La prima cosa che viene in mente dopo aver visto la serie tv Ripley è: “Questa è un’opera d’arte”. E non solo perché le città più belle d’Italia (Roma, Napoli, Palermo, Venezia) fanno da scenografia, con gli scorci e le loro opere più importanti, a cominciare da quelle di Caravaggio. E non solo per il bianco e nero, usato stavolta magistralmente dall’ideatore e regista Steven Zaillian (premio Oscar per Schindler’s List). Neanche per la grande interpretazione di Andrew Scott (Sherlock, Fleabag, Estranei) del protagonista Tom Ripley, destinato, a mio avviso, a vincere molti premi nella prossima stagione.
Ripley è un capolavoro soprattutto perché lo spazio temporale, che la serie tv riconsegna alla straordinaria trama tratta dal romanzo di Patricia Highsmith “Il talento di Mr. Ripley”, rende omaggio a una delle invenzioni letterarie più ardite, eccessive, fantasiose: alla scoperta della natura umana, al desiderio di impossessarsi degli altri, dei loro beni e oggetti, certo, ma sopratutto delle loro vite, delle loro identità.
Tom Ripley fa esattamente questo. Il suo talento, affinato, per così dire, in anni di dura gavetta nei bassifondi di New York alla ricerca di piccoli guadagni, è quello di sostituirsi ad altre persone, organizzando truffe postali o al telefono. In questo modo ruba assegni, riscuote crediti di altre persone, falsifica firme per incassare somme di denaro. Siamo agli inizi degli anni ’60, i controlli sono lenti e affidati agli uomini. Poi l’occasione della vita. Rintracciato da un detective privato, viene convocato da un ricco armatore del New Jersey, Mr. Greenleaf, che gli chiede di raggiungere suo figlio in Italia e riportarlo a casa. Il padre è convinto che Tom sia un vecchio amico di scuola di Dickie.
Tom non si fa sfuggire l’occasione, del viaggio gratis in Europa e del lauto compenso. Ma quando finalmente raggiunge Dickie ad Atrani, un piccolo paradiso terrestre incastonato nella costiera amalfitana, capisce le ragioni che lo hanno spinto a scappare dalla famiglia e a rifugiarsi in quel posto tra mare e cielo, in compagnia della bella e dolce Marge. Il suo arrivo però scombina la vita tranquilla dei due giovani americani. Tom prima si intrufola abilmente in casa di Dickie, poi sfrutta la ricchezza dell’amico, infine lo accompagna in giro per l’Italia alla ricerca di opere d’arte.
Quando Tom Ripley capisce che l’amico, istigato da Marge, non solo non ha intenzione di tornare in America ma vuole che se ne vada via, lo uccide durante una gita in barca a Sanremo. Da quel momento, complice la scarsa tecnologia del tempo e le falle della polizia italiana, Tom riesce a sostituirsi a Dickie e far scomparire con facilità le sue tracce. Grazie alle sue abilità di truffatore riesce ad assumere la sua identità, incassare i suoi soldi, vendergli la barca e i quadri. Ciò nonostante deve difendersi dalle indagini della polizia italiana, che si stringono sulla sua persona, ma soprattutto deve dissipare i sospetti di Marge.
Come sappiamo, ci sono due film di una certa importanza tratti dallo stesso romanzo e con protagonisti di primo ordine. Il primo è uscito nel 1960 con Alain Delon e Maurice Robert (Delitto in pieno sole). Il secondo nel 1999 con Matt Damon e Jude Law (Il Talento di Mr. Ripley). Ma la dimensione televisiva di 8 episodi rende giustizia a un testo complesso e profondo.
La serie tv Ripley merita senza indugi la visione, anche perché l’operazione di cogliere l’essenza dell’Italia degli anni ’60 non solo è pienamente riuscita – a parte qualche licenza su alcuni siti che non esistono più, come la stazione ferroviaria di Napoli, o l’utilizzo di palazzi storici napoletani mentre il nostro protagonista è a Palermo – ma è andato oltre, riuscendo a cogliere nel dettaglio aspetti culturali e identitari di ogni singolo luogo. Questo è stato possibile anche grazie alle ottime interpretazioni di diversi attori italiani presenti nel cast di Ripley (del resto come era già accaduto per i film), tra cui vanno citati Margherita Buy, che interpreta la signora Buffi proprietaria di un appartamento romano, e Maurizio Lombardi, che troviamo nei panni del serioso quanto inconcludente ispettore Ravini della questura di Roma.
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