Con un post su Facebook, il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, ha annunciato il rinvio nella primavera 2021 della prova scritta dell’esame di accesso alla professione forense previsto nei giorni 15-17 dicembre 2020. E così, con un colpo di spugna, i sacrifici e le ambizioni di migliaia e migliaia di praticanti avvocati vengono messi in un angolo, in attesa di tempi migliori. Non è escluso inoltre il rischio che, in realtà, avvicinandosi la data dell’esame dell’anno prossimo, quello relativo al 2020 venga proprio del tutto cancellato.
Mi sembra una scelta non ben ponderata, anzi azzardata, che non tiene conto dei tanti sforzi e dei tanti sogni di giovani praticanti avvocati, che dopo tanti anni di studi universitari e 18 mesi di pratica forense si avviavano a sostenere la fatidica prova. L’esame che ogni praticante sogna fin dai tempi dell’università, che aspetta da una vita e che paradossalmente si tiene solo una volta all’anno.
Si tratta di un esame criticato da tutti perché poco o per nulla meritocratico. Un esame che andava riformato da almeno un decennio. E quale poteva essere il momento migliore per cambiarlo radicalmente, se non questo dell’emergenza sanitaria da Covid-19? Si potevano utilizzare queste condizioni storiche così particolari per realizzare finalmente importanti cambiamenti che sono richiesti a gran voce dai praticanti avvocati e dal mondo dell’avvocatura da tempo.
In tanti chiedono un esame che sia prima di tutto meritocratico, vale a dire un esame che sia in grado davvero di valutare le conoscenze giuridiche e le competenze lavorative acquisite nei 18 mesi di pratica, un esame che non sia invece solo una questione di fortuna. I giovani praticanti che lo superano hanno il diritto di essere orgogliosi del risultato piuttosto che ringraziare la dea bendata per “il terno al lotto” ricevuto.
La decisione del rinvio da parte del ministro solleva tante domande. Non si poteva far sostenere l’esame orale in via telematica ai candidati a partire dalle date previste dal bando, evitando così di rinviare fino alla prossima primavera gli scritti? Se nella scuola e nelle università è possibile realizzare la didattica a distanza, sostenere esami e sedute di laurea online, perché non procedere anche nel caso dell’esame di Stato di avvocato ad archiviare la prova scritta e far sostenere a tutti i candidati solo l’esame orale?
L’emergenza Covid-19 poteva essere uno stimolo a intraprendere scelte coraggiose che, come dicevo sopra, tutti auspicano da sempre. Quest’anno, mancando il tempo per attuare una riforma completa, si sarebbe potuto procedere a un esame orale per tutti. Intanto, si potrebbe pensare ad un altro tipo di esame di Stato.
Voglio ricordare, in questa sede, l’esame di accesso alla professione di promotore finanziario. Si svolge al computer con domande a risposta multipla tutt’altro che semplici, estratte da un pool di 5mila domande circa. Solo circa il 30-40% supera l’esame in ogni seduta, ma quelli che lo superano sono contenti del risultato acquisito, poiché ha richiesto mesi e mesi di studio, oltre alla pratica. Gli altri non possono che biasimare se stessi per non aver studiato abbastanza.
Quando si rinvia di un altro anno circa l’esame di avvocato, forse si dimentica che non è un concorso che dà accesso ad un lavoro nel settore pubblico, ma è un esame di abilitazione alla professione previsto dalla Costituzione, che completa un percorso di studi e che consente una volta che è stato superato di accedere, appunto, al mondo delle professioni. Scegliere di rinviare significa dire a tanti giovani di smettere di guardare al proprio futuro, di sospendere ciò per cui hanno studiato. E ciò è a dir poco scandaloso!
Così come non si possono privare gli studenti delle scuole superiori del diritto di conseguire l’agognata maturità e gli studenti universitari del diritto di proseguire il loro percorso formativo, analogamente non si dovrebbero privare i praticanti avvocati del diritto di sostenere l’esame di avvocato. Con motivazioni analoghe, per i commercialisti si è deciso di svolgere l’esame solo in modalità orale per via telematica nel 2020.
I giovani hanno bisogno di certezze e di un ministero che si assuma delle responsabilità. Senza mezze misure o rinvii vari. Non è questo che meritano gli aspiranti avvocati italiani. Non è questo clima di incertezza che merita l’Italia. Per questo, è giusto auspicare che il ministro voglia ritornare su questa decisione che sta sollevando tante polemiche e un malcontento generale nel mondo dell’avvocatura.