Qual è la strada per dare futuro ai tanti piccoli borghi che costituiscono un elemento fondamentale del paesaggio culturale e umano italiano? Al Meeting una mostra propone il racconto di dieci casi esemplari da Sud a Nord di borghi capaci di intraprendere percorsi imprevisti che li proiettano in un futuro possibile, affrontando anche la sfida più complessa, quella del declino demografico. Sono storie che rappresentano casi scuola, resi possibili da una spinta dal basso e da alleanze territoriali tra associazionismo, amministrazione pubblica e imprese private.
Come sostenere dinamiche virtuose come queste? È il tema dell’incontro che oggi vedrà a confronto amministratori di alcune regioni italiane. Ad aprire l’incontro sarà uno dei sindaci che è stato alla testa di uno dei casi raccontati nella mostra, Paolo Baldi, primo cittadino di Calascio, piccolo borgo abruzzese. Nel PNRR i borghi hanno avuto un ruolo centrale e un finanziamento complessivo, unico nella storia, pari ad un miliardo di euro. Per potersi candidare i piccoli centri dovevano rispondere ai requisiti della definizione di “borgo” indicata dal ministero dei Beni Culturali: per borghi si intendono i piccoli insediamenti storici che hanno mantenuto la riconoscibilità della loro struttura insediativa storica e la continuità dei tessuti edilizi storici. Non sono i borghi tirati a lucido che piacciono tanto alle borghesie cittadine: sono borghi chiamati a combattere le loro battaglie senza avere dalla loro particolari fattori di attrattività.
Ma al di là dell’opportunità fornita dal PNRR e che riguarda solo alcuni dei centri di cui si racconta nella mostra, quelle che si sono volute documentare sono le storie sorprendenti e a volte inaspettate di piccoli centri capaci di trovare al loro interno capacità progettuali in grado di ribaltare un destino di declino. E naturalmente anche energie per realizzare quei progetti. Che a volte possono essere quasi utopici, come nel caso del riuso della grande fornace di Ghiare di Berceto, piccolo e marginalissimo centro della Val di Taro: grazie ad un progetto dell’Associazione Manifattura Urbana, legata all’Università di Parma, che ha coinvolto in questi anni anche centinaia di studenti, la gigantesca struttura (un ex cementificio), sommersa dei boschi, sarà a breve sede del mercato dei produttori locali, ma anche spazio per workshop e spettacoli teatrali, centro culturale, e biblioteca. Il caso della Val di Taro è uno dei più emblematici, perché ha sviluppato una dinamica win-win tra i centri della bassa valle che ospitano importanti insediamenti industriali e centri dell’alta valle dove sono stati attivati progetti evoluti di formazione che garantiscono capitale umano per le imprese e danno ai giovani una motivazione per restare.
In un contesto diverso, come l’Alta Valle dell’Aniene a sud di Roma, i sindaci si sono messi in rete collegandosi con le imprese per creare opportunità lavorative per i giovani, e permettere loro di realizzare un desiderio tanto diffuso: quello di restare nei loro borghi.
C’è chi ha puntato con intelligenza sulle potenzialità dell’accoglienza: come il caso di Castelpoto, dove le dinamiche raccontate nel film “Un mondo a parte” con Virginia Raffaele e Antonio Albanese simpaticissimi protagonisti, sono realmente accadute: l’accoglienza e la successiva stabilizzazione di famiglie di migranti, all’interno del progetto “Piccoli comuni del welcome”, hanno portato ad un’inversione del trend demografico. Quest’anno nella scuola del piccolo borgo è stata riaperta dopo anni anche la sezione primavera.
“Borghi futuri” è il titolo dato alla mostra: un titolo che vuole sottolineare come queste storie siano incubatori di un futuro possibile interessante per tutti.
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