Entro il 2050 servono 48,3 miliardi per le ristrutturazioni degli impianti rinnovabili: lo rivela lo studio “Net Zero” presentato a Milano per presentare non solo il potenziale, ma anche le sfide della transizione. Il 70% degli impianti che si occupano della produzione di energia green, infatti, risale a prima del 1980, mentre due terzi di impianti eolici e fotovoltaici sono stati realizzati tra il 2007 e il 2014.
La stima del costo riguarda il rinnovamento di 73,8 GW entro il 2050, destinati in particolare a fotovoltaico e idroelettrico. La questione è importante non solo per gli operatori, ma anche per i finanziatori, come evidenziato da Marco Carta, amministratore delegato della società di ricerca Agici, che ha organizzato il workshop in cui sono stati presentanti i risultati dello studio.
Gli investimenti per l’idroelettrico servono a breve termine, invece solare ed eolico potrebbero richiedere un terzo di quella spesa solo nel triennio 2035-2037. Come evidenziato dal Sole 24 Ore, nel settore idroelettrico c’è però un problema di concessioni scadute che è molto sentito dagli operatori, alla luce della decisione dell’Italia di procedere con le riassegnazioni attraverso gara.
RINNOVABILI, LE RICHIESTE DEGLI OPERATORI
Per Giuseppe Argirò, ad della Compagnia Valdostana delle Acque (Cva) lo sblocco delle concessioni smobiliterebbe 10-15 miliardi di euro nel prossimo decennio. Ma bisogna cambiare il quadro normativo, semplificare le procedure per evitare che gli operatori continuino ad essere penalizzati dalla legge italiana, che risulta sfavorevole rispetto ai Paesi del resto d’Europa.
Nicola Monti di Edison ha annunciato che sta per partire la ristrutturazione di 4 impianti eolici per raddoppiare l’energia prodotta, ma anche lui ha rimarcato la necessità di semplificare le procedure, visto che apportano migliorie a livello tecnologico e riguardano siti esistenti.
Sulla stessa lunghezza d’onda Paolo Merli, che invece è l’amministratore delegato di Erg, secondo cui il paradosso è che il quadro normativo dell’Italia ostacola questo rinnovamento perché i procedimenti autorizzativi per le rinnovabili sono lunghi e complicati. Per Merli servirebbero priorità e tariffe migliori, a fronte dei benefici e dei costi per lo smantellamento degli impianti esistenti.
RINNOVABILI, “SERVE RISPOSTA DALLA POLITICA”
Carta, dunque, ha concluso che lo studio presentato evidenzia che da un lato ci sono le imprese pronte a dare il loro contributo, ma d’altra parte la politica deve fornire una risposta concreta. Secondo l’ad di Agici bisogna risolvere il problema delle lungaggini e delle moratorie, senza dimenticare i singoli provvedimenti che contrastano con il Pniec (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima) e rallentano gli investimenti.
Discorso ancor più complesso se si prende in esame l’obiettivo “zero emissioni”, per il quale lo studio evidenzia la necessità di trovare investimenti entro la stessa scadenza (cioè il 2050) da 1010 miliardi di euro entro il 2050. A maggior ragione bisogna snellire i processi burocratici, visto che rappresentano un ostacolo insuperabile per lo sviluppo necessario delle rinnovabili.
Si tratta di una criticità che può essere risolta solo semplificando i processi legati alle autorizzazioni e togliendo gli ostacoli fissati dalle norme, altrimenti la transizione energetica in Italia non potrà avere uno slancio concreto e così pure, quindi, le rinnovabili. Per gli operatori se da un lato la transizione richiede di entrare in meandri inesplorati, in un mondo inedito, d’altra parte serve pure realismo per raggiungere gli obiettivi richiesti dall’Europa.