Il rinvio del voto degli ambasciatori Ue (in calendario ieri) sullo stop alla vendita di nuove auto a carburante dal 2035 è frutto di un asse tra Italia e Germania. Il punto è stato tolto anche dall’agenda del Consiglio europeo di martedì 7, che doveva dare l’approvazione finale.

Lo slittamento è a data da destinarsi: “Il Coreper tornerà sulla questione a tempo debito”, ha reso noto un portavoce della presidenza svedese dell’Unione. Quindi è prevedibile una pausa molto prolungata. Da Roma e Berlino è arrivata anche la richiesta di deroghe a favore delle auto che funzionano con biocarburanti “neutri dal punto di vista del carbonio”.



Non solo. A Germania e Italia, quelle che più si sono mobilitate per evitare la ghigliottina del 2035 sulla propria industria, si sono aggiunte Polonia e Bulgaria. Nell’eventuale voto, Roma e Varsavia sarebbero state contrarie mentre Berlino e Sofia si sarebbero astenute. Il risultato sarebbe stato una bocciatura. Meglio rinviare, e così è stato.



“È una vittoria dell’Italia”, ha esultato Giorgia Meloni, che un mese fa aveva incontrato il cancelliere tedesco Olaf Scholz a Berlino. E il ministro Matteo Salvini è approdato sulla prima pagina del Financial Times come protagonista della svolta, assieme al ministro tedesco Volker Wissing. Il rapporto tra i due si è saldato da tempo ed è stato suggellato il 31 gennaio scorso in un vertice bilaterale al ministero delle Infrastrutture. Le basi erano state poste da Giorgetti quando era ministro dello Sviluppo economico nel Governo Draghi. Gli interessi di Italia e Germania coincidono: l’abbandono delle vetture termiche entro pochi anni significa perdere centinaia di migliaia di posti di lavoro nelle fabbriche e soprattutto nell’indotto, a tutto vantaggio dell’industria cinese. E la stessa preoccupazione è condivisa da altri grandi Paesi manifatturieri come Polonia e Bulgaria. Salvini dunque incassa risultati concreti a vantaggio del sistema produttivo nazionale grazie a un importante impegno diplomatico. Governo al lavoro mentre il Pd di Elly Schlein va in piazza contro il fascismo: un contrasto significativo.



Va sottolineato che il ministro dei Trasporti tedesco Wissing è il segretario del partito liberal democratico, che tradizionalmente è il custode dell’ortodossia dei conti pubblici: il presidente del partito è Christian Lindner, che non a caso è pure il ministro delle Finanze del governo Scholz. Il fatto che nell’esecutivo tedesco abbia prevalso la linea di temporeggiare sulle auto elettriche dà la misura della preoccupazione che regna a Berlino sui livelli occupazionali. E l’eco-oltranzismo dei Grünen è finito in secondo piano davanti alla necessità di garantire lavoro al settore.

Ieri il disaccordo tedesco rispetto alla marcia forzata ideologico-ambientalista che l’olandese Frans Timmermans (socialisti) vorrebbe imporre all’Ue si sarebbe espresso con un’astensione, non con il voto contrario di Italia e Polonia. La ragione è evidente ed è il delicato equilibrio politico da salvaguardare. La Germania è il Paese centrale dell’Unione, e tedesca è la presidente della Commissione: uno strappo non è pensabile. Ma la sostanza è chiara: stavolta il governo tedesco – una coalizione tra socialdemocratici, verdi e liberali – ha superato a destra il Ppe di Ursula von der Leyen, che sembra più in difficoltà nel liberarsi dall’abbraccio dell’ecologismo politicamente corretto dei socialisti.

Ora però è proprio nel Ppe che dovrà aprirsi una riflessione, anche perché le elezioni europee dell’anno prossimo potrebbero sancire l’avanzata dei conservatori e la fine del patto tra popolari e socialisti che ha retto l’Unione negli ultimi anni.

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