Un’area idonea per le rinnovabili non può diventare inidonea per volontà regionale: a stabilire questo principio è il Consiglio di Stato con una decisione che favorisce la transizione ecologica. Infatti, l’organo giuridico-amministrativo con un’ordinanza del 14 novembre 2024 ha chiarito che le Regioni non possono produrre norme più restrittive di quanto previsto dal decreto legislativo 199/21, almeno fino a quando non ci sarà una sentenza definitiva sul merito della questione. Tra le ricadute più importanti della sospensiva c’è secondo Nino Apreda, noto imprenditore campano nel settore eolico, “l’aver scongiurato che progetti già pianificati possano essere bloccati in maniera arbitraria dalle Regioni, quindi si garantisce agli investitori la stabilità necessaria per lo sviluppo di nuovi impianti di energia rinnovabile“.
In secondo luogo, questa decisione comporta una “semplificazione del processo delle autorizzazioni e vengono ridotti i tempi per realizzare gli impianti, favorendo il raggiungimento degli obiettivi climatici“. In terzo luogo, il Consiglio di Stato con la sua decisione, ribadendo che l’autonomia regionale deve rispettare i principi nazionali, non rallenta il processo di decarbonizzazione, del resto “la transizione ecologica necessita di azioni coordinate, oltre che di un quadro normativo chiaro e al tempo stesso stabile“.
RINNOVABILI, COSA HA DECISO IL CONSIGLIO DI STATO
Quanto ribadito dal Consiglio di Stato è di fatto una conferma giuridica di un principio di bon senso sostenuto anche da ambientalisti e operatori del settore dell’elettricità: se determinate aree sono state ritenute idonee all’installazione di impianti per produrre energia da fonti rinnovabili, in base alla legislazione in vigore dal 2021, allora non possono essere identificate non idonee dalle Regioni. La vicenda ruota attorno al decreto Aree idonee del governo Meloni, oggetto di diverse critiche perché rischiava di dare alle Regioni ampio margine per rivedere le regole sulle rinnovabili anche in maniera retroattiva.
Diversi operatori energetici hanno presentato ricorso contro il decreto e il Tar del Lazio nell’udienza del 5 febbraio prossimo dovrà decidere in merito, ma intanto il Consiglio di Stato, fino al termine del giudizio di merito, ha sospeso il passaggio del decreto che dà alle Regioni la possibilità di indicare come non idonee aree che invece erano state ritenute tali dal decreto 199 di tre anni fa. A essere sospeso è nello specifico l’articolo 7 comma 2 lettera c) del decreto Aree idonee. Con la sospensione cautelare, il CdS previene gli ostacoli alla transizione ecologica e al tempo stesso garantisce uniformità della normativa nazionale.
ALLEANZA PER IL FOTOVOLTAICO CHIEDE CABINA DI REGIA NAZIONALE
Infatti, i ricorrenti temevano che si sarebbe creata disomogeneità tra le Regioni in virtù di possibili scelte autonome e differenziate, con possibili ritardi nell’attuare dei progetti di sviluppo delle rinnovabili, in particolare dell’eolico, su tutto il territorio nazionale. La sospensione sarà valida fino alla sentenza definitiva, prevista appunto a febbraio 2025, intanto l’Alleanza per il fotovoltaico in Italia ha accolto positivamente la decisione del CdS e suggerito l’istituzione di una cabina di regia nazionale per obbligare le Regioni ad uniformarsi alle direttive nazionali, evitando discrepanze che potrebbero rallentare la transizione ecologica.
Nel comunicato con cui ha commentato l’ordinanza del Consiglio di Stato, l’associazione ha espresso la sua preoccupazione “per l’instabilità normativa che potrebbe protrarsi fino alla decisione finale del Tar e compromettere sia gli investimenti che la competitività delle imprese italiane nel settore delle rinnovabili“. Alla luce di tutto ciò, le associazioni di categoria e i player del settore auspicano un “intervento diretto del governo per guidare le Regioni verso una gestione uniforme e coerente delle aree idonee“. Ma sottolineano anche che “un approccio chiaro e coordinato tra le autorità locali e quelle nazionali favorirebbe lo sviluppo delle energie rinnovabili e attirerebbe più investitori“, favorendo il raggiungimento degli obiettivi concordati in Europa.
APREDA: “SVOLTA VERSO GOVERNANCE PIÙ EFFICACE”
Non mancano le voci critiche alla decisione del Consiglio di Stato, perché la sospensione potrebbe limitare la capacità delle Regioni di adattare le politiche energetiche alle specificità locali, ma l’imprenditore campano Nino Apreda rimarca come con il suo intervento il Cds abbia “chiarito che la tutela dell’autonomia legislativa regionale rimane garantita, ma deve essere esercitata in conformità con la normativa nazionale ed europea“. Inoltre, ha rimarcato la necessità della transizione ecologica di “una visione unitaria e coordinata“, motivo per il quale giudica la sospensiva “un passo importante verso un modello energetico sostenibile e integrato“.
Apreda richiama altresì la necessità di “mantenere l’equilibrio tra autonomia locale e obiettivi nazionali“, perché ciò “sarà cruciale per trasformare l’Italia in un leader europeo nel settore delle energie rinnovabili, garantendo al contempo la tutela dell’ambiente e il rispetto delle comunità locali“. In conclusione, per Apreda questa ordinanza può rappresentare “una svolta verso una governance più efficace e meno frammentata in materia di energie rinnovabili, promuovendo così una crescita sostenibile coerente con gli obiettivi climatici europei“.