«Una risposta inedita e tempestiva alla crisi». Così Thierry Breton, commissario europeo per il Mercato interno e la politica industriale, definisce nell’intervista all’Opinion il maxi piano di aiuti a cui sta lavorando l’Unione europea, a partire dal Recovery Fund. In merito al pacchetto da 500 miliardi di euro proposto da Francia e Germania, «due grandi Stati membri, e non i meno importanti», spiega che così «la Commissione si sta indebitando», ma «ripagherà questo debito nell’arco di trent’anni, beneficiando del suo rating di tripla A». Riguardo alla possibilità che i Paesi “frugali” (Danimarca, Austria, Olanda e Svezia), contrari ad un debito comune, facciano fallire l’iniziativa franco-tedesca, Breton spiega: «La Commissione propone. Il Consiglio europeo, in rappresentanza degli Stati, e il Parlamento europeo, in rappresentanza dei cittadini, ne discuteranno. Questa è la democrazia europea». Breton, inoltre, smentisce «una mutualizzazione dei debiti a livello statale» e che gli aiuti vengano usati per colmare i deficit derivanti da gestioni passate. «Non è neppure questo il caso. Il Parlamento europeo controllerà i programmi». Per Breton i timori emersi dai vari Stati membri «sono infondati, anche se legittimi».



THIERRY BRETON (UE) “ITALIA VA AIUTATA”

L’Unione europea è pronta ad aiutare quei Paesi che sono stati maggiormente colpiti dalla crisi causata dal coronavirus, come quelli dell’Europa meridionale, col Recovery Fund. «Questo è lo spirito dell’Europa. Questa è la solidarietà europea. Non è una novità», dichiara Thierry Breton all’Opinion. Viste le critiche ricevute dalle nazioni del Sud, il commissario europeo per il Mercato interno ricorda che «Spagna, Portogallo, Francia, Italia e Grecia proteggono il nostro confine meridionale e per questo hanno speso dalla creazione dell’euro l’equivalente del 32% del loro Pil aggregato, mentre il contributo comparativo dei Paesi “frugali” è stato inferiore al 20%». A proposito del piano di aiuti, Breton spiega che ai 540 miliardi dell’Eurogruppo si aggiungono i 500 miliardi di sovvenzioni proposte dalla Commissione Ue. Di questi, 433 miliardi sono sussidi diretti, mentre 67 miliardi in garanzie per ricaricare i fondi dedicati. E poi ci sono 250 miliardi di prestiti. Una potenza di fuoco, però, a credito. «Nessun Paese al mondo può affrontare questa crisi senza indebitarsi», spiega Breton, il cui compito è quello di «garantire che ogni Stato membro abbia un accesso equo al debito».



“RIPAGHIAMO RECOVERY FUND CON TASSE ALLE FRONTIERE”

Thierry Breton assicura che ci sarà un controllo rigoroso da parte del Parlamento Ue riguardo l’uso che verrà fatto delle risorse mobilitate, a partire dal Recovery Fund. Ma esclude la possibilità che venga cancellata una parte del debito. «Un debito è un contratto. In linea di principio, tutti i debiti devono essere rimborsati. Vale la pena ricordarlo visto che ci prepariamo a prendere in prestito 2mila miliardi sui mercati». Il commissario europeo per il Mercato interno spiega dunque che il debito raccolto dalla Commissione Ue andrà ripagato. «I 500 miliardi presi in prestito, con una scadenza di trent’anni, saranno quindi rimborsati a scadenza. E beneficeranno di tassi d’interesse molto bassi, che li renderanno perfettamente assorbibili dai futuri bilanci della Commissione entro il 2050. Allo stesso tempo, si dovrà pensare alle risorse necessarie per ripagare il capitale». A tal proposito, ci sono due ipotesi. Una improbabile, cioè quella di far aumentare gradualmente ai 27 Stati membri il bilancio della Commissione in proporzione ai rimborsi. L’alternativa è dotarla di risorse proprie, cioè di permettere all’Ue di incassare tasse pagate da terzi, come la Gafa tax. Ma si valutano anche tasse per quei prodotti fabbricati al di fuori dell’Ue che non sono conformi agli standard ambientali dell’Ue. Ma Breton precisa: «Una cosa è certa: queste tasse sarebbero sulle attività che beneficiano del nostro mercato interno, non sulle persone fisiche. Non si esce da una crisi – per non parlare di una di queste dimensioni – affrettandosi ad aumentare le tasse sulle famiglie».



“NON DOBBIAMO RESTARE INDIETRO A USA, CINA E GIAPPONE”

Ma Thierry Breton chiarisce anche che non si parla di tasse per questo o quello Stato membro, ma di tasse alle frontiere, per coprire le uscite per Recovery Fund e altri aiuti. «Si tratta di fornire alla Commissione europea risorse proprie provenienti essenzialmente da attori globali che vorrebbero beneficiare del nostro mercato interno». Quel mercato interno di cui i Paesi “frugali” sono tra i principali beneficiari. «Tutti devono capire che dobbiamo salvare il nostro tessuto industriale e trasformarlo di nuovo. Se l’Europa non lo fa ora, rimarrà indietro rispetto a Stati Uniti, Cina e Giappone». Per questo, il commissario europeo per il Mercato interno, spiega all’Opinion che «il dibattito tra “frugali” e altri Stati sia stato mal impostato». È pur vero che i soldi non cadono dal cielo, ma bisognerà rinunciare a riscuotere tasse come la Gafa tax e la CO2 tax per integrare il bilancio dell’Unione. In merito ai controlli a cui saranno sottoposti gli Stati membri, Breton conferma che ognuno «dovrà presentare il suo piano di risanamento alla Commissione, che ne convaliderà i principi per dotarlo di sovvenzioni o prestiti».