Il ritorno del prezzo del gas ai livelli record di marzo in pieno agosto non contribuisce certo a creare un clima positivo per l’economia reale italiana in vista dell’inverno.
Com’è stato testimoniato nei giorni scorsi da media e social network, diversi imprenditori hanno evidenziato l’esplosione dei costi di produzione dovuti alle bollette dei mesi estivi ed è dunque difficile guardare con ottimismo a un periodo in cui i consumi di gas aumenteranno e potrebbe anche esserci scarsità di materia prima. Abbiamo chiesto un commento a Francesco Mutti, Presidente di Centromarca, l’Associazione Italiana dell’Industria di Marca, che sarà ospite domani del Meeting di Rimini.
Presidente Mutti, sembrano inevitabili altri rincari delle materie prime energetiche. Temete ci saranno anche razionamenti?
Nella tempesta perfetta che stiamo attraversando fare previsioni sul costo dell’energia è come cercare di leggere il futuro nelle foglie di tè. Di sicuro sappiamo che in questi mesi, per le imprese e le famiglie, i costi del gas e dell’energia elettrica sono cresciuti a livelli insostenibili: rispettivamente del +1.200% e del +670%. Nemmeno durante lo choc petrolifero degli anni Settanta sono stati toccati livelli del genere. Per quanto riguarda il razionamento del gas, stando alle affermazioni di fine luglio del ministro Cingolani, la situazione è sotto controllo, le scorte stanno crescendo e quindi non dovrebbe essere necessario.
I costi degli input produttivi continuano a crescere? Qual è la situazione nelle imprese?
I costi restano significativamente elevati rispetto ai livelli pre-Covid. L’aumento della volatilità complica la gestione degli approvvigionamenti e del magazzino. L’apprezzamento del dollaro nei confronti dell’euro ha un impatto negativo sul costo delle materie prime importate. I margini sono sotto forte pressione e le aziende sono costrette a rivedere piani operativi e conti economici. In queste condizioni ci presentiamo a un autunno denso di incognite. Sarà difficile non scaricare a valle le dinamiche inflattive, pur essendo consapevoli degli effetti negativi sui consumi, in un contesto di basso potere d’acquisto delle famiglie
In effetti, secondo alcune fonti, le aziende che producono beni di consumo hanno riversato a valle meno di un terzo dei rincari produttivi subiti. Dunque, in autunno i consumatori devono aspettarsi ulteriori rialzi dei prezzi…
Nell’ultimo decennio, in un quadro di bassa inflazione globale, l’industria ha portato sul mercato prodotti grocery di qualità crescente a costi contenuti. Nell’arco di due anni Covid, tensioni nella domanda globale, guerra in Ucraina, climate change e altri fattori hanno determinato un mutamento delle condizioni operative. Nel nuovo contesto le aziende hanno fatto del loro meglio per diluire l’impatto dell’inflazione importata, ma ovviamente non possono pregiudicare la tenuta del conto economico: dovranno scaricare a terra i maggiori costi che hanno sostenuto. Per questo hanno probabilmente visto giusto i ricercatori che ipotizzano un autunno contraddistinto da ulteriori spinte inflazionistiche.
Per questo avevate chiesto una sospensione dell’Iva sui beni di largo consumo e il taglio del cuneo fiscale. Qualcosa su quest’ultimo fronte si è messo in moto, sul primo no. Siete delusi?
Il Governo ha lavorato bene. E siamo convinti che sarebbe stato opportuno concludere la legislatura nei tempi previsti, per dar modo all’esecutivo di completare la sua opera. In ogni caso il presidente Draghi lascia al Paese fatti di cui chiunque, per onestà intellettuale, dovrebbe tenere conto: Pil in crescita al +3,4% (meglio di Germania e Francia, ndr), debito pubblico in calo, più elevata credibilità dell’Italia nel contesto globale, con effetti positivi sulla capacità di trattenere ed attrarre gli investitori. Il tasso di occupazione (60%, ndr) ai massimi dal 1987. E non dimentichiamo il Decreto Aiuti, che ha messo in campo altri 17 miliardi di euro senza gravare sul debito perché la crescita ha determinato nuove entrate. Questi risultati sono frutto di un accurato lavoro di analisi, pianificazione ed esecuzione. Per sostenere la domanda interna nei mesi scorsi abbiamo suggerito un taglio a termine dell’Iva: l’ipotesi era al vaglio del Governo nel momento in cui è caduto. Ovviamente era e resta per noi una priorità.
Avete delle richieste per le forze politiche, in vista delle elezioni del 25 settembre e della formazione del nuovo Governo?
Vorremmo vedere proposte politiche che spieghino, concretamente e seriamente, quale sarà l’Italia da qui al 2027. Imprese e famiglie hanno bisogno di una visione di lungo termine, di stabilità, di certezza delle regole del gioco. Le forze politiche dovrebbero focalizzarsi – in sintonia con il Pnrr – su interventi per l’ammodernamento e la competitività del Paese, da cui dipende la crescita dell’economia, indispensabile per garantire occupazione e benessere. Un banco di prova per chi governerà sarà l’attuazione dei decreti attuativi indispensabili per dare operatività ai provvedimenti legislativi collegati allo stanziamento di 19 miliardi del Pnrr. Se non saranno varati non avremo accesso alle risorse economiche… In sostanza alle forze politiche l’Industria di Marca chiede di porsi obiettivi che vadano oltre la ricerca del consenso elettorale. Abbiamo bisogno di visione politica, unita a lungimiranza. Di buone idee, effettivamente concretizzabili, unite ad attenzione per le generazioni future. E di dialogo costruttivo sui temi strategici per il Paese. Per esempio, sono fondamentali interventi per ridurre la polverizzazione del tessuto produttivo. La frammentazione è un elemento di fragilità nella competizione internazionale. Provvedimenti per la crescita dovrebbero essere parte di un più ampio piano industriale nazionale di lungo termine che favorisca investimenti nei settori strategici e non disperda risorse su comparti che non contribuiscono alla crescita del Paese.
(Lorenzo Torrisi)
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