. Ma papà coltivava il flusso della memoria, della sua trasmissione, e del suo insegnamento, e tu lo hai sorretto e accompagnato ognidove».