I venti di guerra che spirano da est potrebbero portare sgradite sorprese al momento di fare la spesa. L’Ucraina è infatti il terzo produttore al mondo di grano. Il pericolo di invasione del Paese da parte della Russia mette quindi a rischio una parte importante dell’approvvigionamento di una materia prima nevralgica per la produzione di alimenti di base per la nostra dieta come pasta, pane e biscotti.
L’allarme è lanciato, a chiare lettere, da Coldiretti che evidenzia come un eventuale conflitto potrebbe danneggiare le infrastrutture e bloccare le spedizioni dai porti del Mar Nero con un crollo delle disponibilità di grano sui mercati mondiali già in grande tensione e conseguenti sensibili effetti sull’inflazione.
I primi segnali della dinamica di rialzo si sono, del resto, già fatti sentire. A gennaio l’indice dei prezzi alimentari della Fao ha fatto registrare livelli record, con i cereali aumentati del 12,5% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. E va detto che questo rincaro segue un rialzo dell’80% delle semole di frumento incassato nel 2021 a causa dell’aumento dei prezzi di energia e gas. Ma potrebbe non essere finita qui. Molti analisti stimano che un’eventuale invasione ai danni di Kiev sconvolgerebbe ulteriormente i mercati con un impatto sull’Europa, come pure su molti Paesi nordafricani, tra cui l’Egitto, che dipendono dalle importazioni di cereali per sfamare la popolazione.
In questo scenario, il nostro Paese non sarebbe certo esente da ripercussioni: l’Italia infatti importa addirittura il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti. E ha uno stretto rapporto commerciale con l’Ucraina da cui – riferisce Coldiretti – nel 2021 ha acquistato oltre 120 milioni di chili di grano. Senza contare i 100 milioni di chili provenienti da Mosca che ha già annunciato di limitare dal 15 febbraio al 30 giugno prossimo le proprie esportazioni di questa materia prima.
La crisi russo-ucraina rappresenta però solo la punta dell’iceberg di un problema più vasto: con la pandemia – nota ancora Coldiretti – si è dato il via a una corsa agli accaparramenti, a una crescita delle speculazioni e a un incremento dell’incertezza generata dagli effetti dei cambiamenti climatici. Una situazione che – continua Coldiretti – sta innescando un nuovo cortocircuito sul settore agricolo nazionale, già alle prese con i guasti della volatilità dei listini in un Paese come l’Italia fortemente deficitario in alcuni settori. Un Paese che – conclude Coldiretti – ha bisogno di un piano di potenziamento produttivo e di stoccaggio per le principali commodity, dal grano al mais fino all’atteso piano proteine nazionale per l’alimentazione degli animali in allevamento, così da recuperare competitività rispetto ai concorrenti stranieri.
Per superare la crisi e guardare al futuro la ricetta guarda, in buona sostanza, al potenziamento della produzione interna. E per fare questo – suggerisce Coldiretti – è necessario procedere alla sottoscrizione di rapporti di filiera virtuosi con accordi che valorizzino i primati del Made in Italy. Obiettivo: recuperare, letteralmente, il terreno perso negli ultimi quattro anni, che hanno visto gli ettari coltivati a grano tenero passare da 543.000 a 500.000, in modo da rafforzare un raccolto fermo a 2,87 milioni di tonnellate.
Un obiettivo che vale per l’Italia così come, allargando la prospettiva, anche per l’intero Vecchio Continente. “Occorre che l’Unione europea difenda la propria indipendenza alimentare come punto di forza – dice il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, dalle colonne de Il Messaggero -. Anche perché l’Ue è in grado di produrre un quantitativo sufficiente a coprire il fabbisogno interno e ad alimentare un importante flusso di vendita fuori dall’Unione”.
Intanto però, è necessario fare presto e intervenire per limitare la possibile fase emergenziale. “Nell’immediato – afferma Ettore Prandini, presidente di Coldiretti – bisogna garantire la sostenibilità finanziaria delle aziende e delle stalle affinché i prezzi riconosciuti ad agricoltori e allevatori non scendano sotto i costi di produzioni in forte aumento per effetto dei rincari delle materie prime anche alla base dell’alimentazione degli animali come il mais”. E in questa ottica il Pnrr può rivelarsi un’arma decisiva. “È fondamentale – dice Prandini – per affrontare le sfide della transizione ecologica e digitale. Noi siamo pronti per rendere l’agricoltura protagonista utilizzando al meglio gli oltre 6 miliardi di euro a disposizione per superare le fragilità presenti, difendere la sovranità alimentare e ridurre la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento in un momento di grandi tensioni internazionali”.
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